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Nel carnevale delle elezioni indiane

Fili di seta, gli appuntamenti elettorali, da questa parte del mondo, sono business e feste paragonabili soltanto alle Olimpiadi
/ 03/06/2024
Francesca Marino

Metti una sera a cena in una Delhi bollente, con la colonnina di mercurio a circa 46 gradi, le finestre sigillate e l’aria condizionata a temperature polari. Gli ospiti arrivano alla spicciolata, reduci da lunghe code al seggio elettorale sotto il sole rovente. Tutti si chiedono perché diavolo le elezioni in India non possano svolgersi in inverno, ma si tratta di una domanda oziosa. Sanno benissimo difatti che in inverno, o durante la stagione dei monsoni, alcune zone diventano di fatto irraggiungibili e in India tutti devono e vogliono votare. I commissari elettorali viaggiano anche giorni per raggiungere paesini e villaggi dove magari vivono una o due persone, viaggiano anche a dorso di cammello o di elefante. O vanno a piedi, ma vanno: la legge elettorale prevede difatti che nessuno debba viaggiare per più di due chilometri e mezzo per raggiungere il proprio seggio. E d’altra parte sono in molti a votare non nel luogo di residenza ma nel luogo di nascita. In sintesi questo significa che durante tutto il mese scorso più di metà dell’India si è spostata: in aereo, in treno, in macchina o con ogni mezzo disponibile. Molte agenzie di viaggio pubblicizzavano «pacchetti elettorali» con incluso soggiorno in un resort di vacanza, mentre le tariffe, nonostante i tentativi di calmierarle in qualche modo, raggiungevano vette mai raggiunte. Perché le elezioni, in India, non somigliano alle elezioni in nessun altro Paese. L’esercizio del diritto di voto, da queste parti, è ancora considerato un dovere e un privilegio. E scatena, come tutto a queste latitudini, passioni e fenomeni di natura estrema.

Dal 14 aprile ormai ogni angolo di strada è costellato di sagome di cartone più o meno giganti di questo o quel candidato. La benedicente figura di Didi, al secolo Mamata Banerjee (la prima ministra del Bengala occidentale) a Calcutta, specie nel quartiere di Kalighat in cui è nata, campeggia a grandezza più che naturale all’entrata di vicoli e stradine. Oscurando le nere silhouette di ragazze disegnate sui muri dall’artista Leena Kejriwal per sensibilizzare l’opinione pubblica sul traffico di ragazze e bambine di cui Didi non si è mai occupata, ma questa è un’altra storia. A Benares, città sacra per eccellenza e feudo elettorale del premier Narendra Modi, comizi e manifestazioni somigliano più a spettacoli circensi che a kermesse politiche. Dappertutto le folle sono incredibili e vengono amorevolmente coltivate non soltanto dai politici ma da chiunque. Le elezioni, alla fine, sono un business paragonabile, da questa parte del mondo, soltanto alle Olimpiadi. Guadagnano i venditori di acqua e cibo di strada, che offrono generi di conforto alle persone in fila sotto il sole.

Guadagnano quelli che stampano gadget elettorali di vario genere, dai cappellini alle magliette agli adesivi alle famose sagome a grandezza più o meno naturale. Guadagnano le agenzie turistiche, le compagnie aeree, le ferrovie. Guadagnano coloro che organizzano eventi e affittano tendoni, palchi e via dicendo. Guadagnano i lavoratori coinvolti e coloro che fanno servizi di catering. Guadagnano le agenzie che offrono contenuti da mettere in Rete: una grossa parte della campagna si è difatti svolta online, su gruppi whatsapp ma anche con contenuti postati ad hoc e generati con l’intelligenza artificiale.

Ci sono volontari di questo o quel partito che da più di un mese ormai passano le giornate attaccati al cellulare raggiungendo, tra gruppi whatsapp e social media, tra le dieci e le quindicimila persone al giorno. Non solo. Tutti sono bombardati da sms che arrivano dalle fonti più disparate offrendo sconti e bonus elettorali. In pratica funziona così: vai a votare e dopo, con il dito segnato dall’inchiostro semi-indelebile che in India si usa per certificare l’avvenuto voto, puoi andare a mangiare in questo o quel ristorante, a bere un cocktail in un lounge bar, a comprare un capo di abbigliamento o un elettrodomestico ottenendo uno sconto più o meno sostanzioso. Purtroppo, come dicevano un paio di amiche all’ultimo party elettorale, nessuno offre sconti post-elezioni per un bel resort in cui perdere in fretta i chili guadagnati per colpa delle cene, delle feste e dei pranzi elettorali organizzati dai candidati, dai partiti o semplicemente perché familiari e amici che vivono altrove sono arrivati in città per votare.

Ormai siamo agli sgoccioli però: dal 4 giugno avremo finalmente i risultati e anche gli ultimi party per commentare l’esito delle elezioni. Tra stagione dei matrimoni e kermesse elettorali, diceva un’altra amica, un sostanzioso numero di stipendi è finito dentro agli armadi, sotto forma di sari, abiti eleganti e scarpe coordinate: la passione civile ha il suo prezzo, e devi essere disposta a pagarlo. Intanto non ci rimane che una cosa: andare da Mala Akbari, ristorante-lounge bar alla moda che offre cocktail gratis a chiunque arrivi con l’indice marchiato dall’inchiostro violetto del voto. E aspettare le eventuali celebrazioni.