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Quando i cattolici incensavano il Duce
La vera storia del «Littorioso» e il rapporto tra l’Azione Cattolica e Mussolini
Roberto Festorazzi
Il livello di adattamento cui giunsero la Chiesa italiana, e le sue organizzazioni giovanili, nei confronti del fascismo, è un argomento-tabù.
Ma, se si gratta sotto la mano di vernice coprente, emerge che il cattolicesimo italiano, pur inizialmente sospettoso nei confronti del fascismo, non solo approvò la guerra d’Etiopia e non si oppose come avrebbe potuto alle leggi razziali, ma partecipò al culto della personalità del Duce.
La storiografia alimenta una versione di comodo, che descrive l’Azione Cattolica come un serbatoio di incubazione della nuova generazione di antifascisti, dopo la «tregua» che si instaurò, tra la Chiesa e il regime, a seguito dei fatti del 1931. Alla fine di maggio di quell’anno, infatti, il governo, dopo aver lasciato mano libera agli squadristi per violente incursioni contro i circoli di Azione Cattolica, emanò disposizioni per lo scioglimento dell’associazione.
Papa Pio XI promulgò l’enciclica «Non abbiamo bisogno» che provocò, a sua volta, per ritorsione, la revoca della compatibilità tra la tessera di Azione Cattolica e l’iscrizione al Partito fascista.
Il Pontefice protestò contro lo scioglimento dell’associazione e respinse l’accusa, sollevata dal regime del littorio, che questa esorbitasse dalla sfera dell’azione religiosa, ribadendo l’impegno – già sottoscritto con la firma del Concordato – a una rigorosa apoliticità e apartiticità.
Il papa accusò Mussolini di voler «monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa».
Ne sortì un compromesso, in base al quale l’Azione Cattolica venne tollerata.
In cambio di che cosa?
Ciò che è rimasto in ombra è il successivo e generale appiattimento dell’associazionismo cattolico sulle posizioni della dittatura.
Con il risultato che vi furono due versioni di fascismo: quello, per così dire, «di partito», e quello cattolico, che si accontentava di dare un’anima religiosa alle sue battaglie.
Se si leggono le annate del «Vittorioso», il settimanale illustrato dei ragazzi d’oratorio, si osserva una totale identità di vedute, e di scopi, con il regime.
Il «Vittorioso», nato nel 1936, ossia nell’anno della conquista dell’Impero africano, fin dal titolo, magnificava la «vittoria» dell’impresa coloniale.
Lo slittamento verso le posizioni filo-fasciste fu tale, che il fortunato giornalino dei giovanissimi, andrebbe ribattezzato Littorioso.
Il regime finì per considerare i cattolici preziosi alleati, nel porre un argine contro la cinematografia d’importazione, ritenuta immorale, contro i fumetti americani, insomma contro tutto ciò che appariva corruttore della «razza» italiana.
Sui primi 9 numeri del «Vittorioso» del 1937, viene pubblicato un cineromanzo a puntate, intitolato Il raggio verde.
Protagonista del fumetto, è Gigi, un Balilla di 15 anni, figlio di italiani emigrati negli Stati Uniti.
Ecco la trama: l’intrepido Gigi riesce a scovare e a sconfiggere il folle dottor Brown, barbetta nera e naso adunco (plateale allusione alla minaccia ebraica), il quale, con il suo «raggio verde», antesignano delle armi di distruzione di massa, semina il terrore a New York, polverizzando la statua della libertà e il ponte di Brooklyn (non vi ricorda per caso l’11 settembre?).
Il prode quindicenne, prima di stanare il pazzo, dice alla madre: «Sì mamma è proprio così: là nella nostra patria, in Italia, col nostro amato Duce, queste cose non succederebbero!».
Il Balilla scopre dunque, per caso, il covo del dottor Brown, ma, nella colluttazione col mostro, cade fulminato dall’alta tensione che provoca l’incendio del laboratorio. Un finale eroico.
Sul Vittorioso del 6 novembre 1937, così viene presentata la Mostra della Rivoluzione, nel quindicesimo anniversario della Marcia su Roma: «Pacificate le coscienze con la Conciliazione, tranquilli gli spiriti che vivono nella fiducia, tesi verso l’avvenire, i lettori del “sempre + bello” – tutti Balilla ed Avanguardisti e, forse, qualche Figlio della Lupa, o qualche Giovane Fascista! – sentono tutta la gioia di vivere nel clima di una Patria rinnovata, stimata e rispettata che ci offre garanzia di nuove vittorie nel campo dello spirito e di gloriose vittorie nel campo della storia. “Marceremo con passo sicuro e romano”».
Anche L’azione Giovanile, settimanale della Federazione diocesana di Milano dei ragazzi di Azione Cattolica, eleva peana al Duce. Sul numero dell’8 novembre 1936, il periodico riferisce della recente visita di Mussolini nella metropoli lombarda, e titola: «Milano accoglie trionfalmente il fondatore dell’Impero».
In un articolo, in neretto, si legge: «Coi Gruppi rionali, colle maestranze degli stabilimenti, inquadrati nei Fasci Giovanili, nelle legioni avanguardiste, o nelle schiere dei «Balilla», col Guf o colle masse dopolavoristiche la Gioventù di Azione Cattolica ha riaffermato al Condottiero invitto la sua indefettibile volontà di seguirlo sulla strada della vera grandezza della Nazione».
Amen.