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L’uomo e l’artista che tutto dava e tutto pretendeva
A cinquant’anni dalla morte una serie di mostre e di appuntamenti internazionali celebrano Pablo Picasso
Alessia Brughera
L’8 aprile del 1973 Pablo Picasso moriva a Mougins, all’età di 91 anni, stroncato da un edema polmonare acuto. Si spegneva colui che aveva rivoluzionato l’arte del Novecento e che aveva dipinto l’opera di denuncia più famosa della storia.
Carismatico, impegnato politicamente, generoso, ironico, ma anche testardo, dispotico ed egocentrico, Picasso è stata una figura tanto determinante quanto contraddittoria. Spigoloso il più delle volte, riusciva però a risultare amabile e di una simpatia dirompente tante altre, come quando, con un sorriso beffardo incapace di nascondere la piena consapevolezza del proprio talento e del proprio successo, chiedeva agli altri se sapessero come mai a casa sua non erano appesi suoi dipinti, rispondendo poi che il motivo era che non poteva permetterseli.
La sua lunga e intensa vita, durante la quale ha condiviso gli orrori e le speranze di un secolo complicato senza mai nascondere le proprie idee estetiche e politiche, è una fonte inesauribile di aneddoti. Forse non tutti sanno, ad esempio, che nell’agosto del 1911, quando la Gioconda di Leonardo scomparve improvvisamente dal Louvre, l’artista andaluso e il suo amico scrittore Apollinaire furono arrestati perché sospettati del furto del quadro. Molto più conosciuto, invece, è l’episodio che narra di quando, nella Parigi occupata dai nazisti, un ufficiale della Gestapo entrò nell’atelier del pittore, vide una cartolina raffigurante Guernica e, domandando a Picasso se avesse fatto lui quell’orrore, ricevette per risposta un «No, questa è opera vostra».
Artista tra i più prolifici al mondo (si parla di oltre centoventimila lavori tra dipinti, disegni, schizzi e ceramiche), Picasso è sempre stato all’altezza di sé stesso, riuscendo a mantenere un elevatissimo standard qualitativo. Imprevedibile nell’animo quanto nell’arte, non si è mai accontentato di approdare a uno stile specifico, mostrando di essere costantemente alla ricerca di nuove sfide.
La sua produzione sterminata è anche una delle più varie del Novecento: se tutti i suoi dipinti presentano grande equilibrio compositivo, solide volumetrie e potenza espressiva, quanto sono però diversi tra loro i lavori del periodo blu e del periodo rosa da quelli della stagione cubista o da quelli della fase classicista? Tele ora malinconiche popolate da suonatori di strada e da acrobati, ora costruite attorno a quell’intuizione senza precedenti che frammenta le forme per produrre una moltitudine di punti di vista, ora evocative della pittura dei grandi maestri del Rinascimento.
A cinquant’anni dalla sua scomparsa, Picasso è al centro di un’iniziativa congiunta sostenuta ufficialmente dai governi della Spagna e della Francia, le due nazioni che da sempre si contendono la sua eredità, la prima in qualità di Paese natale del pittore, la seconda come meta prediletta dei suoi viaggi nonché luogo di soggiorno durante lunghe parentesi della sua vita. L’omaggio è di quelli davvero grandiosi: un programma espositivo internazionale che coinvolge una cinquantina di istituzioni tra Europa e Stati Uniti.
Tra le numerose mostre progettate per l’importante anniversario citiamo in questa sede la rassegna dal titolo Picasso. L’artista e la modella – Gli ultimi lavori, ospitata alla Fondazione Beyeler di Basilea fino all’1 maggio, e quella che il Museo Picasso di Malaga, città natale del maestro, dedica alla produzione scultorea, con particolare attenzione alla rappresentazione del corpo umano (9 maggio – 10 settembre). Oltreoceano segnaliamo la promettente esposizione sui primi anni parigini dell’artista organizzata al Guggenheim di New York (12 maggio – 7 agosto) e costruita attorno al celeberrimo dipinto Moulin de la Galette. Nella capitale francese, invece, che tanto fu d’ispirazione al pittore, ricordiamo la mostra autunnale del Centre Pompidou, la più grande retrospettiva sull’opera grafica picassiana.
