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Le battaglie dei contadini svizzeri

Accusando le crescenti pressioni economiche e politiche, negli ultimi mesi gli agricoltori sono scesi in piazza manifestando la loro rabbia con trattori e campanacci. Le loro rivendicazioni nel contesto di un momento difficile per tutti
/ 25/03/2024
Luca Beti

La vita del contadino viene a volte idealizzata. I romantici sognano di fuggire la città per rifugiarsi in campagna, in un paesaggio idilliaco dove farsi cullare di notte dai campanacci delle mucche al pascolo o dal mormorio di una fontana. Chi è cresciuto con la falce, la forca e il rastrello, lavorando d’estate sette giorni su sette, faticando sotto un sole battente, sa che la vita del contadino e della contadina è fatta di tanta fatica. Il capo azienda non ha tempo di sognare, ma deve fare quadrare i conti. E da un po’ i conti non tornano più per molti agricoltori. Ogni anno circa 500 fattorie chiudono i battenti in Svizzera, da una parte perché i proprietari non trovano un successore, dall’altra perché gettano la spugna.

Con una media di circa 17 franchi all’ora, i redditi in agricoltura sono inferiori a quelli dei settori secondario e terziario. Questa situazione obbliga il 93% delle famiglie di contadini a lavorare al di fuori dell’azienda agricola. Dopo un periodo di costante crescita tra il 2015 e il 2021, il reddito agricolo è diminuito dell’1,3% nel 2022, attestandosi mediamente a 79’700 fr. per azienda. Tra le principali cause ci sono la crescita del tasso d’inflazione, il massiccio incremento dei mezzi di produzione e l’aumento del costo dell’energia, dei combustibili fossili e dei fertilizzanti minerali a causa della guerra in Ucraina. Così, all’inizio dell’anno i contadini svizzeri hanno dato voce alla loro frustrazione. Con i loro trattori hanno lanciato un SOS, segnalando la precarietà di un settore che si sente alla mercé, da un lato, della politica agricola che impone nuovi requisiti e prescrizioni a quasi ogni piè sospinto, aumentando sia il carico amministrativo sia le spese, dall’altro lato, dei grandi distributori al dettaglio che, a dire di chi protesta, fissano prezzi troppo bassi per i prodotti agricoli. Omettendo gli altri attori della catena, come i trasformatori e le cooperative d’acquisto.

Inoltre ci sono protagonisti della grande distribuzione che fanno grandi sforzi per sostenerli. Migros Ticino, ad esempio, propone nei propri negozi i «Nostrani del Ticino», oltre 520 tipicità della regione che rappresentano un impegno molto concreto nel sostenere agricoltori, allevatori e produttori alimentari ticinesi. La situazione per loro resta comunque difficile. Le votazioni federali sull’acqua pulita, sui pesticidi o sull’allevamento intensivo hanno esacerbato il conflitto tra organizzazioni ambientaliste e mondo agricolo, allargando il fossato tra mondo urbano e rurale. Gli agricoltori vengono sempre più spesso etichettati come avvelenatori della natura e torturatori degli animali. Inoltre, decisioni come quella del Governo ticinese di dimezzare l’importo per il «tax free» da 154,90 a 70 euro, rappresentano per i contadini ticinesi un’ulteriore fonte di preoccupazione.

Rispetto a quelle all’estero, le proteste in Svizzera si sono svolte in maniera pacifica. Se inizialmente i contadini si mettevano al volante dei trattori, ultimamente scendeno in strada a piedi, indossando la camicia con la stella alpina e suonando i campanacci, trasformando le manifestazioni in scampagnate per famiglie. Come ricordato da Markus Ritter, il presidente dell’Unione svizzera dei contadini, un confronto duro potrebbe compromettere il favore di cui godono tra la popolazione. Infatti, in settembre, le e gli aventi diritto di voto saranno chiamati ad esprimersi nuovamente su un’iniziativa ambientale, quella sulla biodiversità, che potrebbe avere importanti ripercussioni sui metodi e sulla superficie di produzione in Svizzera.

Nel frattempo l’organizzazione Interprofessione Latte ha deciso di accogliere parzialmente le loro rivendicazioni, aumentando il prezzo del latte di tre centesimi da luglio. Markus Ritter ha poi comunicato che l’Unione svizzera dei contadini accompagnerà le trattative con i principali distributori al dettaglio. L’obiettivo è ottenere un aumento dei prezzi del 5-10% sui vari prodotti agricoli. E il Governo del Canton Vaud ha annunciato la diminuzione dell’onere amministrativo e dei controlli del 30%, presentando una nuova strategia agricola cantonale. Già nel 1996 oltre 10’000 contadini di tutto il Paese si erano diretti a piedi verso la Piazza federale per sfogare la rabbia nei confronti del ministro dell’economia Jean-Pascal Delamuraz e del Consiglio federale che intendevano fare ammazzare 230’000 vacche per contenere la diffusione del morbo della mucca pazza. La protesta finì nella nebbia dei lacrimogeni lanciati dalla polizia. Nel 2009, a Saignelégier (Giura), i membri di Uniterre, sindacato di categoria della Svizzera francese, hanno lanciato una trentina di stivali sporchi di letame verso la consigliera federale Doris Leuthard, rea di non fare abbastanza per contrastare il calo del prezzo del latte, diminuito in pochi mesi del 30%. E nel 2015 migliaia di contadini tornarono a Berna per contestare i piani di risparmio in agricoltura decisi dal Governo. Questa volta la manifestazione si svolse senza incidenti.

Nonostante godano dei favori di una parte della popolazione, soprattutto di quella rurale, i contadini sono confrontati con chi trova che «il settore agricolo si crogioli nei privilegi», questo il titolo provocatorio di uno studio di Avenir Suisse. Patrick Dümmler, economista presso il «think tank» liberale e autore dell’analisi, sostiene che molti contadini, soprattutto quelli di pianura, stanno molto bene e che le proteste presentano un quadro distorto della situazione. In un’intervista alle testate del gruppo Tamedia, l’esperto in scienze agrarie precisa che il reddito totale per azienda, incluse le entrate da un’attività extra agricola, ha raggiunto i 111’000 franchi. «Ai contadini le cose sono andate molto bene negli ultimi dieci-quindici anni. E allora mi chiedo: perché stanno protestando?». Malgrado alcune analogie, le manifestazioni in Svizzera non sono paragonabili a quelle all’estero, in gran parte perché il settore opera in un contesto diverso. Nel nostro Paese i pagamenti diretti e il sostegno statale sono molto maggiori. In aggiunta viene applicata una protezione doganale e vengono fissati contingenti sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, garantendo la stabilità e i prezzi indigeni, sottraendo gli agricoltori alla pressione del mercato europeo. Ancora un’osservazione: a differenza dei Paesi vicini, dove i contadini hanno poca voce in capitolo in politica, il settore agricolo è tra i più rappresentati nel Parlamento svizzero, con circa una quarantina di consigliere e consiglieri nazionali e agli Stati vicini al mondo rurale. Il Club agricolo dell’Assemblea federale conta addirittura un centinaio di membri.