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Bibliografia

Gabriele Spalluto, Hic Sunt Leones, Lugano, Artphilein Edition, 2024.


I valichi attraverso l’obiettivo di Spalluto

Pubblicazioni: un progetto fotografico che esplora i confini, i paesaggi e l’identità del territorio elvetico in un’edizione limitata
/ 03/02/2025
Gian Franco Ragno

Da più di una decina d’anni la Fondazione Artphilein di Gianfranco e Caterina de Pietri, oltre a promuovere ed esporre l’arte contemporanea della propria collezione, incoraggia e sostiene progetti editoriali di giovani fotografi della regione. Recentemente è stato il caso di Aline d’Auria, Tonatiuh Ambrosetti, Giuseppe Chietera e Fabio Tasca, senza dimenticare anche altre iniziative riguardanti artisti più maturi e affermati come Adriana Beretta e Marco D’Anna.

Quest’ultima produzione nell’autunno del 2024 riguarda il primo libro di Gabriele Spalluto (1995), giovane fotografo del Mendrisiotto, il quale ha studiato e lavorato a Zurigo: oggi insegnante, oltre che fotografo, è attivo altresì come artista, curatore e videomaker.

Il libro è il frutto di un impegnativo progetto, quello di testimoniare attraverso un preciso stile documentario – ovvero senza enfasi retoriche, interventi successivi e riprese secondo rigidi protocolli formali – i valichi stradali in Svizzera. Si è trattato quindi di riprendere ben centosettantacinque siti, dando vita a un volume di trecentocinquanta pagine: un’impresa condotta nell’arco di un anno, dal marzo 2022 al marzo 2023, confluita appunto in un corposo libro disegnato da Unfolded Zurigo e supervisionato da Giulia Brivio.

Eseguite anche grazie al permesso dell’Ufficio federale delle Dogane, trattandosi di punti sensibili, le riprese hanno come prima e immediata impressione il fatto di essere fatte, programmaticamente, nei momenti di minor traffico. La predizione per i momenti meno frequentati è data dalla volontà di far ritrovare nello scatto di questi complessi architettonici una sorta di originaria purezza, e far sì anche che la lettura formale sia il più agevole possibile. In questo modo, si leggono con meno disturbo le varie stratificazioni storiche del sito (ad esempio un edificio ottocentesco con il tipico bugnato, oppure un edificio più moderno nonché spesse volte le pensiline dal carattere più contemporaneo e modernista).

Nel loro insieme, da un lato, queste immagini danno l’impressione di una marcata eterogeneità, mentre dall’altro appaiano tutte sottilmente accomunate da alcuni elementi ricorrenti quali la bandiera svizzera, le sbarre bianco-rosse e la segnaletica. Il piacere nello sfogliare il volume risiede proprio nel fatto che ogni immagine è autonoma ma al contempo parte di un tutto, di un processo.

Come detto, vi sono valichi più strutturati e dal grande impatto geometrico, in cui le moderne pensiline sembrano entrare perentorie nel campo visivo – su tutte l’immagine carica di tensione del valico di Chiasso Strada a Brogeda. Per altri, si tratta quasi di ritratti bucolici, ovvero una semplice indicazione tra i campi in aperta campagna (Beggingen, nel Canton Sciaffusa). Altre dogane che si appoggiano, sottolineandoli, a dei confini naturali – uno sperone, un canale o un fiume – che spesse volte definiscono il confine sia geografico sia politico (Gondo, Arzo, Ponte Tresa).

Il titolo del libro prende in prestito la famosa locuzione latina, Hic sunt leones (Ecco i leoni). Essa veniva inserita a margine delle mappe antiche per indicare le regioni sconosciute e pericolose. Un motto che oggi suona ironico.

Chi vive in questi distretti, come l’autore che è cresciuto nel Mendrisiotto, sa molto bene quanto sia frequente lo scambio tra le due regioni confinanti. E a parte le persone, ciò che attraversa molto più velocemente le frontiere sono oggi le merci, provenienti da ogni angolo del mondo; tutto appare interconnesso, il mondo sembra un unico negozio. L’autore, nel breve testo che accompagna il progetto, si chiede «cosa sono i confini?». Sicuramente, sul piano metaforico, rappresentano la porta verso ciò che c’è di diverso, estraneo e straniero rispetto alla nostra identità, ma al tempo stesso, oggi più che mai, rappresentano quella sfida che consiste nell’oltrepassarli, per crescere, e per farlo bisogna necessariamente mettersi in una situazione di confronto.

Su un piano più generale riguardante la fotografia svizzera contemporanea sono stati molti gli autori negli scorsi decenni che si sono interrogati sull’identità svizzera: penso ad esempio a un gruppo di autori riuniti in una grande esposizione Adieu la Suisse del 2012-13 (Nicolas Faure, Yann Goss, Jean-Luc Cramatte – oltre a Andri Pol, non presente in quella occasione). A questo gruppo aggiungerei anche il luganese Igor Ponti (1981), che nel 2014 pubblicò un libro intitolato appunto Looking for Identity, intorno agli stessi temi, per l’importante editore tedesco Hatje Cantz.

Gabriele Spalluto, in un certo senso, oggi, chiude il cerchio, collegando i singoli punti che definiscono i confini all’interno dei quali i suoi colleghi hanno svolto la loro ricerca. Ultima nota a conclusione, per i sempre più numerosi collezionisti di libri fotografici, riguarda l’edizione, ovvero di sole 250 copie.