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Tra i successi e le ombre di Viola Amherd
Dopo trent’anni di politica la consigliera federale annuncia le dimissioni, lasciando un’eredità complessa al Dipartimento federale della difesa. Si fanno i nomi dei possibili successori e si specula sull’effetto domino in Governo
Luca Beti
«È il momento di lasciare il posto a forze fresche». È così che la consigliera federale Viola Amherd (nella foto a lato) ha comunicato mercoledì scorso le sue dimissioni dal Governo alla fine di marzo di quest’anno. Una comunicazione attesa che ha colto però di sorpresa molti osservatori per vari motivi. Prima di tutto per la tempistica: di regola, le dimissioni vengono annunciate quando le due Camere sono riunite per la sessione. La ministra della difesa ha invece atteso la fine dell’anno presidenziale e ha comunicato la sua partenza all’inizio di questo ancora giovane 2025, una settimana dopo che Gerhard Pfister aveva informato sulla sua intenzione di lasciare in giugno la presidenza dell’Alleanza del Centro. E infine, perché l’annuncio della sua uscita di scena è arrivato a soli quattro giorni dalla richiesta di farsi da parte dell’Unione democratica di centro. C’è chi sostiene che il comunicato dell’UDC, pubblicato sabato scorso al termine del consueto incontro annuale dei suoi vertici a Horn, nel Canton Turgovia, sia stato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tuttavia, come ricordato da Amherd durante la conferenza stampa: «Il momento dell’annuncio delle proprie dimissioni, è l’unica decisione che una consigliera o un consigliere federale prende autonomamente».
Tra le ragioni che potrebbero aver contribuito alla sua decisione di dimettersi, oltre a un 2024 in cui si sono susseguite le notizie negative sul Dipartimento federale della difesa (DDPS), c’è forse anche un rapporto difficile, se non conflittuale, con quella che viene considerata la donna forte del Governo svizzero: Karin Keller-Sutter. La ministra delle finanze, con Albert Rösti, sembra abbia assunto il controllo delle dinamiche all’interno del Consiglio federale, mettendo un po’ all’angolo l’esponente dell’Alleanza del Centro, spesso in minoranza insieme ai due rappresentanti del Partito socialista. Ma queste sono probabilmente solo dietrologie dei giornalisti.
Con le dimissioni di Viola Amherd il Governo perde uno dei membri più popolari dell’Esecutivo federale, anche per la sua vicinanza alla gente comune e il suo modo genuino di essere. Solo di recente la sua pagella è stata macchiata da voti non del tutto brillanti. La sessantaduenne politica vallesana, originaria del comune di Brig-Glis, è stata la prima donna a guidare il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). Nel 2018 ne aveva assunto la guida da Guy Parmelin, quarto esponente consecutivo dell’UDC alla testa del DDPS dopo Adolf Ogi, Samuel Schmid e Ueli Maurer. Dopo sei anni, Viola Amherd decide di passare il testimone del dipartimento, considerato spesso per principianti, nonostante sia un colosso della macchina amministrativa federale con i suoi 12’000 dipendenti. «Dopo trent’anni di attività politica, e un quarto di secolo in funzioni esecutive, è tempo di lasciare spazio a forze fresche», ha ribadito la ministra della difesa. Una partenza che avviene nel mezzo della più grave crisi geopolitica in Europa dalla Seconda guerra mondiale. «Non posso aspettare che la situazione mondiale migliori e presentarmi con un deambulatore per anziani», ha scherzato la ministra, dopo aver ritrovato il suo caratteristico stile diretto e ironico.
La consigliera federale lascia in eredità vari cantieri aperti e uno strascico di polemiche. Un presunto buco nelle finanze dell’esercito ha fatto scorrere fiumi di inchiostro per settimane all’inizio del 2024, evidenziando significativi problemi di comunicazione interna ed esterna. Inoltre Amherd non ha sempre avuto una mano felice nella gestione delle nomine dei vertici del suo dipartimento, ad esempio nella scelta di Jean-Daniel Ruch a capo della nuova Segreteria della politica di sicurezza, incarico che non ha però mai assunto. Infine, secondo un documento interno intitolato Beurteilung der Top-Projekte VBS, vari progetti chiave del DDPS presentano gravi ritardi o superano i costi preventivati. Tra quelli più complessi vi è la Nuova piattaforma di digitalizzazione (NDP), un’infrastruttura cruciale per l’esercito. Difficoltà emergono anche nella sostituzione del sistema di sorveglianza aerea Florako con il più moderno Sky View e nella messa in funzione di droni di sorveglianza israeliani.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Amherd ha promosso un avvicinamento alla Nato e all’Ue, sforzi che l’hanno trasformata in un drappo rosso per l’UDC. Le tensioni tra la ministra della difesa e il partito di Marcel Dettling sono culminate il 10 gennaio con la richiesta di dimissioni immediate. Per Urs Altermatt, professore emerito di Storia contemporanea presso l’Università di Friburgo e curatore del volume I consiglieri federali svizzeri, la richiesta è «insolita» e i toni sono «eccessivi» per un partito di Governo. Dalle colonne della «Neue Zürcher Zeitung», Altermatt ha sostenuto che si sta assistendo a una «trumpizzazione del linguaggio nel panorama politico svizzero» per ottenere maggiore visibilità sui media.
Quell’«Abreten, Frau Amherd!» è ingiusto. Se è vero che la sua pagella non è impeccabile, anche perché molti degli attuali problemi del DDPS sono un’eredità lasciatale dai suoi predecessori UDC, è importante riconoscere i vari successi ottenuti dalla ministra della difesa. Due anni dopo la sua entrata in carica, nel settembre 2020, è riuscita a convincere la popolazione della necessità di rinnovare la flotta di aerei da combattimento della Svizzera con l’acquisto degli F-35, un obiettivo in cui Ueli Maurer aveva invece fallito. Inoltre ha ottenuto dal Parlamento maggiori finanziamenti per migliorare la capacità di difesa dell’esercito. Alla luce di un rapporto allarmante sulla violenza sessualizzata e di genere nell’esercito, ha promosso un cambiamento culturale, evidenziando la necessità di adottare un approccio di tolleranza zero nei confronti di qualsiasi forma di discriminazione. Infine ha sostenuto attivamente la parità di genere, sia nel contesto militare sia nello sport di élite femminile. Subito dopo le sue dimissioni, il carosello delle candidate e dei candidati alla successione si è messo a girare velocemente a Palazzo federale. Giovedì mattina, al momento della stesura dell’articolo, i politici e le politiche più gettonati/e sono Gerhard Pfister, Martin Candinas, Philipp Matthias Bregy, Benedikt Würth, Christophe Darbellay, Priska Wismer-Felder ed Elisabeth Schneider-Schneiter.
Tra i giornalisti si mormora che le dimissioni di Viola Amherd potrebbero innescare un effetto domino in Consiglio federale. Alcuni osservatori sostengono che la ministra federale vallesana potrebbe essere seguita presto dal ticinese Ignazio Cassis, permettendo così al Partito liberale radicale, in costante perdita di consensi, di difendere il secondo seggio in Governo. Si specula inoltre che anche Guy Parmelin stia riflettendo seriamente se non sia giunto il momento di tornare ad occuparsi dei suoi vigneti a Bursins, nel Canton Vaud. Nei prossimi mesi si vedrà se e quale consigliere federale seguirà Viola Amherd e se avrà tempo a sufficienza, come la ministra dello sport, di godersi in santa pace le partite degli Europei femminili di calcio che si terranno quest’estate in Svizzera.