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Il più grande spettacolo del mondo
Fili di seta, il matrimonio del rampollo di una delle dinastie industriali più famose dell’India, la classe media rampante e la miseria
Francesca Marino
Da questa estate sono moglie e marito, possiamo tirare un sospiro di sollievo e smetterla di farci venire un attacco di nervi guardando la collezione di gioielli antichi (gioielli che risalgono ai tempi dei Moghul, con pietre delle dimensioni di una noce) di Nita Ambani, la madre dello sposo. Il matrimonio di Anant Ambani, rampollo di una delle dinastie industriali più famose dell’India, e di Radhika Merchant ha tenuto banco per mesi sulle pagine dei giornali di mezzo mondo, scatenato polemiche (e invidia) a non finire e polverizzato ogni precedente record di spesa: in confronto, i 163 milioni di sterline spesi nel 1981 per far convolare a nozze Carlo d’Inghilterra e Diana Spencer sembrano noccioline. Agli eventi che hanno preceduto le nozze vere e proprie erano presenti le Kardashian paludate in abiti tradizionali indiani, Justin Bieber e Rihanna, che ha deliziato gli sposi e i loro invitati con un concerto privato. È cominciato tutto nella tarda primavera scorsa, quando gli Ambani hanno organizzato grandi feste per il figlio e la sua fidanzata sia a Londra sia su una nave da crociera che navigava nel Mediterraneo: Palermo, Portofino e infine Roma, rallegrati da Kate Perry e dai Backstreet Boys. Gli abitanti di Portofino non si sono ancora ripresi dagli schiamazzi durati tutta la notte, ma va bene così. Dopo mesi di feste, le nozze vere e proprie si sono celebrate in India alla presenza di circa duemila inviati tra cui Tony Blair, Nick Jonas e Priyanka Chopra, la crème de la crème di Bollywood, molte facce di Hollywood e qualche centinaio di giornalisti.
Alla cerimonia del bharat, l’arrivo dello sposo, c’erano centinaia di cantanti e musicisti a intrattenere gli ospiti e migliaia di fiori: oltre sessanta sculture floreali di animali tra cui scimmie, elefanti e tigri. Secondo le stime, per ognuna di esse sono stati necessari oltre 100’000 fiori. Agli ospiti più importanti e agli amici più stretti sono stati distribuiti come bomboniera orologi da polso da qualche centinaio di migliaia di franchi, borse di Louis Vuitton, scarpe firmate e collane d’oro. D’altra parte Mukesh Ambani, il padre dello sposo, non è mai stato noto per raffinatezza e basso profilo. Anni fa, nel 2007, era finito su tutti i giornali per via della modesta magione costruita a Bombay. Voleva vedere il mare da casa sua e così aveva costruito un grattacielo di ventisette piani. Fin qui niente di strano, ovviamente. In fondo è quello che fanno i miliardari di tutto il mondo, pare. Mukesh, però, non è un miliardario qualunque. Così, aveva annunciato di non avere alcuna intenzione di affittare o vendere i rimanenti ventisei piani del «suo» grattacielo, che sono invece tutti adibiti a residenza privata della famiglia. Sei piani per parcheggiare le auto, un paio adibiti a fitness center, qualcun altro per alloggiare le seicento persone che compongono lo staff che provvede alle necessità dei membri del clan. I piani superiori, destinati ad alloggiare Mukesh, sua moglie Nita e i loro tre figli oltre naturalmente all’adorata e onnipresente «regina madre» degli Ambani, comprendono un eliporto, un certo numero di piscine e indispensabili amenità varie, sale cinematografiche, giardini pensili e, si dice, perfino un teatro. Altro che il castello di Windsor o la reggia di Caserta… D’altra parte, Ambani deve pure impiegare in qualche modo il denaro di famiglia ereditato da un padre geniale, l’uomo che ha introdotto in India le fibre sintetiche cambiando per sempre il modo di vestire della povera gente: tanto che, nel linguaggio comune, per dire che un tessuto è di seta artificiale, si dice che è di «seta Reliance».
Reliance, infatti, è il nome dell’impero fondato dal nulla da Ambani senior. Impero diviso alla sua morte tra i due fratelli Mukesh e Anil, che hanno ferocemente lottato per il controllo del gruppo. La lotta era stata risolta soltanto con l’intervento della madre, che aveva assegnato il settore petrolchimico e tessile a Mukesh e le finanziarie e il settore telecomunicazioni ad Anil. Il boom economico e la congiuntura favorevole hanno portato i due fratelli a scalare le classifiche dei miliardari indiani e hanno portato Mukesh, il più estroverso dei due, a finire spesso e volentieri sui media e a essere criticato per la sua stravaganza, per la mancanza di buon gusto e, soprattutto, per la sua vera o presunta vicinanza al premier Narendra Modi. Causa principale, dicono i bene informati, del diluvio di critiche piovuto addosso agli sposi e ai loro genitori da parte della scandalizzata stampa internazionale, che celebrava incantata il matrimonio del principe Harry e di Megan ma che, quando si tratta di indiani, si risveglia al solito austera e moralista. E soprattutto si dimentica di citare l’indotto economico del faraonico matrimonio, celebrato in gran parte in India, e le migliaia di posti di lavoro creati alla bisogna, oppure la mensa aperta per i bisognosi durante tutto il tempo delle celebrazioni, mensa che ha sfamato, dicono fonti ufficiose, cinquemila persone al giorno e in cui i pasti erano serviti occasionalmente da celebrità e artisti famosi. E mentre i nostalgici dei miliardari del buon tempo andato, a Delhi, Bombay e dintorni, celebrano l’epoca in cui i ricchi andavano in Ambassador mentre i poveri morivano di stenti nella «città della gioia», Calcutta, l’India diventa sempre più come il resto del mondo: coi suoi miliardari cafoni, la classe media rampante, gli invidiosi, gli ammirati, i siti di gossip e gli/le influencer.