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Dove e quando

Fortunato Depero e Gilbert Clavel. Futurismo = sperimentazione Artopoli.

m.a.x. museo, Chiasso.

Fino al 7 aprile 2024.

Orari: ma-do 10-12 / 14-18.

www.centroculturalechiasso.ch


Depero e Clavel, la bellezza di un sodalizio creativo

Curata da Luigi Sansone e Nicoletta Ossanna Cavadini, la mostra al m.a.x. museo rende omaggio ai due grandi artisti
/ 04/03/2024
Alessia Brughera

«Un signore piccolo, gobbo, con naso rettilineo come uno squadretto, con denti d’oro e scarpette femminili, dalle risate vitree e nasali. Un uomo di nervi e di volontà, dotato di una cultura superiore. Professore di storia egizia, indagatore ed osservatore con sensibilità d’artista, scrittore, amante del popolo, del verso e della metafisica […]. Compositore di liriche, era anche un gaudente e un sofferente». È così che Fortunato Depero, uno dei massimi esponenti del Futurismo italiano, descrive l’intellettuale svizzero Gilbert Clavel.

L’uno, Depero, artista rivoluzionario e innovatore, firmatario (con Giacomo Balla) del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo in cui proclama l’esigenza di un’arte totale capace di ridefinire il mondo attraverso una sua radicale trasformazione, è pittore, illustratore, scenografo, sceneggiatore e costumista, sempre teso alla più audace sperimentazione dei linguaggi e delle modalità espressive.

L’altro, Clavel, nato in un’agiata famiglia di industriali basilesi, è un uomo colto, istrionico e brillante benché affetto da tubercolosi ossea sin dall’infanzia e da un’evidente malformazione della spina dorsale causata da una grave caduta avuta da bambino. Visionario, eccentrico e dalla cultura cosmopolita, è un personaggio che, nonostante il suo «guscio difettoso», riesce ad affascinare grazie alla sua intraprendenza e al suo spirito libero vicino alle correnti più avanguardistiche, guadagnandosi l’appellativo di «Apollinaire svizzero».

L’incontro tra i due avviene a Roma, nel novembre del 1916. Depero è nel suo studio e sta lavorando agli scenari e ai costumi dello spettacolo Le chant du Rossignol, che gli sono stati commissionati dal celebre creatore dei Balletti Russi Sergej Djagilev. Quando Clavel arriva all’atelier insieme a Michail Semënov, mediatore di Djagilev, è molto colpito dal bozzetto plastico dell’artista roveretano: «Entra nel mio studio e rimane sorpreso. Così ci conosciamo e diventiamo amici. Dopo pochi giorni la nostra comprensione diventa fraterna e profonda, e mi invita suo ospite a Capri», scrive Depero stesso.

Quell’incontro è in realtà un colpo di fulmine per entrambi. Se Clavel è attratto dal lavoro di Depero, Depero, da parte sua, è attratto dalla personalità dirompente di Clavel. E non solo. A interessarlo è proprio la fisicità particolare dell’amico, che per via della deformazione, della struttura esile e della bassa statura richiama alla memoria una marionetta. L’anomalia del corpo di Clavel lo affascina a tal punto che spesso Depero passeggia con lui per le strade con una finta gobba realizzata con un cuscino. E nelle opere dell’artista che riproducono l’intellettuale svizzero (Clavel è la persona più ritratta da Depero) questa malformazione diventa il tratto distintivo, l’aspetto qualificante.

Da quel novembre del 1916 inizia così una complicità fraterna tra Depero e Clavel basata su una consonanza di intenti che porterà a un intenso sodalizio creativo. Sarà una divergenza di natura economica a interrompere bruscamente questa amicizia, nel 1922, ma gli anni della collaborazione tra i due costituiscono un periodo incredibilmente fertile che ha segnato in maniera indelebile l’esperienza futurista.

La mostra allestita negli spazi del m.a.x. museo di Chiasso, curata da Luigi Sansone e Nicoletta Ossanna Cavadini, si concentra proprio sull’intesa artistica tra queste due emblematiche figure del Novecento, un argomento sinora poco indagato che, grazie alla rassegna, viene debitamente approfondito.

