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Gli effetti della riduzione del tasso di sconto

La Banca Nazionale Svizzera, che ha un nuovo presidente, ha annunciato il terzo taglio in un anno. E non è finita qui
/ 14/10/2024
Ignazio Bonoli

Thomas Jordan, presidente della direzione della Banca Nazionale Svizzera (BNS), che ha lasciato l’incarico a fine settembre, non ha creato sorprese nella sua ultima conferenza stampa. Nella linea di quanto stanno già facendo le banche centrali di altri Paesi, ha annunciato la riduzione dello 0,25% del tasso di sconto in Svizzera, portandolo all’1% e non ha escluso eventuali altri tagli prima della fine dell’anno. Si tratta della terza riduzione consecutiva, dopo che lo scorso mese di marzo la BNS aveva annunciato per prima un’analoga diminuzione, subito seguita dalle altre principali banche centrali. L’annuncio di probabili altre riduzioni è anche una sorta di risposta a coloro che si aspettavano un passo più consistente. In passato un intervento simile era già stato fatto, ma eravamo in momenti di particolari difficoltà dell’economia, che aveva quindi bisogno di uno stimolo più significativo. Non è il caso oggi, dato che le previsioni di crescita economica, pur essendo contenute, non indicano ancora un forte rallentamento. Gli ultimi mesi dell’anno potrebbero però riservare qualche sorpresa, vista la situazione difficile in Germania, con le inevitabili ripercussioni in Europa.

Un annuncio di questo tenore è comunque insolito da parte della BNS e testimonia il pericolo di un serio rallentamento dell’economia, soprattutto in Europa. Come sempre, la Svizzera è molto prudente nelle sue decisioni di politica economica e anche monetaria. D’altronde un’ulteriore riduzione dei tassi direttori significherebbe avvicinarsi di molto a quota zero, dopo di che – e l’esperienza è già stata fatta – si potrebbe instaurare una politica di tassi negativi oppure, in alternativa, si dovrebbe pensare a massicci acquisti di divise estere che starebbero perdendo molto terreno nei confronti del franco svizzero. Per il momento si sta quindi agendo su un freno ai tassi di interesse di mercato, che dovrebbe anche rendere meno attrattivo il franco svizzero, evitando pericolose rivalutazioni per l’economia d’esportazione. Lo scopo principale della Banca Nazionale – e lo ha confermato il successore di Jordan, Martin Schlegel – è comunque sempre quello di garantire la stabilità dei prezzi in Svizzera, tenendo anche conto dell’evoluzione della congiuntura.

In Svizzera la manovra del tasso di sconto non ha una grande importanza diretta sull’economia, ma ha un influsso sui tassi di interesse, che a loro volta si ripercuotono su diversi altri settori. Per esempio influiscono sui tassi ipotecari, oppure vi si adattano. La tendenza di questi tassi era però già al ribasso. A fine settembre, per ipoteche a tasso fisso a dieci anni, era a livello di 1,94%, a cinque anni dell’1,76%. In sostanza, questo mercato aveva già preso in considerazione un ribasso dei tassi di interesse. Tendenza che viene confermata a vantaggio dei debiti ipotecari. Per le ipoteche basate sul «Saron» (acronimo di Swiss Average Rate Overnight, un tasso d'interesse medio dei prestiti effettuati dagli istituti finanziari in Svizzera nel corso di una notte), i tassi possono variare a seconda del mercato. Anche in questo caso la tendenza viene confermata. Proprio questo mercato sembra attendere altre diminuzioni.

Per i locatari gli influssi sui tassi non hanno effetti importanti. Il tasso ipotecario di riferimento, fissato a inizio settembre, è all’1,75%. A sua volta esso si riferisce al tasso ipotecario medio, che a fine giugno era all’1,67%. Entro fine anno dovrebbe scendere e gli inquilini, il cui contratto si riferisce a questo tasso, potrebbero chiedere una riduzione della pigione. Gli influssi sul mercato immobiliare non dovrebbero però provocare una diminuzione dei prezzi degli immobili abitativi. Anzi, i tassi di interesse più bassi possono influire sulla domanda e provocare aumenti dei prezzi, al momento già molto alti. Le spinte al ribasso potrebbero invece verificarsi sui depositi a risparmio e su quelli del terzo pilastro, mentre su altri investimenti l’eventuale calo potrebbe giungere più tardi. Normalmente questo calo di rimunerazioni dovrebbe influire anche sulla domanda internazionale di franchi e quindi sulle quotazioni sui mercati delle divise. Ma il franco svizzero risente poco di questi movimenti e difatti le sue quotazioni non sono diminuite, nonostante i recenti rialzi, in particolare, dell’euro. In Svizzera la manovra della Banca Nazionale sul franco attraverso i tassi di interesse è però molto meno incisiva rispetto a quella di altre banche centrali.

Anche in questo caso le ultime decisioni sono frutto di una politica economica e monetaria praticata per dodici anni sotto la direzione di Thomas Jordan. Politica che ha permesso di superare momenti difficili: dalla crisi finanziaria a quella dell’euro, dalle difficoltà create dal franco forte alla guerra in Ucraina, passando dalla crisi del Credito Svizzero, per citarne solo alcune, aggiungendo per finire anche quelle a livello politico sulla distribuzione degli utili della BNS o sulle enormi somme del suo bilancio. In pratica, in questi dodici anni il rincaro in Svizzera si è limitato al 5,8%, favorito anche dalla poca dipendenza dalle importazioni di energia, dal ridotto debito pubblico, dallo sviluppo moderato dei salari, ma certamente anche dall’azione della stessa BNS, nel rispetto dei ruoli reciproci e anche dell’indipendenza dell’istituto.