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Dove e quando
Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo, dal 4 al 6 ottobre a Poschiavo. www.lettereallavalposchiavo.ch
Un album familiare in versi per non dimenticare
Scrittore e poeta tedesco di casa a Zurigo, Thilo Krause sarà ospite del Festival Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo
Natascha Fioretti
Pesantemente leggera, così definerei la prosa e la poesia di Thilo Krause in cui ogni cosa fluttua come fosse sospesa, trasportata da leggere e costanti correnti che all’improvviso formano mulinelli d’acqua per risucchiarci in un vortice denso di immagini e significati provenienti dal passato dove hanno origine tutte le cose. Pensandoci, somiglia, nello stile, al poeta finlandese Pentti Saarikoski in questi versi tratti da Festa da ballo dell’oscurità (1983) che lo scrittore e poeta tedesco cita nell’esergo del suo romanzo Elbwärts – Verso l’Elba (Carl Hanser Verlag, 2020): «Venne la bambina. Guardandomi dall’alto in basso mentre leccava il gelato disse / tu sei strano, / cerchi sempre sentieri / lontani dalla montagna, al di fuori del bosco e / della tua oscurità…»
Classe 1977, nato a Dresda, di casa a Zurigo, economista e ingegnere di formazione, un dottorato all’ETH di Zurigo, scrittore per passione, ha da subito conquistato la scena letteraria conseguendo riconoscimenti prestigiosi per la sua lirica (nel 2012 ha ricevuto il Premio svizzero di letteratura) e per la sua prosa (nel 2020 il Robert Walser Preis). E mentre in italiano per ora è uscito soltanto Che si dice mentre tuona (Marcos y Marcos, 2022. Luigi Forte ne ha scritto su «Azione» il 03.10.2022), noi con Thilo Krause andiamo alla scoperta dei suoi ultimi due lavori.
Scienza e letteratura
Thilo Krause crede molto nel binomio scienza e letteratura e lo fa capire citando in modo un po’ goliardico Rocket Man di Elton John: «E tutta questa scienza non la capisco. È solo il mio lavoro cinque giorni a settimana. Un uomo razzo, un uomo razzo». La citazione è all’interno della sua raccolta poetica Das uns findet, wer will – Chi vuole ci troverà (Carl Hanser Verlag, 2023), che come lui stesso rivela «è un racconto autobiografico dedicato ai miei figli, un album di famiglia che parte dalla storia dei bisnonni e giunge al presente». Prima di addentrarci nel tessuto dei componimenti che sin dalla copertina hanno molte affinità con il romanzo, ci soffermiamo sul binomio scienza e letteratura che per Krause rappresenta un concetto cardine della sua esistenza.
«La mia condizione è quella di tanti altri scrittori, pensiamo a Gottfried Benn che era medico, a Tomas Tranströmer, psicologo o a Wallace Stevens, assicuratore», dice lo scrittore. «I due mondi, quello lavorativo e quello letterario, non li vedo in contrapposizione. Ricordo, ai tempi dell’ETH le lunghe chiacchierate letterarie con il mio relatore della tesi di origini svedesi. Oppure con i dottorandi che seguivo, chi era norvegese, chi greco, abbiamo sempre parlato degli autori che prediligevano. Nel mondo del lavoro è più difficile tenere uniti i due ambiti ma ci sono comunque persone che ogni tanto si affacciano al “pianeta della scrittura” (come lo chiamo nella raccolta) e curiosi si chiedono cosa succede. A questo si riferisce la citazione di Elton John e mi preme dire che tanto il lavoro scientifico quanto quello umanistico attingono alla medesima fonte creativa. E la precisione che richiede la scienza la necessitiamo anche nella lingua. Per spiegarmi voglio usare questa immagine: quando vediamo crearsi un fossato tra i due mondi dobbiamo riempirlo subito di terra e seminarlo perché vi crescano i fiori».
Ci sono stati tempi in cui la letteratura faceva parte dell’esistenza umana, era parte di uno stile di vita, di un modo di vivere. Non era strano cercare conforto in una poesia o svegliarsi di buon umore al mattino citando agli amici i versi del poeta prediletto. Mia zia Jutta lo faceva sorridendo attraverso i suoi occhietti azzurri. Insomma i versi, la prosa, così come la musica e la pittura erano cibo per l’anima. «Vale anche per la scienza» dice Thilo Krause, che si tuffa nel passato e ricorda di quando ventenne a Dresda frequentava un laboratorio di scrittura. «Si chiamava Lebensmittel Literatur, un titolo meraviglioso perché tutti noi del gruppo – chi aveva vent’anni, chi ottanta – eravamo lì per scrivere, leggere, imparare … Per tutti noi la letteratura era un genere di sussistenza».
