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Amore e denaro: è necessario confrontarsi!

Vantaggi e svantaggi di alcuni modelli di gestione del budget famigliare. L’importanza dell’indipendenza economica
/ 18/11/2024
Romina Borla

«Amore e soldi? È un tema tabù nella coppia e nella società, più del sesso», dice Alessia Di Dio, coordinatrice dell’Associazione ticinese delle famiglie monoparentali e ricostituite (ATFMR). «Secondo diversi studi, quasi la metà delle coppie non parla mai della propria gestione finanziaria (funzionamento tacito) e pochissimi sanno come parenti o amici gestiscono il loro budget familiare, quali sono le pratiche più diffuse…». Parlarne, confrontarsi, è invece fondamentale, continua l’intervistata. Anche pensando al futuro, non sempre rose e fiori. Gli aspetti economici, infatti, sono spesso tra le cause dei dissidi tra coniugi/partner e il punto su cui si concentra la conflittualità nelle procedure di separazione e divorzio, ormai all’ordine del giorno. Già, perché in Svizzera – sostiene l’Ufficio federale di statistica (Ust) – due matrimoni su cinque sono destinati a finire. Senza contare le rotture di coppie non sposate con figli: situazioni ancor più complesse, in assenza di convenzioni di concubinato.

«L’ATFMR offre uno sportello d’ascolto e consulenza», spiega Di Dio. «Quest’anno abbiamo ricevuto oltre 900 sollecitazioni – la tendenza è in crescita – e buona parte delle domande delle/degli utenti riguarda proprio preoccupazioni di natura economico-finanziaria». Cosa succede dopo una separazione/un divorzio? Come sono calcolati gli alimenti? Come richiedere gli aiuti sociali per arrivare a fine mese? Infatti, il grosso problema rilevato dall’associazione è l’indigenza. «I dati più recenti indicano che una famiglia monoparentale su tre si trova in condizione di povertà assoluta (nel 2020 in Ticino – dice l’Ust – si contavano 9040 famiglie monoparentali e 2675 ricostituite). E la tipologia è chiara: un genitore con figli minorenni a carico, di solito si tratta della madre, la quale si scontra con difficoltà e discriminazioni di vario genere». Approfondiremo questi argomenti in futuro, su queste pagine, mentre oggi parliamo di prevenzione.

In quest’ottica, il primo consiglio arriva da Micaela Antonini Luvini, avvocata di Equi-Lab, un servizio di consulenza in materia di conciliabilità e di pari opportunità (www.equi-lab.ch): «Nessuno dei due coniugi/partner dovrebbe rinunciare alla propria indipendenza economica. E parlo soprattutto alle donne, perché in genere sono loro a diminuire la percentuale o rinunciare al lavoro per la famiglia. Chi fa un passo indietro deve essere consapevole della posizione di debolezza che assume, specie in caso di separazione/divorzio: pensiamo ai buchi nella cassa pensione, all’esiguità dei risparmi messi da parte, alle difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro ecc. Ne vediamo tante finire in assistenza». L’esperta mette in evidenza anche la «fragilità» del coniuge/partner che rinuncia ad interessarsi agli aspetti economico-finanziari dell’esistenza: «Le tasse falle tu», «Ti do i soldi, tu paga le fatture». «Dividersi i compiti è un conto – afferma Antonini Luvini – ma essere informato/a, conoscere le procedure e sapere cosa fa l’altro/a è importantissimo. È necessario, ad esempio, avere una visione generale del budget famigliare, sapere quanto si paga di tasse/cassa malati e se le si paga… Avete capito bene: succede anche che le bollette, all’insaputa del partner, non vengano saldate, così alcune coppie scivolano in un baratro finanziario. E ricordate che, al momento del divorzio, i debiti si dividono».

