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Dove e quando
Franco Ghielmetti. La scorza dei giorni. Bioggio, Casa comunale. Orari: lu 16.00-19.00; ma-me-ve 9.45-11.45; gio 11.00-14.00. Fino al 17 marzo 2019. bioggio.ch

Franco Ghielmetti, Item XII, 2018-2019


Rileggere il presente

Franco Ghielmetti alla Casa comunale di Bioggio
/ 04/03/2019
Eliana Bernasconi

Lo spazio che il Comune di Bioggio riserva alle esposizioni nell’ambito della programmazione culturale, pur non essendo una vera e propria galleria e non rientrando strettamente nel sistema organizzato dell’arte, delle migliori gallerie ha impostazione e modalità operativa, che si evidenzia nelle scelte degli artisti. La mostra in corso segna i vent’anni dell’apertura di questo spazio che prevede quattro esposizioni all’anno, di cui una dedicata a un artista non vivente. Dei cataloghi a forte diffusione, con presentazione critica ed elegante progetto grafico accompagnano ogni mostra marcando l’interesse dei percorsi espositivi.

Se la funzione del vero artista è di essere testimone del suo tempo, svelandoci significati nascosti dalle apparenze e cogliendo aspetti di realtà che non conoscevamo, questo è davvero il caso delle ultime opere di Franco Ghielmetti. Egli fa parte di quegli artisti che oggi avvertono l’urgenza di praticare una poetica della sottrazione, nell’eccedenza degli oggetti che la società dei consumi e dei conseguenti rifiuti produce nella parte ricca del mondo, dove sovrabbondanza, omologazione banalizzante, frastornante e incessante produttività possono derubarci del desiderio, del senso della conquista e del mistero. Queste opere mirano alla scoperta di un ritrovato stupore, suggeriscono come forse sia ancora possibile avere coscienza del fluire del tempo.

Ghielmetti è artista, pittore e filmmaker, ha studiato pittura e storia dell’arte a Brera e Scienze audiovisive e filosofia a Parigi, dal 1979 al 1981 ha collaborato alla riprogrammazione del Padiglione d’Arte contemporanea di Milano. Nelle 50 opere in mostra, troviamo quelle bidimensionali, realizzate su elementari supporti di carta ordinaria o stoffa di cotone e quelle raccolte in una ordinata serie di assemblaggi e installazioni tridimensionali, chiamate Item (che significa, nel linguaggio informatico, il singolo dato o un insieme di dati considerato come unità).

Fra le prime colpiscono Lontano dall’equilibrio (2012 e 2018), di grandi dimensioni, e il trittico Signe 1/2/3, 2018-19, su supporto tradizionale di tela. Le opere provengono dalla matrice dell’informale e dell’espressionismo astratto (caratteristiche della matrice sono riscontrabili nei violenti tracciati bianchi su fondo nero di Esausti, 2016) e sono accomunate da un caratteristico segno circolare e ripetitivo, posto al centro di vibranti campiture nere, bianche o blu oltremare. In queste opere la variazione minima della dimensione degli spazi bianchi e di colore non sfugge alla nostra percezione, ma cattura il nostro sguardo, suggerisce come ancora e sempre sia possibile la trasformazione di uno spazio dato, e il passaggio a un altrove.

Ghielmetti è anche appassionato musicista e compositore: forse il suo tipico segno grafico circolare, a inchiostro scuro o di colore giallo e bianco, appartiene a una dimensione musicale tra la traccia grafica e il suono. A questo proposito nel trittico Signe il segno giallo è accostato a un timbro rosso, squillante come la nota acuta di un richiamo. È un’impronta che già abbiamo incontrato in Rouge del 2005, realizzato con cotone, carta, pigmenti e medium acrilico, dove i materiali poveri sono aspetti irrinunciabili dell’espressività dell’opera.

Ma è nella serie degli assemblaggi (Item) di materiali diversi che cogliamo la singolare poetica di queste opere, la loro vicinanza al nostro presente quotidiano, del quale si alimentano e da cui non possono prescindere, ma che a sorpresa dello stesso creano una nuova lettura. L’artista ci ha raccontato di aver raccolto negli ultimi anni oggetti che trovava casualmente per terra (bucce di banane o di arance, foglie, semi, scatolette di latta, sugheri) senza in un primo tempo comprendere la ragione del suo gesto.

Grazie a candidi supporti congiunti tra loro, ricoperti e protetti solo da bianco, nero o dal medium acrilico blu oltremare, (antico colore del sacro) gli oggetti hanno acquistato un senso. La guaina del colore li avvolge e ne rinnova l’esistenza come fosse una amorosa scorza, ricollocandoli così nel circuito del tempo. A questo proposito, nella sua introduzione la scrittrice e poetessa Prisca Agustoni ha parlato di «Reliquie del quotidiano».

Ghielmetti ha trascorso lunghi soggiorni sulle spiagge della Polinesia francese, dove ha appreso il mito secondo cui la creazione dell’universo avrebbe origine da un uovo. Ed è con un candido, comune guscio d’uovo  (chiamato Huero / Ta’aora, dove in polinesiano «Huero» è l’uovo e «Ta’aora» la divinità maschile nata dall’uovo) che in Item II Franco Ghielmetti ci introduce al mistero delle cose.