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L’altra metà del cielo cinese

Il documentarista locarnese Patrik Soergel racconta il suo documentario dedicato alle imprenditrici cinesi – dopo Soletta e Zurigo, sarà possibile vederlo anche in Ticino
/ 13/03/2017
Nicola Falcinella

Presentato in anteprima al Festival di Zurigo e a quello di Soletta, sarà proiettato mercoledì 15 marzo al Festival Sguardi altrove di Milano dentro un focus dedicato alle donne cinesi per poi arrivare al Cinema Lux di Massagno a fine mese. È il documentario The Other Half of the Sky del locarnese Patrik Soergel, ritratto inedito delle donne cinesi imprenditrici, seguendone quattro tra le più influenti: Yang Lan, regina dei talk show, Zhang Lan, magnate della ristorazione, Dong Mingzhu, dirigente di una grande azienda di elettrodomestici e Gill Zhou, leader dell’informatica.

Patrik Soergel, come nasce l’idea?
Nasce da una forte curiosità verso la Cina, che mi ha sempre affascinato per la sua ricca storia e cultura. Mi interessa la trasformazione che ha vissuto dalla Rivoluzione culturale a oggi. Cercavo una chiave di lettura e, quando ho scoperto donne manager molto potenti e influenti che avevano vissuto in prima linea i cambiamenti degli ultimi decenni, ho capito che sarebbero state le protagoniste.

Come mai le imprenditrici?
Le imprenditrici rappresentano bene la nuova Cina, globalizzata e moderna e nel contempo radicata nel contesto storico e sociale. È un Paese di contrasti: dal comunismo al capitalismo, dalla povertà alla ricchezza, da una vita modesta e priva di sbocchi a una vita con tante opportunità. Il mio è un piccolo sguardo su un Paese complesso.

Come ha scelto le protagoniste?
Secondo due criteri: aver vissuto la Rivoluzione culturale e l’apertura economica ed essere molto affermate nel loro campo. Le ho trovate grazie ad articoli di giornale, diversi viaggi e incontri preliminari e alla mediazione dell’associazione delle donne imprenditrici cinesi. Non è stato facile, ne ho conosciute oltre 20, senza filmarle, alcune hanno rifiutato, infine ho scelto le quattro che potete vedere.

Noi occidentali abbiamo la sensazione che i cinesi siano restii a raccontarsi.
Inizialmente appaiono chiusi e riservati, ma, se si crea fiducia, si aprono. Hanno accettato di partecipare e raccontarsi: volevano farlo e ci hanno aperto il loro mondo. Mi spiace non aver potuto approfondire la sfera famigliare. Le donne sono tutte madri e nel documentario ne parlano, ma purtroppo non è stato possibile filmarle con i figli.

Ha avuto altre difficoltà?
La principale è la lingua, perché non parlo il cinese ed era necessario un buon interprete sia in fase di riprese sia di montaggio. Ho deciso che le protagoniste dovessero esprimersi nella loro lingua madre e non in inglese, e lavorare con una lingua che non conosco è stato faticoso. Ho avuto poco tempo a disposizione con loro, in tutto solo tre, quattro giorni pianificati nei dettagli con ciascuna. Ho filmato nel corso di cinque viaggi su un periodo di oltre un anno.

Che idea si è fatto degli imprenditori cinesi?
Tengono a dimostrare che sono innovatori. La Cina è conosciuta per il made in China: spesso colleghiamo i suoi prodotti al basso prezzo e alla cattiva qualità. Ora è forte l’ambizione del «creato in Cina», vogliono che il prodotto cinese sia riconosciuto come originale, innovativo e di qualità. Mi hanno colpito anche la perseveranza, il senso di lealtà all’azienda e la totale dedizione al lavoro: Dong Minghzu non ha preso un giorno di vacanza in vent’anni.

Qual è il ruolo della donna nella società cinese?
Mao Zedong le definiva «l’altra metà del cielo» e da qui viene il titolo del film. Il comunismo ha favorito una certa parità dei sessi in Cina: tranne in politica, le donne svolgono quasi tutti i lavori. Nella finanza e nell’economia, molte donne hanno un incredibile successo, rafforzando l’immagine della donna cinese forte e intraprendente. I cinesi sono molto competitivi: affermarsi è difficile tra un miliardo e mezzo di persone, ma è possibile. Restano le questioni aperte: conciliare famiglia e lavoro, le ferite del passato maoista, gestire l’attuale momento di consumismo e benessere materiale.

Abbiamo anche la sensazione che la Cina ci stia «conquistando».
Non credo ci sia un disegno preciso di conquistare l’Occidente. Sicuramente la Cina esercita una forte influenza probabilmente destinata a crescere, magari prenderà il ruolo di superpotenza. La Cina ha già vissuto il suo momento d’oro di crescita economica e non può crescere in eterno, dovrà ridimensionarsi. L’Europa è per la Cina più un partner che terreno di conquista.

Quali sono i suoi prossimi progetti? Si cimenterà con la finzione o si dedicherà esclusivamente al documentario?
Non escludo di cimentarmi con la finzione in futuro, ma ora mi concentro sulla documentaristica, lavorando per la rubrica della Rsi, Storie. Il prossimo progetto riguarda i videogiocatori professionisti.