Anche Alessia Di Dio sottolinea l’importanza della consapevolezza, a costo di mettere da parte un po' di romanticismo: «È basilare riflettere sul contributo che ciascun genitore investe nella famiglia in termini di tempo e denaro (percentuale lavorativa, accudimento dei figli, gestione della casa ecc.)». E qui arriviamo all’importanza di creare un budget famigliare (sulla scorsa edizione ne ha parlato anche un esperto di Banca Migros, leggi «Azione» dell’11 novembre, pag. 18). Quali sono i possibili modelli di riferimento? «Se ipoteticamente i due partner percepiscono lo stesso reddito – osserva la nostra interlocutrice – la soluzione è semplice: spese comuni divise a metà, uguali eccedenze. Tuttavia, nella maggior parte delle famiglie vi è una disparità di salario. Di solito nelle coppie con figli è la madre a percepire minori entrate (o nessuna entrata) per periodi anche lunghi. E, nonostante la retorica egualitaria, nel sentire comune il denaro appartiene un po’ di più a chi lo ha guadagnato. Di conseguenza molte donne hanno meno voce in capitolo sulla gestione del denaro, tendono a limitare le spese personali, accumulano meno risparmi e proporzionalmente contribuiscono di più ai costi della famiglia». Ma andiamo con ordine, ed entriamo nel dettaglio dei diversi modi di gestire il budget famigliare. Ogni coppia si organizza diversamente, tuttavia è possibile identificare alcuni modelli principali. Partiamo dal «modello informale»: conti separati e ognuno paga di volta in volta una fattura o l’altra, cercando di raggiungere una situazione che i partner sentono come «equilibrata», senza tenere una vera contabilità familiare. In caso di budget ristretti – fa notare Di Dio – è difficile avere un controllo sulla situazione economico-finanziaria generale. In assenza di discussioni aperte, non c’è nessuna garanzia di un reale equilibrio (sensazione di pagare troppo o troppo poco). Il «modello secondo il tipo di spese» implica che il «grande salario» copra le spese grosse (affitto, auto, vacanze, cassa malati) mentre il «piccolo salario» il resto (cibo, vestiti, baby-sitter ecc). Peccato che le grandi spese siano spesso più «valorizzanti» e i costi variabili tendano a pesare sul salario più basso. Senza contare la difficoltà di controllo complessivo del budget. Nel «modello tutto in comune» la coppia ha un conto unico che raccoglie tutte le entrate e salda ogni spesa. Gli svantaggi: nessuno ha «denaro per sé», si rischiano conflitti se uno si assume spese che l’altro non approva. In assenza di vigilanza, uno dei due partner può persino dilapidare l’intero patrimonio familiare oppure può esercitare un controllo totale sull’altro (violenza economica).

Il «modello conti separati e 50/50» prevede che per le spese comuni ognuno versi la metà e si tenga l’eccedenza per le spese individuali. Vantaggi: «parità», semplicità, libertà. Può funzionare nei rari casi di redditi simili. Però in caso di disparità di salario, chi guadagna meno è penalizzato. Spesso accompagnato da «doni» del partner più ricco verso l’altro («offro io la vacanza, il ristorante ecc.»), può far sentire in debito il secondo. È la volta del «modello di partecipazione percentuale»: ognuno riceve il proprio salario sul suo conto e contribuisce al conto comune in funzione del proprio reddito. Combina un principio di equità (partecipo secondo le mie possibilità) e un principio di libertà/indipendenza (conti personali separati). La sfida: come calcolare la percentuale? Nel «modello nostri e miei/tuoi» tutte le entrate confluiscono in un conto unico cointestato. Una volta dedotte le spese comuni, l’eccedenza è suddivisa a metà e versata sui due conti individuali. Indipendentemente dal reddito di ciascuno, ogni partner dispone della stessa somma per le spese personali. E cosa succede quando uno dei due non percepisce un reddito? Uno versa una somma fissa all’altro per le spese mensili? Il partner senza entrate dispone di «soldi per sé»? E qui l’ATFMR evidenzia l’importanza di riconoscere e valorizzare l’essenziale e spesso invisibile lavoro domestico e di cura. Insomma, le possibilità sono tante. L’importante, secondo Di Dio, è conoscerle e individuare quale modalità è quella che risponde meglio ai valori e alle esigenze di ogni singolo nucleo famigliare.