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Dove e quando

Kandinsky, Klee, Marc, Münter… e altri. Espressionisti dalla Fondazione Werner Coninx.

Ascona, Museo Comunale d’Arte Moderna.

Fino al 2 giugno 2024. Orari: ma-sa 10-12 / 14-17, do 10.30-12.30.

www.museoascona.ch


Gli espressionisti di Werner Coninx ad Ascona

Al Museo d’Arte Moderna ci sono i grandi artisti che in piena libertà hanno espresso la loro visione del mondo
/ 29/04/2024
Alessia Brughera

Persona singolare, solitaria, intelligente e riflessiva: così lo scrittore svizzero Max Frisch descrive Werner Coninx nel suo celebre racconto dal titolo Montauk. I due erano compagni di classe al ginnasio di Rämibühl di Zurigo e nel suo scritto Frisch non manca di sottolineare come l’amico avesse un temperamento filosofico e soprattutto validissime opinioni sulle belle arti.

E difatti Werner Coninx, classe 1911, figlio di un importante editore di giornali elvetico, era indubbiamente dotato di una grande sensibilità artistica che, accompagnata da una forte passione, gli ha permesso di raccogliere una delle più considerevoli collezioni d’arte del nostro Paese. Non è un caso che Coninx sia stato anche un pittore, autore di dipinti figurativi dalle atmosfere surreali e di paesaggi dall’accentuata semplificazione geometrica. Dopo gli studi di medicina a Montpellier e di filosofia a Zurigo, infatti, si forma per diventare artista frequentando i corsi dell’Accademia di Henry Wabel e seguendo le lezioni di Victor Surbek.

Proprio di Surbek è la prima opera che entra a far parte della sua raccolta, un quadro intitolato Paesaggio di marzo che il giovane Werner acquista nel 1937, dando così il via a un’entusiastica quanto meticolosa ricerca di lavori selezionati sempre personalmente. Alle mostre, alle aste o negli atelier degli artisti Coninx si recava spesso da solo, quasi circondato da un alone di mistero, e acquistava fidandosi del proprio gusto sviluppato con lo studio dell’arte, della filosofia e della letteratura, nonché affinato attraverso la frequentazione di galleristi e mercanti.

Quando nel 1955 decide di abbandonare la carriera di pittore, il collezionismo diviene la sua attività principale: nel 1980, anno della sua morte, Coninx arriva a radunare ben 14’300 opere, un patrimonio enciclopedico che non solo rispecchia le sue predilezioni artistiche ma diventa anche uno spaccato della cultura di quel periodo. I lavori presenti nella raccolta rivelano un’attenzione particolare agli antichi maestri, all’arte svizzera tra il 1850 e il 1950 e a quella proveniente dai continenti extraeuropei.

Dando uno sguardo all’immensa mole di opere della collezione ci si accorge di come spesso Coninx abbia seguito con scrupolosità l’intero percorso di un artista o di un movimento, andando ad acquisire numerosi lavori che potessero documentarne l’attività in maniera completa. È il caso ad esempio di figure quali Ferdinand Hodler, Ernst Ludwig Kirchner, Marc Chagall e Pablo Picasso o di gruppi quali la Brücke, i Nabis e la Scuola di Barbizon.

Al fine di preservare la propria raccolta d’arte e renderla fruibile al pubblico, il collezionista svizzero istituisce nel 1973 a Zurigo la Fondazione Werner Coninx e nel 1985, cinque anni dopo la sua morte, viene aperto un museo ospitato nella sua casa di famiglia, chiuso poi nel 2011 per motivi finanziari. È così che dal 2016 la Fondazione concede le sue opere in prestito permanente a diversi musei elvetici, dando seguito alla volontà di Coninx di far sì che la sua collezione possa essere accessibile a tutti.

Nel novero delle istituzioni beneficiarie c’è anche il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona, a cui è stato affidato un patrimonio di ben 189 lavori di artisti del Blaue Reiter e del Bauhaus e di figure che hanno vissuto ad Ascona o che hanno avuto un legame con il Locarnese.

Per valorizzare questo importante nucleo, il Museo di Ascona ospita una mostra che si pone come la prima di una serie di rassegne volte proprio a far conoscere le opere della Fondazione. Per l’esposizione iniziale i curatori hanno deciso di presentare una cinquantina circa di pezzi della collezione Coninx affiancati da altri lavori conservati in musei pubblici e in raccolte private.

