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Dove e quando
Gemeinsam unterwegs. Giuseppe Hass-Triverio und Maurits C. Escher, Museum Bruder Klaus Sachseln, fino al 18 agosto.
Due artisti alla scoperta dell’Italia di provincia
A Sachseln la ricostruzione dei viaggi di Maurits Cornelis Escher e Giuseppe Haas-Triverio negli anni Trenta
Mario Messina
Quattro persone percorrono a piedi, sotto il sole cocente di maggio, la mulattiera che collega la costa calabra con Palizzi. È il 1930 e l’entroterra della punta dello Stivale è ancora quasi totalmente isolato dal resto d’Italia. I quattro, tutti stranieri, arrivano all’interno di una locanda dove non vengono di certo accolti con affetto. «Conoscevamo da tempo la natura poco accomodante dei calabresi, ma non avevamo mai sperimentato un’atmosfera ostile come quella che abbiamo provato questa volta», scriverà successivamente uno dei viandanti.
«Alle nostre domande amichevoli – continua la cronaca di quel viaggio – ricevemmo solo risposte cupe e incomprensibili». Fino a che uno dei viaggiatori tirò fuori, lentamente, una cetra e cominciò a pizzicarla. Prima piano. Poi con più vigore. Intanto la magia della musica aveva fatto il suo effetto e gli autoctoni iniziarono ad avvicinarsi e a incuriosirsi. «L’incantesimo dell’inimicizia era stato spezzato. Ora le lingue si sciolsero: “Chi sei? Di dove sei? Perché sei venuto qui?”. Siamo stati invitati a bere del vino e abbiamo bevuto molto, troppo. Il che ha solo migliorato il nostro buon rapporto».
L’olandese e l’obvaldese si conobbero a Roma e diventarono subito amici condividendo escursioni artistiche memorabili
A riportare questa storia sulle colonne del settimanale di Amsterdam «De Groene Amsterdammer» è il celebre artista olandese Maurits Cornelis Escher che in quegli anni aveva scelto Roma come casa. Qui conobbe un collega che presto sarebbe diventato suo insostituibile amico e compagno di viaggi (come quello calabrese): l’obvaldese Giuseppe Haas-Triverio. Ai due artisti di grande talento, alla loro amicizia e ai loro viaggi nelle regioni più inospitali e belle d’Italia è dedicata la mostra Gemeinsam unterwegs. Giuseppe Haas-Triverio und Maurits C. Escher che fino al 18 agosto si terrà a Sachseln e racconta i cinque viaggi di studio che i due intrapresero tra il 1929 e il 1935 in Abruzzo, Calabria, Corsica e Sicilia.
Poco tempo prima che i destini di Escher e di Haas-Triverio si separassero definitivamente. Il primo, celebre per le sue poliedriche tassellature del piano e dello spazio e i motivi a geometrie interconnesse. Il secondo, artista di grande talento, apprezzato al suo tempo ma quasi dimenticato negli anni a venire. Nato a Sachseln nel 1889, Joseph Haas all’età di 22 anni si trasferì a Roma, dove per dodici anni fu operaio decoratore e imbianchino al Grand Hotel Excelsior. Ma l’arte era la sua aspirazione. Come autodidatta imparò il ritaglio del legno, il disegno e la pittura. Ebbe tre amori: l’arte, Roma e la moglie Secondina che sposò nel 1919 e dalla quale decise di prendere anche il cognome. Da quel momento si fece chiamare Giuseppe Haas-Triverio.
Mentre continuava a lavorare come semplice operaio all’Excelsior, Haas-Triverio cominciò a farsi apprezzare come artista riuscendo a partecipare a importanti mostre in città con i suoi lavori di xilografia. Scrive Beat Stutzer nella pubblicazione Gemeinsam unterwegs che accompagna la mostra di Sachseln: «Quando nel 1923 Haas-Triverio entrò a far parte dell’Associazione artistica internazionale, decise di diventare un artista freelance e lasciò l’Hotel Excelsior. Un altro fattore decisivo in questa decisione fu la grande mostra di arte e artigianato del 1923 a Sarnen, alla quale Haas-Triverio fu rappresentato con circa 150 opere».
Furono anni di successi e riconoscimenti durante i quali i coniugi Haas-Triverio vivevano, con la figlia Corinna, a Monteverde, frazione del quartiere romano Gianicolense. Qui, nel frattempo, si era trasferito anche Maurits Cornelis Escher. La prossimità geografica e il matrimonio dell’olandese con l’elvetica Giulia Umiker permisero ai due colleghi di entrare in contatto e diventare amici.
