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Troppe spese per Berna
Dove fare i «tagli» per contenere i costi?
Ignazio Bonoli
Dopo la votazione sulla tredicesima AVS (che sarà finanziata con un aumento dell'IVA), e in vista dei prossimi impegni, si sono intensificate le discussioni sugli oneri a carico della Confederazione. La revisione della Legge sulla previdenza professionale (al voto in settembre) costerà, secondo le stime, una decina di miliardi di franchi. Ma non sono solo le spese a carattere sociale che graveranno sui prossimi bilanci. Fra le altre spiccano quelle per la difesa (trascurate in questi ultimi anni e oggi tornate alla ribalta con la delicata situazione internazionale), quelle per l’agricoltura (sempre in primo piano in Parlamento) e quelle per i politecnici federali che si lamentano per la riduzione di un centinaio di milioni rispetto alle previsioni. Senza dimenticare gli sviluppi delle spese per la salute.
Alla ministra delle finanze Karin Keller Sutter tocca, quindi, l’ingrato compito di trovare i necessari finanziamenti, tenendo conto di due limiti principali: il freno all’indebitamento, che impedisce di aumentare le spese oltre una certa misura, e l’opposizione generalizzata ad aumentare tasse e imposte. Nelle interviste più recenti, la responsabile delle finanze non manca di sottolineare questi aspetti, ribadendo anche le difficoltà di attribuire ad ogni compito il grado di priorità che si merita, nonché l’eventuale ripercussione su Cantoni, Comuni, gli stessi cittadini e le aziende. Tra i suggerimenti, ma anche tra le pressioni da parte degli ambienti più interessati, la «Neue Zürcher Zeitung» ha cercato di allestire una graduatoria dei futuri impegni (non tutti possono essere affrontati con una politica di risparmi) in una situazione caratterizzata da alcuni condizionamenti: uno sguardo particolare su quelle spese che sono aumentate in modo sensibile dopo il 2007, un risparmio sui consumi pubblici piuttosto che sugli investimenti, con riguardo alle generazioni future. Tenendo conto del fatto concreto che non sarà possibile risparmiare sulle assicurazioni sociali, che comunque devono essere tenute sotto controllo, nonché della particolare situazione della difesa militare.
Ricordiamo le suggestioni del quotidiano zurighese, da sempre molto attento all’evoluzione delle finanze della Confederazione. In primo luogo si chiede al traffico pubblico di perseguire una politica di copertura dei costi. Tra il 2007 e il 2022 le spese di questo settore sono aumentate del 60%, salendo a 7,2 miliardi, cioè del doppio del Pil. Non solo, ma il Parlamento, nella sessione primaverile, ha decretato un ulteriore aumento di 350 milioni. La copertura dei costi è deficitaria nel traffico regionale. In media è del 50%. Una linea su cinque non raggiunge nemmeno una copertura del 20%. Senza sussidi, i biglietti (già rincarati) costerebbero il doppio, ma la partecipazione dei clienti potrebbe, per esempio, aumentare dall’attuale 50 al 70%. La Confederazione risparmierebbe mezzo miliardo circa.
Si potrebbe decretare un aumento delle tasse per gli studi. Le spese per la formazione e la ricerca, negli ultimi 15 anni, sono aumentate del doppio del Pil, raggiungendo in media 7,9 miliardi. L’intenzione di ridurre di 100 milioni i sussidi alle università ha suscitato aspre reazioni. Ma un aumento delle tasse per gli studenti, oggi tra le più favorevoli in Europa, per la Confederazione significherebbe 100 milioni in meno per i Politecnici e 200 milioni in meno di sussidi alle Università dei Cantoni. Un altro settore in cui risparmiare potrebbe essere quello dell’aiuto allo sviluppo, compresi quello all’Ucraina e al Fondo europeo di compensazione. Oggi si spendono 3 miliardi contro i 2 miliardi del 2007. Con una misura che limiterebbe questi aiuti all’evoluzione del Pil svizzero, il miliardo di aumento dal 2007 si sarebbe ridotto a 650 milioni. L’intenzione di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, da sola, costerebbe però 400 milioni in più all’anno.
Per l’agricoltura, dal 2007 le spese sono praticamente rimaste costanti, ma i costi per la Confederazione sono di 3,6 miliardi all’anno. La protezione doganale delle produzioni carica inoltre costi sui consumatori. L’intenzione di Berna di ridurre del 2% i sussidi ha sollevato violente proteste. Di fatto le aziende agricole, dal 2007 al 2022, sono diminuite del 22% e gli occupati nel settore primario del 14%, per cui le spese per aziende e per occupati sono aumentate. Anche solo mantenendo costante il sussidio per le aziende si risparmierebbero 360 milioni all’anno. Per la cultura, i media e lo sport la Confederazione spende circa 600 milioni all’anno; per la promozione della piazza svizzera in media 162 milioni (turismo ed export). Si dovrebbe anche considerare che il settore alberghiero gode di un tasso ridotto del 3,8% dell’Iva, il che significa 180 milioni di franchi di sgravi. Il 20% di sussidi in meno significherebbero 150 milioni di risparmi. Infine si sta facendo strada l’idea dei salari della Confederazione più alti di quelli del privato a parità di prestazioni. Dal 2007 la spesa per il personale è aumentata del 36% ed è salita a 6,1 miliardi per 38’600 posti equivalenti a tempo pieno. L’Istituto svizzero per la politica economica ha valutato che, a parità di qualifiche, il posto di lavoro nella Confederazione è pagato il 12% di più che nell’economia privata. Togliendo questa differenza si risparmierebbero 700 milioni di franchi.
Sommando il totale di questi risparmi, si ridurrebbero le spese tra gli 1,5 e i 2,5 miliardi di franchi l’anno. Un gruppo di esperti sta valutando la possibilità di giungere a 4 miliardi di risparmi. In realtà si dovrebbe rallentare il ritmo di crescita delle spese e rivedere la ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni, applicando correttamente il principio di sussidiarietà. Infine si dovrebbero riordinare le spese sociali, che sono diventate l’onere maggiore per la Confederazione. Facile a dirsi, meno a farsi. Sono infatti troppi gli interessi in gioco. Oggi sappiamo però che misure di tipo «cosmetico» non risolvono il problema. Alla fine restano le misure più temute dal cittadino stesso, cioè gli aumenti di tasse e imposte.