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L’adolescenza nei film di Eliza Hittman
Ritratto della regista americana molto legata al Film Festival di Locarno
Nicola Mazzi
Dopo aver iniziato questo percorso dedicato alle registe più interessanti del momento con Ursula Meier (Azione nr. 45) vogliamo approfondire una seconda autrice di valore che ha con il Film Festival di Locarno un legame profondo: Eliza Hittman.
Nata a Brooklyn nel 1979, ha iniziato con alcuni cortometraggi a cavallo tra il primo e il secondo decennio del Duemila, ed è poi passata al lungometraggio con It Felt Like Love (2013) a cui sono seguiti Beach Rats (2017) e Mai raramente a volte sempre (Never Rarely Sometimes Always – 2020). Tre opere che hanno già mostrato la bravura di Hittman, tanto che prima il Sundance e poi il Festival di Berlino le hanno attribuito dei premi importanti.
Il legame con Locarno, dicevamo, si concretizza in due occasioni e cioè quando Beach Rats viene inserito nella sezione Cineasti del presente nel 2017, ma soprattutto quando viene scelta come presidente della giuria principale nel 2021. Un esempio, forse tra i più lampanti degli ultimi anni, di quanto il nostro festival sia vicino e intuisca il valore dei nuovi registi. E ora cerchiamo di approfondire il cinema di Eliza Hittman attraverso i suoi film.
L’attenzione della Hittman è focalizzata sugli adolescenti. Sono loro i protagonisti dei tre film, mentre gli adulti fanno da contorno e se non sono assenti fisicamente lo sono affettivamente. Quindi i temi sono quelli tipici dei ragazzi: il rapporto con il proprio corpo, con il sesso e la scoperta del mondo (anche la sua durezza) fuori dai confini familiari. Il tono tipico del cinema di Eliza Hittman è invece particolare e originale in quanto non segue i tipici sbalzi d’umore dei giovani. Non ci sono urla, né scenate, né slanci amorosi: non è presente il melodramma nel senso classico del termine. I suoi film hanno un tono malinconico, dove anche il colore (il grigio e il blu) e la meteo (piove sovente) sono parte integrante della narrazione. E questo malgrado storie dure: nell’ultimo Never Rarely Sometimes Always seguiamo Autumn (una giovane diciassettenne) che dal suo paese della Pennsylvania – all’insaputa di tutti e accompagnata solo dalla cugina – decide di andare ad abortire a New York. In Beach Rats è Frankie il protagonista, un adolescente che vaga senza meta nella periferia di Brooklyn alla ricerca di una sua identità sessuale e di un suo posto nel mondo. Infine (e torniamo al primo film), con It Felt Like Love, siamo immersi nel mondo di Lila, un’introversa quattordicenne, che esplora la sua sessualità con un ragazzo più grande, durante una calda estate nella spiaggia di Rockaway, nel Queens.
Lo stile con il quale Eliza Hittman gira i suoi film è simil-documentaristico. Come detto non c’è spazio per l’esaltazione di un sentimento, ci si concentra invece sui fatti. E la camera segue i ragazzi come se fosse un giornalista che raccoglie le testimonianze e poi le trascrive. Se nell’ultimo film siamo di fronte alla cronaca di una difficile decisione durante il viaggio nella metropoli, nel primo, la macchina da presa è attaccata alla ragazza (quasi fossimo in un film di Ken Loach o dei fratelli Dardenne), mentre cerca di emulare le gesta sessuali dell’amica più disinibita. E infine, in Beach Rats, il vagare del ragazzo tra uomini e donne è seguito senza pregiudizi né moralismi.
Nessuna condanna, solo fatti raccontati attraverso i corpi in mutamento (spesso nudi ma sempre filmati con rispetto e senza morbosità) e gli sguardi dei protagonisti verso punti indefiniti e lontani, a simboleggiare l’angoscia di una generazione che vive un presente senza solidi punti di riferimento e guarda al futuro impaurita.