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Bibliografia

Thomas Hettche, Il filo del cuore. Romanzo dell’Augsburger Puppenkiste, Il teatro delle marionette di Augusta, Bompiani, Milano, 2023.


Il filo del cuore delle marionette di Augusta

Tra realtà e fantasia, il romanzo di Thomas Hettche – uscito in italiano per Bompiani – accende le emozioni
/ 27/02/2023
Luigi Forte

Mai avrebbe immaginato che dietro quella porticina nel foyer del teatro l’aspettasse un viaggio nel tempo sospeso fra fiaba e realtà. Era corsa via da suo padre, imbronciata e piangente, dopo lo spettacolo al teatro delle marionette di Augusta. Roba per bambini e non per ragazzine come lei. E ora, imitando Alice nel paese delle meraviglie, s’intrufola in un luogo oscuro e freddo, su per una scala a chiocciola fino a un’enorme soffitta dove sono appese tante splendide marionette, come la principessa Li Si e una vecchia cicogna, pappagalli e diavoletti, asini e cavalli. Fra tanti animali si affollano nel tappeto di luce della luna altri bizzarri personaggi che scendono a terra sciolti dai loro fili, come la signora Wutz e il pinguino Ping, il gatto con gli stivali e Fata Piumetta, il piccolo principe, Naso Nasaccio e il brigante Ozziplozzi. Poi di fronte a sé scorge una splendida signora con un tailleur di seta brillante, che stringe fra le dita una sigaretta e fuma. È Hatü, protagonista del romanzo di Thomas Hettche, Il filo del cuore, tradotto da Francesca Gabelli per Bompiani, e storica figura del teatro delle marionette di Augusta in Baviera, creato da suo padre Walter Oehmichen.

Anche stavolta Hettche, nato a Treis nel 1964 ma cresciuto culturalmente a Francoforte fra germanistica e filosofia, coltiva il gusto per il bizzarro e il fantasioso. Come nel romanzo L’isola dei pavoni dove rivisitava la storia prussiana dell’Ottocento da una sorta di giardino dell’Eden, fra Potsdam e Berlino, vista con gli occhi di una nanerottola che si fregiava del titolo di giovane castellana. Ora lo scrittore spalanca le porte dell’immaginazione ricostruendo la storia di un singolare teatro che richiama inevitabilmente, attraverso le tragiche vicende del nazismo e della guerra, il destino di un intero Paese. E anche quello di Hatü che negli anni ha creato con suo padre tutti quei personaggi che si accalcano intorno alla ragazzina un po’ confusa che ha la sensazione di librarsi in alto, leggera come tutti loro e sospesa nell’aria. «Ora che sai volare – le dice Li Si – sei una di noi».

E a lei la signora narra di tempi lontani e delle marionette degli zingari che finirono tutti nei lager, e del teatro bruciato nei bombardamenti del 1944 e tutte le figurine distrutte, Hänsel e Gretel e la fata Zimberimbimba e l’uccellino bianco. Sono le prime immagini di un lungo racconto che fa rivivere con un ritmo assai vivace l’incredibile avventura di quel teatro che dopo la guerra il padre chiamerà Puppenkiste, la cassa delle marionette, da portare in giro per poter recitare ovunque anche fra le macerie. Lui e la moglie, che presterà la voce ad alcuni di quei pupazzi, un tempo recitavano insieme in teatro, poi arrivarono le prime marionette intagliate da Walter con i tre re magi e lo spettacolo per i commilitoni in guerra a Calais, e al ritorno, l’idea di un piccolo palcoscenico con riflettori in miniatura che mostra alle figlie Ulla e Hatü. A loro insegna come manovrarle con il «filo del cuore», quello con cui in realtà quelle misteriose figurine di legno ci guidano: «È il filo che ci fa credere che una marionetta sia viva perché è fissato al cuore degli spettatori». Un legame che Hatü coltiverà per tutta la vita lasciando, a sua volta, questa magica eredità a uno dei suoi figli.

Di fronte a quel piccolo palcoscenico ombre e luci si sono alternate senza posa: bello ricordare lo spettacolo per il compleanno della sorella Ulla con Erich Pabst ospite d’onore e il compositore ebreo Arthut Piechler minacciato dal regime, dove da ultimo la vecchia strega che attira i bambini finisce nel forno. Ma l’immagine ricorda ad Hatü la gentile signora Friedmann con la stella gialla portata via su un camion con tante altre anziane. E pensa per un attimo all’amica Vroni che ha perso i genitori nella notte delle bombe. Che fare? La giovane ricorda le parole dello scrittore Ernst Wiechert dopo la guerra nella sala liberty del Ludwigsbau, dove un tempo si tenevano grandi balli: «Dovete dissotterrare l’amore di sotto alle rovine dell’odio». Una prospettiva tutt’altro che estranea alle fantasie di Oehmichen, che ricostruendo il suo teatro, si era detto: «Più strapperò la gente alla desolazione, più l’aiuterò». E non esitò a mettere in scena, con Hatü, Faust e Il piccolo principe o Il gatto con gli stivali e tante belle fiabe per ricostruire un mondo migliore.

Hettche intreccia mirabilmente, su due piani narrativi, il racconto di Hatü con l’esperienza surreale della ragazzina, sempre più coinvolta in un clima fantasioso dove ora il re degli gnomi, Kalle Wirsch, e Jim Bottone, l’accompagnano alla ricerca del personaggio di Kasperl che cela un doloroso segreto. Quel mondo che affonda nell’oscurità la proietta in una luce fiabesca fra sagome ballerine e il gioco infinito della creatività. Mentre Hatü racconta con gioia gli amori e le entusiasmanti esperienze della propria vita e i successi di quel teatrino che più tardi finì sugli schermi televisivi e cinematografici e si affermò a livello nazionale. Forse anche lei ha vissuto dentro una fiaba, così come l’aveva definita lo scrittore Michael Ende conosciuto a Monaco: «Quando si desidera una cosa e questa si avvera». Poi tutto è ancora lì, in quel suo laboratorio, che rivede con una certa malinconia, dove sono appesi i suoi ultimi personaggi: il re Alfonso Quarto, l’imperatore Pung Ging, Nepomuk il mezzo drago e tanti altri. E ricorda la frase di un amico: «Il passato è presente, il presente è passato». Un po’ anche per quella ragazzina che ora conosce «il filo del cuore» e quasi non può pensare di trovarsi in un posto diverso da quello di Hatü, che la solleva e sospinge fuori verso il suo mondo, mentre lei, eccitata e felice, ha l’impressione che sia quella storia stessa a farla volare.