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L’uomo da ripensare
Sono sempre più frequenti i collettivi maschili che riconoscono l’urgenza di un cambio di paradigma
Olmo Cerri
Ultimamente, nei miei feed social, compaiono sempre più frequentemente post che trattano questioni femministe da una prospettiva maschile. Forse è l’algoritmo, ma sembra che stiano nascendo come funghi gruppi di uomini, spesso con nomi autoironici – Mica Macho o Maschile plurale, solo per citarne un paio – che si interrogano su come affrontare le questioni di genere anche dal punto di vista del gruppo sociale privilegiato.
Può sembrare un paradosso, ma è abbastanza chiaro che anche noi che ci identifichiamo come uomini (uomini cisgender per la precisione, ovvero persone la cui identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita), pur beneficiando dei vantaggi evidenti di una società patriarcale, siamo comunque costretti in ruoli spesso scomodi e che generano molti malesseri e disagi. Questa prospettiva rappresenta una novità significativa: fino a ora, il tema era soprattutto affrontato da gruppi di donne femministe o all’interno della comunità LGBTQ+.
Il ricercatore ticinese Yari Carbonetti, nel suo saggio Decostruire il maschile, scrive: «Appartenere a un gruppo privilegiato non significa per forza essere vincitori». E ancora: la scrittrice afroamericana bell hooks (che desidera che il suo nome venga scritto in minuscolo per sottolineare quanto la causa che portava avanti fosse più importante rispetto alla sua persona) scriveva: «La pratica femminista dell’autocoscienza è uno strumento essenziale per gli uomini. I maschi di tutte le età hanno bisogno di ambienti in cui la loro resistenza al sessismo sia espressa e valorizzata».
La visione di questi gruppi è chiara: è necessario in particolare decostruire due punti di vista problematici dell’idea tradizionale di femminismo: è scorretto pensare che gli uomini non possano beneficiare di una società femminista, ed è impossibile per gli uomini godere di questi vantaggi senza un profondo ripensamento della mascolinità e senza rinunciare ai privilegi attuali.
Nelle società patriarcali, anche molti uomini soffrono di specifiche problematiche legate al genere: il modello di uomo «invulnerabile, dominante e anaffettivo» provoca tassi di suicidio più elevati, malessere psicologico e comportamenti malsani e rischiosi che mettono a repentaglio la propria salute. Privilegi e disagi maschili vanno di pari passo.
Molti dei podcast presentati in questo articolo risentono di una certa «artigianalità»: appare chiaro che sono realizzati con mezzi scarsi e senza una grande pianificazione editoriale, ma che partono piuttosto da un’urgenza comunicativa. Per esempio Un podcast per maschi di «Osservatorio Maschile», collettivo che si fonda su basi femministe per approcciare le pluralità maschili, parte dalla convinzione che ci sia una grande urgenza di confrontarsi con nuove forme di maschilità emergenti. Il podcast, registrato con mezzi di fortuna, dedica la sua prima puntata proprio alle strategie necessarie a mettere in piedi un gruppo di dialogo e autocoscienza maschile.
Cosa non facile in una società che ci ha abituati, almeno per quanto riguarda noi maschi, a non parlare delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti. In questo frangente anche solo la semplice domanda: «Come stai?» può assumere un valore completamente altro ed essere la base per la costruzione di dinamiche profondamente diverse.
Gli studenti e le studentesse della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno dato vita, tramite un progetto didattico, a Mai dire maschi, un podcast che presenta interviste a scrittori, pensatori e altre figure pubbliche che raccontano i vari modi di essere uomini, lottando contro stereotipi, violenza e discriminazioni.
Nei primi episodi, attraverso anche l’incontro con l’attivista Andrea Colamedici, si mette l’accento sulla necessità di decostruire il patriarcato: «Tutti gli uomini sono nati nel patriarcato, un sistema culturale in cui esiste l’aspettativa performativa maschile; non è una colpa, ma occorre riconoscerne un elemento sistemico». Agli uomini è richiesto un impegno concreto: è un lavoro faticoso, che mette in discussione questioni profonde e richiede di ripensarsi, di mettere in crisi i propri principi e la propria modalità di rapportarsi con il mondo. Tuttavia, è anche un percorso arricchente: «Riconoscere e risolvere i problemi del sistema di potere in cui si vive è un dovere civile che cresce in proporzione ai propri privilegi».
Questo percorso deve essere affrontato collettivamente, coinvolgendo anche chi si identifica come donna e tutte le collettività marginalizzate. Nel caso in cui poi si sia donna e, contemporaneamente, parte di altri gruppi discriminati, si parla di femminismo intersezionale, poiché le discriminazioni derivano non solo dal genere, ma anche dalla classe, dal colore della pelle, dalla religione e da altri fattori.
Tutti gli uomini – voci maschili si raccontano per cambiare è il titolo del podcast di Irene Facheris. È un mosaico di voci, raccolte, selezionate e montate dall’autrice, che costruisce un coro di storie ed esperienze maschili. In ogni puntata, l’autrice lancia ai suoi interlocutori una domanda generale, per esempio: «Racconta la prima volta che ti sei accorto di essere un maschio. Quali sono stati i tuoi primi modelli maschili? Quando ti sei accorto che esistevano altri generi?».
Successivamente, l’autrice elabora le risposte raccolte tra decine di uomini per estrarne dei pattern ricorrenti, fare delle riflessioni teoriche e cercare di fare una sintesi. Partendo dalle testimonianze, propone spunti di riflessione all’insegna del motto: «Se il problema è sistemico, la soluzione deve essere collettiva», che è anche il sottotitolo del progetto.
Più mainstream e pensato per un pubblico ampio è invece il podcast, ammiccante sin dal titolo, Cazzi Nostri, prodotto da Radio Deejay e sponsorizzato da una nota marca di preservativi. Condotto da Diego Passoni e dall’urologo web-star Nicola Macchioni, ogni puntata affronta, con la complicità di un ospite di richiamo, un tema dedicato all’identità sessuale maschile: pornografia, dimensioni dei genitali, desiderio, piacere anale, circoncisione e omosessualità.
Pur evitando le questioni politiche e con un certo compiacimento verso l’ospite di puntata, il podcast rimane comunque un discorso franco e divertente su tematiche non trattate spesso dai media generalisti.
Infine, segnalo Amare Parole, progetto che non nasce da un gruppo di autocoscienza maschile, ma dal lavoro e dagli studi della sociolinguista Vera Gheno, recente ospite della rassegna letteraria «Libri in libertà» a Grono. Per il Post, l’autrice riflette con un podcast che esce ogni domenica mattina, sull’evoluzione del linguaggio e sui rapporti tra lingua, cultura e società. Attraverso proposte di uso di un «linguaggio ampio» Vera Gheno ragiona, episodio dopo episodio, su come poter includere, usando le parole giuste, tutte le diversità: non solo quelle di genere, ma anche religiose, territoriali e legate alla disabilità.
Questa è solo una selezione delle tante proposte sul tema presenti in rete da ascoltarsi con interesse e che vanno a formare un discorso articolato che parte dalle piattaforme online e che sfocia nella vita reale, per cercare di costruire un dialogo fra maschi, in cui sia possibile parlare di questioni importanti e intime (per esempio paternità, affettività, salute sessuale e violenza), senza ricalcare le dinamiche da spogliatoio.