Gli eventi espositivi delle celebrazioni trattano la figura di Picasso-artista a trecentosessanta gradi, raccontando le diverse tappe della sua densa carriera, la sua influenza sui colleghi, la sua padronanza dei diversi mezzi espressivi restituendo il ritratto di un individuo dalla creatività smisurata.
A essere approfondita, però, è anche la figura di Picasso-uomo. E questo ha creato qualche problema alla fulgida immagine che di lui avevamo sinora. Certo il suo carattere rude è sempre stato di dominio pubblico. Ma se fino a poco tempo fa gli eccessi del maestro erano visti come una sorta di inevitabile conseguenza del suo straordinario talento, oggi che quei comportamenti vengono vagliati da occhi più critici, la sua aura pare incrinarsi non poco. A partire dal complicato rapporto con le tante donne della sua esistenza.
A pungolare una rivisitazione più consapevole di Picasso è stata l’artista statunitense Michelle Hartney, che nel 2018, in una delle sue azioni di guerrilla art, ha attaccato una didascalia accanto all’opera The Dreamer, esposta al Metropolitan di New York, in cui criticava aspramente il pittore, portando a fondamento del suo gesto non solo la relazione che Picasso, già quarantenne, ebbe con una ragazzina di soli diciassette anni, ma anche la frase che spesso gli si sentiva ripetere: «Ogni volta che lascio una donna, dovrei bruciarla. Distruggendo la donna, distruggo il passato che rappresenta». Proprio queste tematiche saranno al centro di una mostra in programma dal 2 giugno al 24 settembre al Brooklyn Museum di New York intitolata Picasso e il femminismo, allo scopo di affrontare alcune questioni che il pubblico più giovane e diversificato sta sollevando con urgenza.
Nel bene e nel male Picasso tutto dava e tutto pretendeva, sia nell’arte sia nell’amore. E per lui l’arte e l’amore erano irrimediabilmente mescolati: l’ineguagliabile creatività del pittore simbolo del Novecento è andata sempre di pari passo con il viaggo tormentato nell’universo femminile. Le donne per Picasso erano una vera e propria fissazione. Le sposava e le tradiva, le manipolava e le lasciava, le adorava e le disprezzava, stregandole e travolgendole con la sua personalità soverchiante.
Pare che non ci sia stato essere femminile che sia uscito indenne da una relazione con l’artista: la modella Fernande Olivier venne abbandonata all’improvviso; la nuova amante Marcelle Humbert ebbe con lui una storia breve e disperata; la ballerina russa Olga Khokhlova fu tradita, poco dopo il matrimonio, con Marie-Thérèse Walter, una minorenne incontrata da Picasso mentre passeggiava per i boulevard parigini: l’una morì pazza, l’altra si suicidò impiccandosi; la colta Dora Maar ebbe con l’artista un rapporto burrascoso durante il quale lui la costrinse ad abbandonare la fotografia e dal quale lei riuscì a liberarsi sottoponendosi a cure psicoanalitiche ed elettroshock; Françoise Gilot (nella foto con lo sguardo attento rivolto a Picasso, 1952), avvenente ventiduenne che frequentò Picasso quando lui di anni ne aveva sessantatré, dopo avergli detto che lo avrebbe lasciato a causa dei suoi continui tradimenti, per tutta risposta ricevette una sigaretta spenta sulla guancia; Jacqueline Roque, giovane divorziata incontrata in Costa Azzurra, andò a vivere con il pittore nello splendido Castello di Vallarius per poi suicidarsi anni dopo con un colpo di pistola.
L’unica donna con cui l’artista ebbe sempre un comportamento ineccepibile fu la madre. Il legame di Picasso con lei fu al limite dell’ossessione tanto che fin da giovanissimo il pittore decise di firmare le sue opere con il cognome materno.
Come per molti altri grandi personaggi ci troviamo di fronte all’eterno, forse insolubile, quesito se si possa e si debba separare l’artista dalla sua arte. Quel che è certo è che mezzo secolo dopo la sua morte il grande genio spagnolo incomincia a fare i conti con i propri lati oscuri.