Negli anni a venire, i due artisti decisero di impegnarsi in annuali viaggi di studio in giro per l’Italia con l’obiettivo di catturare i motivi paesaggistici e architettonici in disegni realizzati sul posto per poi tradurli in xilografie e litografie nei loro studi di Roma. Dei cinque viaggi studio che i due compirono tra il 1929 e il 1935 (occasionalmente accompagnati da Jean Rousset, studioso di materie umanistiche, e dall’artista Roberto Schiess, il nostro suonatore di cetra nella storia calabrese) sappiamo molto grazie alle fotografie scattate da Escher e agli appunti presi da Hass-Triverio nei suoi diari di viaggio.
Erano anni in cui scorrazzare tra i monti abruzzesi e le campagne siciliane non era cosa da niente. Le cronache di quei giorni sono veri e propri racconti di viaggi avventurosi in aree remote. In un periodo storico, per di più, caratterizzato da una generale avversione allo straniero. Ma l’atmosfera sospettosa dell’Italia fascista non limitò i due amici che visitarono Malta, la Sicilia, la Calabria e l’Abruzzo, oltre che la Corsica.
Scriverà l’artista obvaldese nei suoi diari: «Viaggiavamo in treno, a volte in barca. Ma per lo più eravamo a piedi e a volte avevamo con noi un mulo. È successo che Escher e io abbiamo lavorato sugli stessi motivi dallo stesso luogo. Vivevamo in alloggi semplici, vivevamo di pane duro, che ammorbidivamo nel latte di capra, e mangiavamo miele e formaggio. Sei o otto settimane dopo tornavamo a casa, un po’ emaciati e stanchi, ma con le cartelle piene di disegni».
Sebbene le opere di Escher del periodo italiano siano ancora lontane dallo stile che lo rese famoso in tutto il mondo, in questi anni le vedute dell’olandese si discostavano parecchio dalla riproduzione più fedele e naturalistica di Haas-Triverio a causa di esagerazioni che restituivano spesso una visione surreale dei luoghi.
A porre fine ai viaggi e all’amicizia tra i due artisti fu la situazione interna italiana caratterizzata da un fascismo strisciante che intanto aveva calato la maschera e mostrato la faccia peggiore di sé. Escher odiava il clima fascista che ormai permeava tutto e mal sopportava l’obbligo previsto per il figlio George di indossare a scuola l’uniforme dell’organizzazione giovanile del Partito Nazionale Fascista. Così, a malincuore, nel 1935 la famiglia Escher lasciò Roma. Prima andarono in Svizzera, poi in Belgio e infine nei Paesi Bassi dove Escher visse la fine dei suoi giorni.
A Haas-Triverio, legato alla città anche per motivi famigliari, servì più tempo per prendere la decisione di andar via. Solo nel dicembre del 1939, a sei mesi dall’entrata in guerra dell’Italia, decise di trasferire la sua famiglia a Sachseln, dove nel frattempo aveva acquistato una casa.
Fu col ritorno nelle rispettive patrie che le storie di Escher e Haas-Triverio presero due strade diverse. Lo svizzero, pur lontano, continuò a definire Roma come la propria casa. Continuò, altresì, a produrre arte con lo stesso stile e con le stesse modalità con cui lo aveva fatto fino a quel momento. Tanto che negli anni successivi la sua produzione fu definita vetusta e troppo legata al passato.
Al contrario, il ritorno in patria di Escher significò un allontanamento totale dal periodo romano. In quegli anni l’artista olandese sminuì l’importanza della maggior parte della sua opera che era stata prodotta in Italia fino al 1935. È probabile che il disprezzo di Escher per le sue opere del periodo italiano abbiano contribuito anche alla marginalizzazione, negli anni avvenire, della figura di Haas-Triverio nei racconti e nella narrazione di sé presentata dallo stesso Escher.
Chissà come visse Haas-Triverio l’allontanamento e la nuova vita del compagno di avventure. Chissà quanto spesso Escher pensava ai viaggi giovanili con l’amico svizzero. E chissà che qualche segno di quel passato avventuroso, movimentato ed esotico e di quell’amicizia tra i due non sia presente, magari ben nascosto, in qualche angolo delle tassellature, dei riflessi e delle metamorfosi di Escher.