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Il diritto di contare anche nelle statistiche
Dallo scorso primo marzo negli studi della Confederazione si devono analizzare le differenze in base al sesso
Marialuisa Parodi
Le donne svizzere possono festeggiare l’8 marzo 2024 con un significativo progresso verso la parità. Nella seduta del 31 gennaio il Consiglio federale ha infatti stabilito che, negli studi e nelle statistiche della Confederazione, si devono analizzare gli effetti di genere e le differenze in base al sesso e integrarli nelle pubblicazioni. Contestualmente, ha emanato delle direttive per disciplinare il campo di applicazione, le procedure e le modalità con cui questo obbligo dovrà essere assolto. In particolare ogni attività statistica, nuova o esistente, dovrà condurre un esame di pertinenza e, a tale scopo, l’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU) ha già messo a disposizione uno strumento online in forma di domande guida. La decisione, entrata in vigore il 1° marzo, deriva dai risultati di uno studio indipendente, commissionato dallo stesso UFU, che ha sostanzialmente confermato quanto osservato dalla mozione «Migliorare i dati sugli effetti sui due sessi», presentata dalla consigliera agli Stati Eva Herzog nel 2020 e ora adempiuta con le suddette direttive. La mozione riferiva di importanti lacune nella raccolta, nell’analisi e nella pubblicazione dei dati di statistica pubblica, in quanto non sufficientemente disaggregati per sesso; e di come tale mancanza contribuisse a rallentare i progressi nella chiusura dei divari di genere in ogni ambito (dal mercato del lavoro alla medicina; dalla pianificazione territoriale alle finanze ecc.), oltre che a perpetuare pericolosi stereotipi.
Già precedentemente la questione era stata posta anche dal Comitato CEDAW, l’organo internazionale incaricato di monitorare l’osservanza della Convenzione ONU per l’Eliminazione delle discriminazioni contro le donne, emessa nel 1979 e ratificata dalla Svizzera poi nel 1997; ancora nell’ultimo rapporto sul nostro Paese, il sesto, dell’ottobre 2022, sussistevano raccomandazioni in merito ai dati di genere, ritenuti ancora insufficienti. È senz’altro un tema globale, più complesso da gestire negli Stati dove la responsabilità della raccolta dei dati statistici è diffusa tra diversi organismi, distinti per area d’azione, obiettivi e competenza geografica, come nel nostro caso, e dove diverse metodologie si sovrappongono. Importante, a questo proposito, il lavoro svolto dall’Ufficio federale di statistica (UFS) che ha concorso alla decisione del Consiglio Federale: nell’ambito del Programma di statistica pubblica 2024-2027 è stata infatti elaborata una panoramica di ogni attività svolta dai vari produttori di dati e analisi, con l’obiettivo di censire se e quando la variabile sesso sia disponibile, sia pubblicata e, nel caso non fosse né disponibile né pubblicata, indagarne i motivi.
Va detto che la pandemia ha marcato un’accelerazione dell’impegno internazionale verso l’eliminazione dei gap di genere nella statistica pubblica. Troppo spesso, infatti, l’assenza di dati affidabili si è tradotta in vera e propria impotenza, con l’impossibilità di raggiungere, con azioni mirate, proprio le donne, il target più colpito dalla crisi economica e sociale, non a caso poi ribattezzata she-cession. Vi è infine un altro elemento che val la pena sottolineare riguardo alla portata, anche culturale e politica, di questo impegno assunto dalla Confederazione: gli obiettivi dichiarati non si limitano all’ottimizzazione del sistema di raccolta e trattamento dei dati, ma richiamano esplicitamente il miglioramento delle conoscenze e della comprensione degli effetti di genere. La misura, che è entrata a far parte della Strategia Parità 2030, va quindi intesa come un auspicio a che i dati servano ad accrescere la consapevolezza e siano tradotti in azione politica ispirata al gender budgeting, capace cioè di tener conto dei diversi effetti su uomini e donne. Un traguardo, quest’ultimo, anche raccomandato dal CEDAW, per cui la disponibilità di dati statistici differenziati per sesso era propedeutica. Auguriamoci allora di raggiungerlo presto, a rallegrare un prossimo 8 marzo delle donne svizzere.