Le opere radunate – oltre duecento tra dipinti, disegni, bozzetti, studi, marionette, arazzi, fotografie e documenti – non solo testimoniano una relazione artistica davvero feconda e originale, ma offrono anche nuove prospettive interpretative sulla ricerca pittorica di Depero e sull’apporto di Clavel al Futurismo. Interessanti da questo punto di vista sono i materiali provenienti dall’Archivio di Stato di Basilea-Città e alcuni di quelli prestati dal Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, questi ultimi oggetto di una storia affascinante: sono infatti tornati alla luce negli anni Novanta dopo essere stati scovati nello scomparto segreto della libreria dello studio di Clavel nella sua celebre Torre di Fornillo.

Il percorso di mostra tocca le tappe più importanti del rapporto tra Depero e Clavel attraverso le esperienze condivise che hanno segnato la loro collaborazione. Artopoli, utopica «città dell’arte» che nel periodo tra le due guerre mondiali ha richiamato letterati, musicisti, artisti e illustri personaggi sulla suggestiva isola di Capri, non poteva che aprire l’itinerario espositivo. Alla colonia artistica caprese Depero e Clavel danno un contributo fondamentale animando con entusiasmo questo avanguardistico cenacolo di cui hanno fatto parte, tra gli altri, Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini, Julius Evola e, per un breve periodo, anche Pablo Picasso e Jean Cocteau. La mostra si sofferma sul fenomeno di Artopoli, esponendo una ventina di opere di artisti che hanno frequentato il territorio partenopeo insieme a libri e documenti che testimoniano l’importanza di questa «parentesi geniale nella storia dell’arte italiana», come la definisce Luigi Sansone del suo saggio in catalogo.

Proprio a Capri, nel 1917, Depero ha il lampo d’intuizione da cui nascono i suoi celebri Balli Plastici, creazioni spettacolari e rivoluzionarie che traggono forza dall’amicizia straordinaria con Clavel. I Balli plastici sono una delle prime sperimentazioni di teatro d’avanguardia basate su un principio semplice quanto dirompente: «Gli attori sono marionette dai movimenti meccanici e rigidi: personaggi che richiamano i valori dell’infanzia, del sogno, del magico». Sostenuto da Clavel, economicamente e intellettualmente, Depero dà quindi vita a questo lavoro radicale che va in scena per la prima volta nel 1918 al Teatro dei Piccoli a Roma. Ai Balli plastici, che non ebbero un grande successo di pubblico, forse proprio perché troppo precoci, la rassegna dedica un’intera sala documentando tutte le fasi di realizzazione del progetto, dagli schizzi in china e matita alle tele a olio fino ad arrivare alle marionette in legno, ricostruite nel 1980, che si presentano ai nostri occhi in tutta la loro vivacità cromatica e carica onirica.

Centrale nel rapporto tra Depero e Clavel è la Torre di Fornillo, luogo di ispirazione che ha custodito la memoria della loro fratellanza. L’andamento labirintico della Torre, con i suoi suggestivi spazi sotterranei, ispira anche le illustrazioni eseguite da Depero per la novella onirica di Clavel Un istituto per suicidi, un testo satirico pubblicato nel 1917 in cui viene trattato, precorrendo ampiamente i tempi, un tema molto caro all’intellettuale basilese: il suicidio autorizzato dallo Stato. Viste le sue condizioni di salute, Clavel vede la morte come una preoccupazione costante, una specie di ossessione, e i carboncini di Depero esposti in rassegna, dai forti contrasti chiaroscurali, restituiscono bene l’atmosfera visionaria e surreale dell’opera letteraria.

Accanto al materiale dedicato a questa novella, nell’ultima sala del museo troviamo alcuni lavori di Depero che raffigurano Clavel. Ci colpiscono I creatori dei Balli Plastici Depero e Clavel, del 1918, una serie che comprende un acquarello, una china e la cartolina stampata in cui i due personaggi ci appaiono in tutta la loro intesa intellettuale: l’uno, Depero, tiene in mano una matita in cui convergono le sue doti creative rese sotto forma di fasci, l’altro, Clavel, appare dietro di lui, con la sua gobbetta, con il suo bastone e con il viso sorridente vicino a quello dell’amico, come se gli stesse sussurrando qualcosa all’orecchio. Un’immagine che sintetizza splendidamente il loro rapporto di intensa complicità, di profonda stima e di grande ironia.