La nostalgia delle origini
Lo abbiamo già menzionato, tra Elbwärts e Das uns findet, wer will, ci sono molte affinità, tanto da sembrare due opere complementari che con tempi e linguaggi differenti ci cantano della nostalgia delle origini, del nostro passato, della malinconia con la quale guardiamo a ciò che è stato, alle persone che un tempo erano con noi. E se il tema di quella che in tedesco si chiama «Heimkehr» è preponderante, nei testi di Thilo Krause c’è una magnifica, direi quasi elegiaca presenza della natura rappresentata, nel grande come nel piccolo, dai maestosi paesaggi della regione tedesca dell’Elba che ritroviamo in entrambe le copertine. «Le due si somigliano, presentano entrambe i dipinti di due pittori romantici. Nel caso del romanzo si tratta dell’opera di Ernst Ferdinand Oehme, uno scorcio dei Monti metalliferi della Sassonia (Die Greifensteine im Sächsischen Erzgebirge, 1840); la Valle dell’Elba avvolta nella nebbia invece è il soggetto di Caspar David Friedrich sulla copertina della raccolta poetica (Nebel im Elbtal, 1821)». Suo è anche il dipinto Elbtal (1821) al centro della pagina.
Le copertine sono sicuramente un modo per indicare al lettore le coordinate topografiche, ma senza mai andare nel dettaglio dei luoghi. In particolare trasmettono quell’imperante atmosfera nostalgica che ritroviamo nel romanzo e nel suo protagonista (il narratore) che da adulto torna nel paese d’infanzia per ritrovare se stesso, gli amici e scoprire che nulla è più com’era. Il passato diventa una sorta di protagonista principale attorno al quale tutto ruota, perché esso tutto contiene e tutto spiega.
Il passato è quello del secolo scorso, quello della Seconda guerra mondiale, del nazismo e della DDR. Eventi che hanno profondamente segnato la famiglia di Thilo Krause e la città in cui è nato. Centrale, nella prosa come nelle poesie, è l’idea di un confronto con il passato e di un racconto aperto su quanto è accaduto per capire meglio il nostro presente. In un passaggio del romanzo il passato diventa un «ewiges Ferienlager» un eterno campo estivo in cui non c’è niente da fare. «È un chiaro riferimento a quella che noi chiamiamo Ostalgie, dice Thilo Krause, cioè quello sguardo nostalgico di alcune persone per la vita nella DDR. Un sentimento che francamente mal sopporto e che ci rivela come i traumi del passato siano ancora irrisolti e si tramandino di generazione in generazione».
Thilo Krause che da tempo vive a Zurigo con la sua famiglia guarda con preoccupazione al suo Paese e all’ascesa dell’AfD. «Fa male. Mi sento smarrito e anche un po’ arrabbiato per quanto sta accadendo. E credo che le ragioni siano radicate nel passato, nelle ferite e nei traumi inflitti a famiglie come la mia che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale. Sembra cosi lontana ma non lo è…Le ragioni di quanto accade risalgono ai traumi irrisolti delle vecchie generazioni che hanno dimenticato, hanno taciuto il loro vissuto, cosa è loro accaduto. In particolare nella DDR è mancato un confronto, un dialogo aperto e trasparente di elaborazione del passato.»
Chi vuole ci troverà
Non sorprende allora che ad aprire la raccolta poetica di Thilo Krause Das uns findet, wer will sia Un racconto della guerra. Protagonista è la figura del nonno così descritto: «Nonno, il mio Sisifo con una gamba sola / Scappò solo al mattino / Diretto verso l’Elba / molto prima che i russi conquistassero i cieli». Il libro è dedicato ai suoi due bambini, Emma e Leo, nella speranza che un giorno, sfogliando questo album di famiglia in versi, possano conoscere la verità. Cosa potranno imparare dal bisnonno? «Non importa quante dure ferite ci infligga la vita, dobbiamo andare avanti senza amarezze e senza musi lunghi, anzi, in sorridente compagnia. Bisogna riconoscere ciò che è stato, non rimuovere e non dimenticare per poi trovare una nuova attitudine, una nuova postura nel presente. È un processo difficile, per questo ho paragonato mio padre a un Sisifo senza una gamba: convivere con il proprio passato è una sfida costante e in certi giorni affrontarla ci riesce meglio, in altri meno».
Thilo Krause leggerà alcune delle sue poesie al Festival Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo di cui sarà ospite sabato 5 ottobre alle 14:30 in dialogo con il giornalista Massimo Zenari. Gli chiedo di Lamento e trionfo, poesia che chiude la raccolta ed è dedicata a Johannes Bobrowski, scrittore e poeta che dal 1949 al 1965 visse a Berlino Est. «Con lui torniamo al concetto di letteratura come nutrimento. A consigliarmi la sua lettura fu l’editor del nostro laboratorio di scrittura. Da subito stabilii un legame intenso con la scrittura e l’opera di Bobrowski e oggi mi ritrovo nei suoi temi. Come me è cresciuto in tanti luoghi. È nato a Tilsit nel 1917, città che ben descrive in Levins Mühle (1964), il grande romanzo su suo nonno in cui racconta di come tedeschi, russi, ebrei e polacchi – fino alla guerra – vivessero bene insieme. Bobrowski parla della nostalgia delle origini, è attento alla dimensione politica e sociale del suo tempo ed è un cantore della natura.