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Gabriela Spector, Danza di coppia, 2018

Aldo Ferrario, «Gruppo», 1997, bronzo

Dove e quando
Dialoghi di scultura 2. Aldo Ferrario – Gabriela Spector – Gianmarco Torriani. A cura di Luigi Cavadini. Gipsoteca Gianluigi Giudici, Lugano. Fino all’11 maggio 2019. Orari: da me a sa dalle 14.00-18.00. www.fondazionegiudici.com


Sculture a colloquio

Le opere di tre artisti ticinesi dialogano negli spazi della Gipsoteca Giudici di Lugano
/ 29/04/2019
Alessia Brughera

«Lo scultore ha come scopo fondamentale e nativo il perseguimento della forma, la quale vaga nella sua mente, ma sfugge talvolta alla sua mano attenta che cerca di afferrarla. Questo è il continuo tormento dello scultore, che, sollecitato dalla realtà oggettiva, si pone di fronte a essa con gesto provocatorio e di sfida»: è con tali parole che Gianluigi Giudici definiva l’essenza del suo lavoro di artista. Nato nel 1927 in un piccolo paese in provincia di Como poco distante dal confine elvetico, Giudici è stato, nei suoi oltre cinquant’anni di attività, un instancabile esploratore della forma e dello spazio, capace di maturare un profondo senso della plasticità attraverso cui penetrare il reale per restituirne una visione dalla grande energia espressiva.

Il cammino artistico di Giudici si è evoluto per tappe: gli esordi dedicati alla lavorazione a cesello, quando era poco più che adolescente, lo hanno introdotto prima alla pratica dello sbalzo su rame, poi al basso e all’altorilievo, e infine, quale sbocco naturale, lo hanno accompagnato verso la scultura a tutto tondo. In questo percorso portato avanti con dedizione l’artista comasco ha sviluppato un linguaggio personale che ha toccato la figurazione così come l’astrazione, in una proficua contaminazione tra le due da cui sono scaturite soluzioni originali affinate nel tempo.

Ecco allora da una parte i suoi corpi umani, semplificati e ridotti all’essenziale ma sempre saldi e ben eretti, a esprimere il dissidio tra lo stento del fisico e la resistenza dell’animo, dall’altra i suoi «organismi» composti dalla fusione armoniosa di forme primarie che generano strutture dal sapore arcaico, a simboleggiare un nuovo approccio all’interpretazione della realtà. E poi c’è l’arte sacra, capitolo importante della carriera di Giudici e ambito in cui, sebbene legato alle esigenze della committenza, egli ha saputo coniugare suggestioni antiche e intuizioni moderne.

Allo scopo di conservare e far conoscere l’articolata produzione dell’artista, che tanto ha lavorato in Svizzera e soprattutto in Canton Ticino, è stata aperta a Lugano una gipsoteca a lui dedicata. Nell’itinerario espositivo di questo spazio trova posto una raccolta di pezzi, sessanta circa, costituita principalmente dalle opere in gesso dalle quali hanno preso poi vita gli esiti in bronzo.

Vocazione del neonato museo, però, è anche quella di organizzare rassegne di autori ticinesi contemporanei che con Giudici spartiscono l’affidarsi alla tridimensionalità e a una vibrante manipolazione della materia per dare corpo al proprio pensiero. Gli artisti invitati a partecipare al secondo appuntamento del ciclo di mostre intitolato Dialoghi di scultura sono Aldo Ferrario, Gabriela Spector e Gianmarco Torriani, chiamati anche a selezionare un lavoro da porre in stretta relazione con uno dei gessi di Giudici per favorire un colloquio diretto che possa far emergere i punti di contatto delle rispettive ricerche.

Nelle opere di Aldo Ferrario, artista di Carona con alle spalle importanti esperienze a Zurigo e a Parigi, affiora il mai sopito interesse per l’uomo: i suoi lavori in bronzo dalla forte componente narrativa sono piccoli allestimenti di gruppo, quasi dei teatrini, in cui lo scultore mette in scena brani dell’esistenza per rivelare la dimensione intima dell’individuo. Anche nel legno, che grazie alla sua conformazione perpendicolare asseconda bene l’effigie del corpo umano, l’uomo diviene protagonista assoluto. Emblematica è quella Figuretta lignea del 2018 che Ferrario ha collocato in mostra accanto al San Francesco di Giudici, con cui condivide spinta ascensionale e vigore espressivo.

La scultura come racconto è prerogativa anche della produzione di Gabriela Spector, artista argentina di nascita e ticinese dalla metà degli anni Novanta. Delicate ed evocative, le sue opere indagano il sentimento umano svelando in particolare, con una grazia tutta femminile, le difficoltà del legame tra uomo e donna. I suoi lavori presentati a Lugano sono stati realizzati in occasione della rassegna dopo aver sondato l’universo creativo di Giudici: ne sono nate sculture cariche di vissuto e di memoria in cui la lavorazione della materia, come accadeva per l’artista comasco, viene lasciata in evidenza, a suggellare attraverso le tracce depositate dalla mano l’unione tra autore e opera.

È l’uomo in relazione alla madre terra a coinvolgere invece la ricerca di Gianmarco Torriani, artista eclettico e amante della sperimentazione che si è confrontato con diversi materiali e tecniche. Dopo gli studi a Brera, Torriani è stato attivo per molti anni a New York e a Basilea, entrando in contatto con il fervido clima artistico delle due città. Le opere esposte in mostra sono significative delle tematiche sviluppate dallo scultore ticinese con il suo linguaggio metaforico, lavori incentrati sul rapporto sempre più conflittuale dell’individuo con la natura che lo circonda, tra prevaricazioni e tentativi di difesa. Terra compagna tradita, scultura in bronzo del 2008, esemplifica bene questo concetto: alcune teste umane sono intente a divorare il globo terrestre mentre paiono sprofondarci dentro, dando luogo a un’inquietante visione che sprona a riflettere sulla condizione dell’uomo e sul suo ruolo nel mondo, proprio come ha sempre fatto Giudici nel suo lungo viaggio nell’arte plastica.