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La Svizzera affascinata dal Duce
Una mostra indaga sul dottorato «honoris causa» conferito dall’Università di Losanna a Benito Mussolini (e mai ritirato)
Roberto Porta
C’è un’ombra ingombrante che da quasi novant’anni aleggia sull’università di Losanna. E che di tanto in tanto torna a manifestarsi, dentro e fuori l’ateneo vodese. L’ombra è quella del dottorato «honoris causa» in Scienze sociali e politiche assegnato a Benito Mussolini nel 1937, da quella che oggi viene chiama Unil, dove la L sta appunto per Losanna. Una vicenda passata al setaccio in diverse occasioni, con studi e pubblicazioni, e che dallo scorso 13 novembre è al centro di un’esposizione chiamata Mussolini, un passé sensible. Un titolo che evoca il peso che l’assegnazione di questo dottorato si fa ancora sentire sull’Università di Losanna, ma anche, a ben guardare, pure sulle autorità cantonali e federali di allora. Vale dunque la pena ricordare alcune delle principali tappe di questa vicenda, anche per capire come mai, nonostante appelli e petizioni, l’Unil non abbia ancora deciso di ritirare questo dottorato conferito all’artefice dell’Italia fascista, in un momento in cui già si conoscevano i crimini perpetrati da questo regime in Italia e all’estero. Questa lunga storia nasce di fatto all’inizio del Novecento, quando il giovane Benito decide di approdare in Svizzera. Era il 1902. A soli 19 anni Mussolini arriva nel nostro Paese senza un progetto preciso, non ha una dimora fissa e nemmeno un vero e proprio lavoro, collabora con quotidiani italiani e di tanto in tanto tiene conferenze rivolte agli operai del suo Paese che lavorano in Svizzera. Si muove tra socialismo e anarchia, sostiene pubblicamente il ricorso alla violenza contro il padronato, e per questo viene arrestato dalla polizia del Canton Berna, portato a Chiasso ed espulso.
Nel 1904, il futuro Duce ritorna in Svizzera e si iscrive all’Università di Losanna, dove rimane però soltanto sei mesi, fino al novembre del 1904, quando decide di lasciare definitivamente il nostro Paese e di rientrare in Italia. A detta di parecchi storici, il periodo trascorso in terra elvetica sarà tra i più importanti per la sua formazione politica. Una relazione con la Svizzera che Mussolini continuerà a curare anche successivamente, anche dopo aver preso il potere a Roma, nel 1922. Contatti che gli permettono di estendere il consenso attorno alla sua figura e di creare quella che oggi alcuni storici della stessa università di Losanna chiamano «une fascination» per il Duce e per il suo regime. Un’ammirazione che coinvolge anche una parte dell’alta società di allora, con ramificazioni che arrivano fino al Governo federale e all’esercito. Ad accrescere questo sostegno gioca un ruolo anche il diffuso anti-comunismo di quei tempi e i timori legati all’Unione sovietica di Stalin. All’interno dell’ateneo vodese un ruolo di primo piano viene sicuramente svolto da Pasquale Boninsegni, un professore che a suo tempo aveva avuto proprio Mussolini tra i suoi studenti. Anche nel corso degli anni Trenta Boninsegni ha contatti regolari con il Duce ed è proprio lui a proporre alla direzione dell’università di assegnare al leader fascista il dottorato «honoris causa» nel 1937, in occasione dei festeggiamenti per i 400 anni dalla creazione di questo ateneo. Non senza aver prima chiesto allo stesso Mussolini un sostegno per queste celebrazioni. Da Roma verranno versati a questo scopo mille franchi, una somma di rilievo per i criteri finanziari di allora.
La proposta di onorare questo ex studente raccoglie il parere quasi unanime dei vertici accademici e anche del Consiglio di Stato vodese. Poche le voci critiche che si fanno sentire dal mondo politico di quel Cantone. Il Consiglio federale non viene interpellato, saprà di questo riconoscimento soltanto in un secondo momento. Molte invece le lettere e le prese di posizione di disappunto espresse dalla società civile. Critiche che indispettiscono Mussolini, un malcontento che lo spingerà a far sapere all’Università di Losanna di non voler più accettare quel premio. La tensione sale, e anche per questo motivo risultano perlomeno singolari le modalità di consegna di questo «honoris causa». Non sarà Mussolini a recarsi a Losanna ma i vertici dell’università ad andare a Roma e a rimettere nelle mani del Duce questo loro riconoscimento. Nella «Laudatio» redatta per l’occasione si legge che Mussolini «è il promotore di una dottrina politica destinata a lasciare una traccia perenne nella Storia». La vicenda non si chiude tuttavia con la consegna del dottorato. Da quel momento, e a ritmi regolari, piovono sull’università critiche e richieste di ritirare quel riconoscimento così ingombrante. In tutti questi anni i vari rettori che si sono succeduti alla guida dell’ateneo vodese non hanno mai intrapreso questo passo, anche perché manca nel regolamento interno all’università una procedura precisa per poter effettivamente annullare queste onorificenze, anche nel caso di una persona ormai deceduta. E ci sarebbe persino il rischio che una revoca di questo tipo possa essere impugnata con un ricorso da parte di persone e movimenti che ancora oggi simpatizzano per il fascismo.
Per cercare di fare chiarezza, nel 2022 un gruppo di lavoro interno all’Unil e composto da professori di sette diverse facoltà consegna una ricerca dopo ben due anni di lavoro. Le conclusioni di questo rapporto non lasciano spazio a dubbi: i vertici universitari e politici di allora hanno commesso «un grave errore» nell’attribuire questo dottorato, un titolo che ha legittimato «un regime criminale e la sua ideologia». Gli esperti comunque non raccomandano di ritirare l’«honoris causa» ma di procedere a ulteriori studi e a conferenze, per aprire il dibattito su quanto capitato in quegli anni, non solo all’interno dell’università ma anche in tutto il nostro Paese. L’esposizione inaugurata lo scorso 13 novembre rientra in questo tipo di iniziative. Non manca comunque chi continua a chiedere un passo più coraggioso, e cioè il ritiro puro e semplice del dottorato. Per il rettore Frédéric Herman occorre piuttosto mantenere aperto il dibattito democratico attorno a quella pagina di storia. In altri termini – dicono i vertici dell’Unil – revocare quel titolo significherebbe chiudere questo capitolo, con il rischio di consegnarlo all’oblio. Una posizione che ancora oggi non fa comunque l’unanimità nel dibattito pubblico vodese e nazionale. La vicenda di Mussolini e di Losanna è dunque destinata a far ancora parlare di sé.