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Un nuovo corso?

In Italia Giorgia Meloni ed Elly Schlein: duellanti che sanno cooperare ottenendo risultati
/ 26/02/2024
Cristina Marconi

Che duri o meno, è una stagione felice per la politica italiana, quella in cui due donne sono alla guida di Governo e opposizione e, al di là della divergenza di opinioni di cui sono portatrici, trovano una maniera intelligente di cooperare. Giorgia Meloni ed Elly Schlein stanno facendo questo: per calcolo, perché questo fanno le politiche, hanno agito in sincrono in un’occasione importante e hanno ottenuto risultati di rilievo. Il primo è stato gestire in maniera astuta una questione delicata per entrambe: il Medioriente. Il secondo è stato mandare un messaggio di autonomia e decisionismo ai rispettivi alleati politici, che hanno reagito con una stizza tale da far pensare che il colpo sia andato a segno. Il terzo è un risultato culturale in un Paese che sta facendo un po’ fatica, per usare un eufemismo, ad accettare il cambio di passo in corso nel rapporto tra i sessi. Pubblicizzare i loro contatti ha avuto l’effetto di elevarle entrambe e migliorare almeno di poco l’atmosfera in un dibattito politico molto deteriorato.

La fascinazione che la stampa prova per questo presunto «inciucio in rosa» dimostra l’assoluta rarità dello scenario. Se «Memole il folletto contro il manga Occhi di gatto» è il tono scelto dalla grande stampa («Corriere della sera»), è facile immaginare cosa hanno fatto testate dai toni meno istituzionali per raccontare l’evento, ossia la decisione di Fratelli d’Italia di astenersi sulla mozione del PD sul cessate il fuoco immediato a Gaza a metà febbraio dopo aver aperto un canale di telefonate con Schlein. Quest’ultima ha messo a segno un colpo politico, mostrando un po’ di quella scaltrezza che finora le è mancata, mentre Meloni ha potuto allinearsi discretamente alla sensibilità della Casa Bianca, dove Joe Biden sta manifestando una crescente insofferenza verso la portata disumana assunta dalla reazione di Netanyahu agli attacchi del 7 ottobre. Si sono salvate la faccia a vicenda, come da sempre fanno i politici maschi. Solo che, essendo due donne, è una notizia.

Per Matteo Salvini e Giuseppe Conte, le seconde file involontarie di questo asse, l’orizzonte di attesa è la possibile rielezione di Donald Trump, che farebbe tornare di moda un certo brand di polemica e populismo. A loro la polarizzazione serve, se ne nutrono, mentre a Meloni e Schlein no: entrambe devono crescere, una deve migliorare la sua caratura istituzionale e la sua immagine internazionale, in cui l’accusa di fascismo risuona più che in Italia, mentre l’altra, che ha acceso un certo entusiasmo all’estero, non può accontentarsi di gridare al fascismo in eterno. Alcuni parlano di «sincronia di rogne» da gestire insieme, come ad esempio il nodo del terzo mandato per i governatori delle Regioni, a cui entrambe sono fermamente contrarie. Meloni vuole vedere liberare il Veneto, sia perché immettere Luca Zaia nel circuito nazionale crea enormi nervosismi nella Lega, sia perché ha bisogno che il suo partito governi una delle regioni del Nord. Schlein perché ha tre oppositori interni ingombranti in De Luca, Emiliano e Bonaccini e preferirebbe mettere gente più leale alla sua segreteria. Quando il governatore della Campania ha usato epiteti inaccettabili nei confronti della premier, Schlein non l’ha difesa: sarebbe stato troppo, e poi anche da Fratelli d’Italia il linguaggio non è sempre aulico.

Le due donne non potrebbero essere più diverse, e su questo sono stati già spesi fiumi d’inchiostro. Sicuramente su quelle diversità dovranno tornare a insistere, ma per molti sarebbe bene che la sintonia andasse al di là delle questioni demagogiche su cui è saggio trovare una linea accettabile: magari parlassero di riforme vere, di famiglie e di natalità, di ambiente e di tutto quello che fa la realtà quotidiana di un Paese, di una società. Uno dei punti di forza di questo possibile asse è che le due non hanno nessuna speranza di attirare a sé l’elettorato dell’altra, mentre possono invece pescare sia nella Lega che nei Cinque Stelle se emergono come la persona forte al comando. Donne di potere, che agiscono come tali e che, all’occasione, si preparano a duellare. Dovrebbe infatti tenersi a fine marzo il faccia a faccia televisivo – potrebbero essere due appuntamenti – tra le due in vista delle europee. Meloni è più centrata sul suo messaggio, la sua è una leadership matura, mentre Schlein ancora non ha trovato una sua voce e non ha quasi nessun appeal nazionalpopolare, tanto che Lilli Gruber le disse: «Ma chi la capisce se parla così?». Però si prepara, basta guardare i suoi vecchi video a Strasburgo in cui attaccava la Lega per capire che quando vuole ha una sua efficacia. Mentre in Sardegna campeggiano i poster con il profilo di Meloni e lo slogan «Forte e fiera», la leader del PD è costantemente in bilico, non ha conquistato il partito e il futuro di questo timido dialogo è tutto nelle sue mani. Una candidatura di entrambe come capolista in tutte le circoscrizioni potrebbe aumentare l’affluenza, secondo i sondaggisti. Interessante. La narrativa delle due donne, delle due duellanti che però sanno trovare un modo di lavorare insieme quando serve, è più accattivante del previsto e potrebbe inaugurare una nuova stagione, un nuovo modo di fare le cose.