Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
La Chiesa cattolica e la sessualità
Dalle uscite avventate del Papa al problema della denatalità. Gli allarmi profetici convivono con la fatica a stare al passo coi tempi
Giorgio Bernardelli
Ha fatto il giro di mondo l’avventata uscita di papa Francesco sulla «troppa frociaggine» nei seminari. Parole sbagliate pronunciate in un incontro a porte chiuse, ma davanti a 230 vescovi italiani: non il posto migliore perché rimanessero dentro a una stanza. Lo stesso pontefice del «chi sono io per giudicare?» è inciampato sulla questione dell’omosessualità. Con un’espressione per la quale si è scusato, con la classica nota da ufficio stampa chiamato a rimediare a un pasticcio. E ha anche risposto a un aspirante seminarista gay, invitandolo ad andare avanti con la sua vocazione. Distinzione tra «la categoria in sé» e le storie personali, che è un tratto interessante dell’uomo Jorge Mario Bergoglio, ma si espone a tante contraddizioni per la guida di una Chiesa cattolica che - piaccia o no - come tutte le organizzazioni ha bisogno di regole. La verità è che tutta questa vicenda non ha fatto altro che confermare la perdurante difficoltà della Chiesa cattolica a fare i conti con tutto ciò che ha a che fare con la dimensione della sessualità. La distanza tra la rigidità della dottrina cattolica in materia e le nuove generazioni di oggi ormai è siderale; e compromette anche quell’orizzonte di senso nella sfera affettiva che il cristianesimo aspirerebbe a comunicare e che in realtà, in un mondo dove tutto è ridotto a mercato, oggi molti giovani cercherebbero anche.
Lo si vede in maniera ancora più clamorosa anche in un altro ambito: quello del cosiddetto «inverno demografico». Sempre di recente papa Francesco ha voluto celebrare per la prima volta a Roma una Giornata mondiale dei bambini, con tanto di maxi-evento allo Stadio Olimpico contornato dalle solite star dello sport e dello spettacolo. La settimana prima, poi, Bergoglio era anche intervenuto di persona agli Stati generali della natalità, kermesse promossa dall’associazionismo familiare cattolico italiano per riflettere sulle politiche in favore della natalità. Negli ultimi anni papa Francesco torna sempre più spesso sul tema del calo demografico e non glielo si può certo rimproverare: è uno dei leader mondiali che ha capito che sta succedendo qualcosa di epocale nel mondo di oggi. Lo scenario «tanti vecchi e pochi bambini» infatti non è più solo appannaggio dei Paesi dove il benessere è diffuso. È un fenomeno globale, che attraversa ogni Continente. Già da tempo è una sfida per l’Estremo Oriente, dove la Corea del Sud e il Giappone sono i Paesi con i più bassi tassi di fecondità al mondo e l’età media più avanzata. È un problema oggi per la Cina, che archiviati gli anni della rigidissima politica del figlio unico è passata in fretta (con scarsi risultati) all’approccio opposto degli incentivi per la natalità. Ora, però, i segnali del calo delle nascite cominciano ad avvertirsi chiari in Asia meridionale: in India ma anche in un Paese come il Bangladesh. E persino nell’Africa sub-sahariana la tendenza starebbe invertendosi.
A sostenerlo è un’analisi demografica su una gigantesca mole di dati realizzata dall’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington e pubblicata qualche mese fa sulla prestigiosa rivista scientifica britannica «The Lancet». Questo studio sostiene che, se i trend attuali dovessero andare avanti immutati, nel 2100 appena 6 Paesi al mondo raggiungeranno ancora un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna, ovvero la cosiddetta «soglia di sostituzione» che permette di mantenere stabile la popolazione nel lungo termine. Gli stessi ambienti scientifici che a lungo hanno gridato alla «bomba demografica» dunque, oggi stanno lanciando un messaggio esattamente contrario: combinando con sistemi sofisticati migliaia di studi relativi alle dinamiche demografiche in 204 Paesi emerge che il tasso di fertilità nel mondo negli ultimi settant’anni si è dimezzato scendendo dal 4,84 del 1950 al 2,23 del 2021. Ma, secondo le proiezioni, proseguendo con le dinamiche attuali scenderebbe all’1,83 nel 2050 e addirittura al 1,59 nel 2100. Tradotto in numeri assoluti: le nascite nel mondo avrebbero raggiunto il loro picco nel 2016 toccando quota 142 milioni. Nel 2021 sarebbero già scese a 129 milioni. Ma se il modello statistico fosse confermato, nei prossimi decenni calerebbero ulteriormente arrivando a 112 milioni nel 2050 e (addirittura) a 72 milioni nel 2100.
È evidente che, più si allunga l’arco di tempo considerato, più questi dati vanno presi con le molle. Ma offrono comunque la fotografia di una tendenza oggi in atto. Papa Francesco l’ha colta e additata come una delle grandi sfide del nostro tempo. Sfida che, però, è anche culturale. Proprio agli Stati generali della natalità ha fatto discutere la contestazione di alcuni giovani che hanno impedito di parlare alla ministra della famiglia Eugenia Roccella. Questi ragazzi non esprimevano un malcontento per l’assenza di buone prospettive di lavoro non precario o politiche giovanili; rigettavano proprio l’idea in sé che la natalità, per un Paese, sia un valore da promuovere; l’idea che diventare genitori (e magari avere anche più di un figlio) sia un obiettivo nella vita. Qualcosa di molto simile sta succedendo in Cina dove – a Xi Jinping che, per questioni di sicurezza sociale, torna a premere perché le coppie giovani generino più figli – i giovani cinesi rispondono con il movimento dei Tangping («gli sdraiati»): uno dei cinque no attraverso cui esprimono il loro disagio rispetto alla società cinese di oggi (no alle pressioni per farsi una carriera, no acquistare una casa, no a spingere i consumi ecc.) è proprio «non avere figli».
L’«inverno demografico» non è tanto un problema da risolvere a suon di bonus e sussidi, ma una sfida di senso. Per invertire la tendenza, e non rassegnarsi a un mondo di vecchi, occorrerebbe prenderla sul serio e offrire le ragioni che stanno dietro alla scelta di mettere al mondo un figlio. La Chiesa questo lo sa, ma appare impotente: non può pensare di riuscire a farlo senza ripensare con i giovani di oggi il suo sguardo sulla sessualità. Agli Stati generali della natalità papa Francesco ha accostato le aziende farmaceutiche che producono contraccettivi alle fabbriche di armi che producono bombe. Sono parole passate più inosservate di quelle sulla «frociaggine». Ma per quelli che oggi dovrebbero essere i destinatari dell’appello a fare figli, quelle parole probabilmente sono suonate ancora più sbagliate.