La mostra si concentra su quattordici artisti accomunati dal loro legame con la Neue Künstlervereinigung München (Nuova Associazione degli Artisti di Monaco) e con il Blaue Reiter (Cavaliere azzurro), ovvero dalla loro appartenenza al cosiddetto «Espressionismo lirico» monacense, incarnazione di un modo di concepire l’arte basato su una visione spirituale del mondo. Attraverso un linguaggio innovativo, questi artisti progressisti ripudiavano i valori di una società contemporanea sempre più dogmatica cercando invece rifugio in una dimensione mistica in cui potersi sentire parte di un tutto: nella Germania di inizio Novecento, periodo di profondi mutamenti sociali ed economici, il malessere scaturito dalla consapevolezza di un profondo squilibrio tra la realtà e le loro aspirazioni li porta a reclamare l’importanza dell’emotività, dell’inconscio e dell’istinto. Da qui il loro interesse per le credenze esoteriche, per le religioni precristiane e orientali, per il folclore e per tutte quelle forme d’arte primitiva capaci di riportarli a una condizione primigenia, ancestrale, dove la razionalità soccombe alla vitalità dello spirito.

Tra queste figure che inneggiano a «un’arte dell’emozione» incontriamo nella rassegna asconese Wassily Kandinsky, Marianne Werefkin (nell’immagine piccola il suo Hôtel du L[ac], anni 1920), Gabriele Münter, Franz Marc, August Macke, Paul Klee, Heinrich Campendonk, Louis René Moilliet, Richard Seewald, Adolf Hölzel, Conrad Felixmüller, Robert Genin, Andreas Jawlensky e Ignaz Epper. Maestri che nella vivace Monaco di Baviera dell’inizio del XX secolo hanno messo al centro della loro ricerca la «necessità interiore».

Nel percorso espositivo, che abbina, quando possibile, opere pittoriche e opere grafiche di ogni artista, troviamo in apertura il dipinto Autunno – Scuola di Marianne Werefkin, datato 1907, emblematico della capacità della pittrice di rendere la realtà in maniera soggettiva, approdando a un’arte espressiva in cui linee e colori, qui debitori dei Nabis francesi, sono scelti per la loro energia visionaria. Anche i lavori di Gabriele Münter, si veda ad esempio Mazzo di fiori estivo, Lana del 1908, e di Wassily Kandinsky, come la xilografia Arciere datata 1908-09 (proprio gli anni in cui i due artisti soggiornano con la coppia Werefkin-Jawlensky a Murnau, nelle Prealpi bavaresi), rivelano la forza delle tinte antinaturalistiche e simboliche nonché uno stile sempre più improntato all’astrazione.

Di Franz Marc, pittore tra i più notevoli rappresentanti dell’Espressionismo tedesco, sono esposte le xilografie realizzate per la serie della Tierlegende, dove i suoi amati animali diventano metafora del rapporto empatico dell’artista con la natura. Amico fraterno di Franz Marc è August Macke, di cui la mostra asconese espone alcune opere esplicative del variegato percorso che ha visto il pittore accostarsi a diverse tendenze, dal postimpressionismo francese ai Fauves, dal Blaue Reiter al cubismo orfico, mantenendo sempre uno stile personale capace di raccontare la realtà in un modo nuovo.

Ecco poi i raffinati lavori dello svizzero Louis René Moilliet realizzati con l’acquarello, tecnica a lui particolarmente congeniale scoperta nel 1914 durante il viaggio in Tunisia con gli amici August Macke e Paul Klee. Anche quest’ultimo è presente in mostra con un dipinto e con due disegni in cui il linguaggio essenziale, ironico e infantile rivela la sua attitudine a esplorare il mondo con uno sguardo incontaminato.

Di grande interesse sono anche le opere degli artisti Heinrich Campendonk, Conrad Felixmüller (di cui sono esposte le coloratissime xilografie dal titolo ABC – Un alfabeto in immagini scosso e smosso, nella foto grande) e Richard Seewald, seguite a fine percorso da quelle dello svizzero Ignaz Epper e dei russi Andreas Jawlensky e Robert Genin, animatori dell’ambiente culturale di Ascona tra i due conflitti mondiali.

Tutti artisti che hanno manifestato con piena libertà la loro personalità e la loro visione del mondo intrisa di lirismo e che hanno fatto della loro creatività uno strumento per ritrovare un’armonia perduta e le radici più autentiche del loro essere.