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Tassa minima sulle multinazionali: legge pronta

Fiscalità - Il principio è acquisito, ma il gettito ancora incerto. Molte sono le proposte di ripartizione delle maggiori entrate. Si andrà al voto popolare nel giugno 2023
/ 18/07/2022
Ignazio Bonoli

Lo scorso giugno, il Consiglio federale ha inviato alle Camere il testo definitivo del progetto di applicazione della tassazione minima del 15% degli utili delle società, concordata nell’ambito dell’OCSE. In realtà, le discussioni nell’ambito dell’organizzazione internazionale non sono ancora terminate, ma l’accordo per l’applicazione del principio è acquisito. Esso concerne le multinazionali con una cifra annua d’affari di almeno 750 milioni di euro, che devono pagare almeno il 15% d’imposta sugli utili realizzati in tutti i paesi in cui operano.

In realtà, le società non sono tutte costrette a pagare questo tasso d’imposta, ma nel caso in cui uno Stato concedesse un tasso d’imposta inferiore, altri Stati nei quali la multinazionale è attiva, potrebbero chiedere la differenza. Lo scopo è quello di ostacolare un’eccessiva concorrenza nell’attirare attività economiche sul proprio suolo tramite lo strumento fiscale. Con questo sistema il vantaggio fiscale verrebbe eliminato, per cui tutti gli Stati sarebbero sollecitati ad applicare, a queste condizioni, il tasso minimo d’imposta del 15%.

Ne avevamo accennato più volte su queste pagine («Azione» del 26.4.21), sottolineando che in Svizzera l’applicazione del principio avrebbe incontrato parecchie difficoltà, a causa delle sovranità fiscali dei Cantoni. Il ministro delle finanze federali Ueli Maurer aveva però garantito fin dall’inizio che la Svizzera si sarebbe adeguata, per cui il messaggio attuale propone a tutti i Cantoni di rivedere i loro sistemi di tassazione delle multinazionali («Azione» del 14.6.21).

Attualmente 18 Cantoni e Semi-cantoni su 26 applicano un tasso d’imposta inferiore al 15%. Per esempio, nel Canton Zurigo, attualmente con un tasso d’imposta tra il 17 e il 20% a seconda dei comuni, parecchie aziende sarebbero interessate dal provvedimento, ma godrebbero di una leggera diminuzione dell’imposta sugli utili aziendali. In Ticino, il tasso d’imposizione sugli utili è già vicino al 15%, per cui non ci dovrebbero essere grandi differenze con la nuova tassazione. I Cantoni che hanno finora applicato tassi di favore dovranno aumentare le imposte.

Il Consiglio federale vorrebbe introdurre il nuovo sistema mediante un’imposta speciale che si applichi soltanto alle aziende maggiori, cioè quelle che sono considerate nelle direttive dell’OCSE. Si tratterebbe di circa 200 imprese con sede principale in Svizzera e di circa 2000 gruppi internazionali, con sede all’estero e con attività anche in Svizzera. Tutte le altre aziende non sarebbero soggette a queste nuove regole fiscali. Allo stato attuale delle cose, il Consiglio federale valuta un gettito delle nuove imposte tra 1 e 2,5 miliardi di franchi all’anno.

Si tratta di un’approssimazione, poiché le regole fiscali dell’OCSE sono diverse da quelle svizzere, già per la definizione dell’utile imponibile. Non è ancora chiaro se la definizione usata dall’OCSE allargherà o ridurrà la base fiscale e, a seconda dell’azienda e dell’anno considerato, si potrebbero verificare importanti differenze. Le nuove regole potrebbero anche provocare un diverso comportamento delle aziende nei confronti del fisco.

Dal momento che in Svizzera le imposte sono definite nella Costituzione federale, sarà necessaria una votazione popolare. La stessa dovrebbe aver luogo nel giugno 2023 e le nuove regole potrebbero entrare in vigore nel 2024. Il principio non è messo in discussione, ma restano aperte almeno due questioni: come si potranno dividere le maggiori entrate tra Confederazione e Cantoni e come si potrebbero utilizzare?

Durante la consultazione si è visto che a sinistra si vorrebbe privilegiare la Confederazione, a destra i Cantoni. Effettivamente il Consiglio federale, all’inizio, avrebbe voluto lasciare tutto il gettito ai Cantoni. Ma, dopo la consultazione, il Consiglio federale propone il 25% alla Confederazione e il resto ai Cantoni. È, per finire, la proposta che potrebbe incontrare anche il consenso del Parlamento.

Resta aperta la questione a sapere quale destinazione potrebbero avere le maggiori entrate per la Confederazione. Le proposte sono fioccate numerose, ma la cifra valutata non è sicura: si potrebbe muovere fra 250 e 650 milioni di franchi. Una parte verrebbe già usata per aumentare la parte della Confederazione nella compensazione finanziaria intercantonale. Il resto verrebbe destinato a finanziamenti vincolati per migliorare l’attrattività economica, questo perché la nuova imposta peggiorerebbe la posizione della Svizzera nella concorrenza fiscale internazionale. Il governo vorrebbe anche stimolare l’istruzione e la ricerca, tra l’altro anche con il previsto fondo nazionale per l’innovazione, a favore di giovani imprese. Per finire, si potrebbe finanziare anche la digitalizzazione dell’amministrazione federale, riducendo così il crescente onere amministrativo delle aziende. Su tutto plana però il dubbio che, vincolando a scopi precisi le maggiori entrate, si riduca lo spazio di manovra delle autorità federali. Senza contare poi che, una volta vincolata una spesa nella legge o nella Costituzione, sarà molto difficile toglierla.