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Dove e quando

Marco Santilli Rossi, Teatro Sociale di Bellinzona, 29 ottobre, ore 20.45. Per informazioni e biglietti: info@teatrosociale.ch, tel. 091 8202444.


«Uscirà l’arrangiatore che è in me»

Intervista al musicista ticinese che il 29 ottobre presenterà il suo nuovo lavoro al Teatro Sociale di Bellinzona
/ 24/10/2022
Alessandro Zanoli

Dopo aver recensito su queste pagine, in varie occasioni, alcuni album di Marco Santilli nei panni del compositore e dell’esecutore in ambito jazzistico, arriva ora l’occasione di parlare della sua esperienza «cantautoriale». Da qualche anno infatti il musicista ticinese ha dato spazio a una sorta di suo «alter ego». Sulla piattaforma MX3 sono pubblicati vari esempi di questa sua produzione, singoli che spaziano tra il 2016 e il 2021 che assieme ad altri brani inediti, confluiscono ora nell’album Fiori d’ombra, che sarà presentato ufficialmente in Ticino al Teatro Sociale di Bellinzona il prossimo 29 ottobre. L’evento ci dà l’occasione di chiacchierare con lui di questa parte della sua carriera.

Marco, scoprirti come cantante è una sorpresa. Sembra di avere a che fare con qualcosa del tipo Dr. Jeckyll e Mr. Hyde…
Sì, me l’hanno già detto. Del resto proprio per marcare questa differenza, le mie canzoni le firmo come Marco Santilli Rossi, aggiungendo il cognome di mia madre; non volevo ricorrere a uno pseudonimo, poiché troppo impersonale. Ma di fatto per me sono solo aspetti diversi della mia stessa attività, un modo di cogliere opportunità che possono aprire nuove prospettive. Ho sempre avuto interesse per la forma canzone, canto da tempo e suono la chitarra fin da quando ero adolescente, strumento col quale accompagno esclusivamente i miei brani. Mi definisco piuttosto un «musicista che canta», però mi piace l’idea di sperimentare anche queste forme espressive. Ho la fortuna di poter collaborare con un produttore di grande esperienza internazionale, Urs Wiesendanger, che dà ai miei brani un respiro veramente moderno, corposo.

Sì, è vero, direi che gli arrangiamenti sono quasi da musica progressive, tanta è la ricchezza dei timbri, delle atmosfere.
Ti ringrazio per l’osservazione, in effetti alcuni mi dicono che non sono semplici «canzoni» ma piuttosto composizioni articolate con una ricerca particolare sia nella costruzione dei testi, sia nella scelta delle sonorità. E il produttore contribuisce con la sua esperienza alla ricchezza dell’atmosfera. Ci sono pure alcuni accorgimenti compositivi con cui cerco un po’ di ovviare alla poca duttilità della lingua italiana cantata. Sembra un paradosso, vero? Eppure la lingua italiana ha delle chiare difficoltà ad accordarsi con certa musica a livello ritmico: ci sono per esempio troppe poche parole tronche e quindi occorrono degli aggiustamenti nella scrittura non indifferenti. Devo dire che per quello che mi riguarda faccio affidamento e prendo ispirazione molto di più dal songwriting inglese: è la lingua che si adatta meglio proprio per la sua concisione all’espressione musicale.

Questo significa che nel tuo caso le musiche funzionano pure come sole melodie?
Sì, direi proprio di sì. Ci sono motivi che mi girano in testa e che poi solo in un secondo momento si rivestono di parole. Direi che i miei brani sono prima musicali al 90 per cento. Sarà per questo che le melodie funzionano pure strumentali.

E i testi come nascono? Sento riflessioni talvolta «distaccate», simili al «Lied»…
Devi considerare che nella mia attività da musicista indipendente trascorro molto tempo da solo, per studiare e comporre. Mi capita di essere in giro a lungo per prove e concerti, per non parlare poi del periodo di lockdown. Ho quindi per forza di cose «l’occasione» di pensare molto e mi capita di soffermarmi su argomenti particolari, su discorsi e temi che mi saltano in testa. A volte possono nascere spunti da cose che mi fanno arrabbiare, oppure letture che mi colpiscono, come Das Parfum di Süskind o un testo di Shakespeare. Ci sono poi anche discorsi un po’ (auto)ironici. I miei testi nascono così, non parlano di politica, ma piuttosto di umanità, raramente d’amore, preferisco raccontare delle storie… magari una riflessione sul tempo passato, sul nostro attuale tempo tecnologico. Ci sono brani biografici, una canzone che parla della bellezza della natura, un sentimento però che viene rovinato dalla mancanza della donna amata. Parlo anche dei giochi estivi durante l’adolescenza (All’ombra dei vigneti). C’è insomma anche una riflessione etica sul rapporto tra l’uomo e la natura. Per quel che riguarda la scrittura dei testi, mi piace giocare con i suoni, con le parole, cercare delle consonanze. Sono cose che rendono complesso anche il cantarli, devi allenarti, ci sono inserimenti di battute tranello.

E come descriveresti il nuovo album in uscita?
È un ulteriore tassello della mia attività musicale. Come compositore porto avanti parallelamente progetti dalla fisionomia diversa: come clarinettista suono propri brani in solo, in duo, quartetto, col mio nonetto e compongo per grandi formazioni oppure cameristiche… Sono tutte cose che gestisco contemporaneamente, diverse ma vissute consapevolmente. Alcuni di questi elementi della mia attività «strumentale» tornano anche nelle canzoni: i brani possono sforare nell’armonia jazz (come in Se tu non ci sei). Non mi pongo limiti stilistici, all’interno di questo album pop ci sono anche pezzi con un’ispirazione apparentemente sacra, come Ave Maria. L’album è disponibile dal 14 ottobre, scaricabile dalle piattaforme online.

Per il concerto dal vivo rifarai gli arrangiamenti presenti sui dischi o i brani saranno riarrangiati? Potremo ascoltare Dr. Santilli che esegue Mr. Rossi?
La sfida è quella di proporre fedelmente dal vivo gli arrangiamenti e le atmosfere dei brani dell’album seppure con una strumentazione meno ampia; tuttavia allargando talvolta le strutture con assoli improvvisati, aggiungendo delle variazioni collettive o ripetendo delle sezioni solo brevemente accennate negli originali. Ogni tanto collego due brani che si «richiamano» in qualche modo, ad esempio attraverso un interludio pianistico. In generale sarà una versione un po’ meno elettronica rispetto alle registrazioni, non rinunciando però ai suoni elettrici di chitarre e tastiere.

Durante il lockdown era sorta l’esigenza di trovare validi musicisti a chilometro zero (in zona Zurigo) e che ci fosse armonia tra i singoli. Solo così riesco a lavorare e ad esprimermi. Per questo sul palco sarò accompagnato dalla chitarra di Monika Hagmann, da piano e tastiere di Simone Menozzi e dalla batteria di Urs Bringolf. Saremo un quartetto più una special guest, Zora Slokar, primo corno solista dell’OSI. Per l’occasione mi sono sbizzarrito ad arrangiare delle parti per questo versatile strumento. Direi che in questa occasione uscirà l’arrangiatore che c’è in me: e io per primo sono curioso di ascoltarne il risultato.