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In Svizzera mancano medici, tecnici e scienziati

Sono sempre di più gli stranieri nelle professioni con un elevato grado di specializzazione, come invertire la tendenza?
/ 02/12/2024
Ignazio Bonoli

Il problema della necessità di personale straniero in Svizzera si trasferisce, in misura sempre più importante, verso professioni che richiedono un elevato grado di specializzazione. Prendiamo il caso dei medici. Se ne sono occupate di recente anche le Camere federali, accettando una mozione del deputato vallesano del Centro, Benjamin Roduit, la quale chiede che vengano formati più medici in Svizzera. Oggi, infatti, già il 40% dei 40’000 medici attivi nel Paese è straniero o ha ottenuto il diploma all’estero. Si tratta della percentuale più alta in Europa e anche nell’ambito dell’Ocse, con l’eccezione di Israele. Eppure, da quasi 30 anni la Svizzera continua a mantenere il «numero chiuso» per le facoltà di medicina, accompagnato anche da una selezione spinta per i test attitudinali. Di conseguenza aumentano le previsioni sulla mancanza di medici nei prossimi anni. Negli ultimi 10 anni hanno concluso gli studi in Svizzera circa 10’000 medici, mentre quasi 30’000 medici esteri hanno ottenuto il permesso di esercitare la professione nella Confederazione.

Di fronte a queste cifre il Parlamento – contro la volontà del Consiglio federale – ha quindi deciso di abolire il «numero chiuso» nelle facoltà di medicina. Misura insufficiente per raggiungere lo scopo del provvedimento introdotto nel 1998, che era quello di frenare l’aumento costante dei costi della sanità. Ma per tentare di risolvere il problema, aumentando il numero di medici formati in Svizzera, saranno necessari forti investimenti. Un percorso di studi completo di medicina costa allo Stato, in media, oltre 600’000 franchi, per cui saranno necessari circa 300 milioni di franchi all’anno solo per aumentare di 500 il numero di medici elvetici, formati in un periodo di tempo che raggiunge i 12 anni, tra formazione di base e specializzazione.

Quello dei medici è forse il problema più eclatante, ma parecchi altri settori lamentano gli stessi sintomi. Une recente indagine dell’Ufficio di consulenza economica di Basilea (BSS Volkswirtschaftliche Beratung) dice che, tra i nuovi tecnici (con formazione accademica in fisica e chimica), i due terzi del totale del personale assunto proviene dall’estero. Anche tra i matematici e gli statistici il numero di lavoratori svizzeri è insufficiente: il 59% dei nuovi assunti viene dall’estero. Fenomeno analogo anche per i biologi con il 57% di stranieri. Nel settore della programmazione elettronica e degli ingegneri: negli ultimi tre anni sono stati assunti rispettivamente 28’000 e 12’000 stranieri, per un totale di oltre 200’000 persone. Si tratta di dati statistici che si innestano nel dibattito in corso sulla presenza di stranieri nella Confederazione. Essi dimostrano che in molte attività economiche, anche a livello accademico elevato, la Svizzera non può fare a meno di personale straniero. Personale che si concentra soprattutto – a parte il settore medico-sanitario – in importanti rami industriali, che necessitano di specialisti in campi come la matematica, l’informatica, le scienze naturali e la tecnica. Settori che sono di importanza determinante nella concorrenza internazionale cui è sottoposta l’economia svizzera d’esportazione.

Le statistiche citate da BSS Volkswirtschaftliche Beratung si interessano anche della componente femminile sul totale dei posti di lavoro. In alcuni di questi settori le donne sono sempre state poche. Le cose però cambiano, a cominciare dal tipo di lavoro da eseguire, dall’importanza della ricerca e sviluppo di sistemi e prodotti. Vi è stato un sensibile aumento delle donne negli studi accademici interessati. È però doveroso constatare che, se nel numero totale di studenti universitari le donne sono in maggioranza, nei settori tecnici citati rappresentano ancora solo il 22%. Numero basso nel confronto internazionale. Un’altra tendenza, rilevata invece dal Politecnico federale di Zurigo, è quella che vede un numero importante di accademici dirigersi verso impieghi allettanti nell’amministrazione pubblica, nell’insegnamento e nel settore della salute. Perciò se l’aumento di studenti universitari è confermato da qualche tempo, nei settori tecnici dell’economia privata non è paragonabile. L’economia deve quindi fare il massimo possibile per formare più tecnici svizzeri e in questo senso un maggior impiego di donne o quello di pensionati potrebbero contribuire a risolvere parte del problema. Problema che – a detta degli esperti – si aggraverà nei prossimi anni fino a costatare già nel 2035 una mancanza di 460’000 occupati a tempo pieno. Questo soprattutto perché il numero di pensionati va aumentando, mentre il numero delle nascite diminuisce. Di conseguenza, l’offerta di lavoratori nel mercato interno rallenta. Lo confermano i dati dell’Ufficio federale di statistica. Per quanto riguarda le professioni accademiche, sarebbe augurabile un ulteriore spostamento degli studi umanistici verso quelli scientifici. Già oggi, comunque, le università e i politecnici contano un numero elevato di stranieri. Molti di essi nel settore tecnico-scientifico. Mentre una forte presenza di svizzeri negli studi umanistici è all’origine delle citate scelte per l’amministrazione pubblica, l’insegnamento o le professioni sanitarie.