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Verso la liberalizzazione del traffico ferroviario?
Nel nuovo pacchetto negoziale Svizzera-Ue c’è un capitolo problematico relativo all’accordo sui trasporti terrestri
Roberto Porta
Ritorno alla casella di partenza. È questa una delle beffe più temute per chi si diletta con il «gioco dell’oca», specie se si è ormai vicini al traguardo. Ed è il rischio da scongiurare anche nelle manovre di avvicinamento tra Svizzera ed Ue in corso da tempo, per la definizione di quelli che vengono chiamati i «Bilaterali tre». Finora c’è stata una lunga serie di incontri preliminari e ora, casella dopo casella, si è ormai vicini all’obiettivo, all’apertura di un nuovo negoziato ufficiale tra Berna e Bruxelles. Il Consiglio federale ha approvato un mandato negoziale ed è pronto a sedersi al tavolo delle trattative, ma prima di farlo ha aperto una consultazione per capire che aria tira nel Paese. I sindacati sono stati tra i primi a scoprire le loro carte, con parole che non lasciano spazio a dubbi: l’aria che tira è di quelle pesanti. Ne sono una conferma i toni battaglieri usati dal presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard, in una recente intervista alla «NZZ am Sonntag». Per il neo-consigliere agli Stati socialista l’impostazione data finora agli accordi settoriali che compongono questi «Bilaterali tre» rischia di mettere a repentaglio salari e condizioni di lavoro, in particolare a causa dei lavoratori distaccati in arrivo dai Paesi dell’Unione europea. «Nessuno si deve fare delle illusioni», ha fatto notare Maillard, «se il testo rimane così come è, noi non lo sosterremo». L’opposizione sindacale su questo punto non è nuova, e ricalca quella formulata per contribuire ad affossare il cosiddetto «accordo quadro», intesa che il Consiglio federale ha abbandonato nella primavera del 2021.
Tornando al presente, il fronte sindacale pare non tenere molto in considerazione il fatto che l’Unione europea sia disposta ad accordare alla Svizzera una «clausola di non regressione». In altri termini il nostro Paese non sarà obbligato a riprendere nuove regole europee, se queste ultime dovessero comportare un peggioramento delle condizioni di lavoro sul nostro territorio. I sindacati sono preoccupati in particolare per quanto riguarda la diffusione del lavoro interinale e la possibile ripresa della prassi europea sui rimborsi delle spese lavorative. E per questo chiedono di accrescere il numero di settori professionali coperti da un contratto collettivo di obbligatorietà generale. Aspetto, questo, che vede il padronato su posizioni diverse, e qui in parallelo ai possibili negoziati con l’Ue ci sarà bisogno anche di appianare queste divergenze tutte interne al nostro Paese.
Ma al di là di questo tema, nel nuovo pacchetto negoziale c’è un altro capitolo che rischia di creare parecchi mal di testa dentro e fuori i nostri confini nazionali. Ed è il capitolo relativo all’accordo sui trasporti terrestri. Nei documenti che con grande trasparenza il Dipartimento federale degli affari esteri ha pubblicato sul proprio sito si legge: «La Svizzera dovrà liberalizzare il trasporto ferroviario internazionale dei passeggeri. Ciò significa che in futuro anche compagnie ferroviarie straniere potranno offrire collegamenti ferroviari in Svizzera». Fine della citazione e inizio dello sbigottimento. Aprire il mercato ferroviario elvetico significa toccare uno dei capisaldi del nostro Paese, la Svizzera si è costruita nella storia, dall’800 in poi, anche attorno ai propri binari. Su richiesta – e pressione – dell’Unione europea il negoziato con Bruxelles potrebbe condurre a questo cambio di marcia di portata epocale. È un argomento di cui finora si è parlato relativamente poco, ma che rischia di essere esplosivo.
Nel concreto, la compagnia tedesca Flixtrain o l’italiana Trenitalia, per fare solo due esempi, potranno offrire collegamenti all’interno del nostro Paese, in concorrenza con quelli delle compagnie elvetiche. Già oggi succede ma per farlo gli operatori stranieri devono trovare un accordo e collaborare con le Ferrovie ferroviarie svizzere. È il caso in Ticino per i collegamenti Tilo, che offrono trasporti transfrontalieri grazie ad un partenariato tra le FFS e l’italiana Trenord. Ora però la prospettiva è un’altra: l’apertura del nostro mercato alla concorrenza europea. E in campo è sceso un altro sindacato, quello del personale dei trasporti, il Sev. Per il suo presidente, Matthias Hartwich, «la liberalizzazione che è stata imposta in alcune regioni dell’Europa ha spesso portato a un calo dell’offerta, a un peggioramento delle condizioni di lavoro e a problemi nella puntualità dei treni». Per il Sev in pericolo c’è «il sistema dei trasporti ferroviari nel suo insieme». Né più, né meno. Va detto che questo sindacato è comunque pronto a sedersi al tavolo delle trattative con il Consiglio federale, proprio per discutere di questa possibile liberalizzazione. Sta di fatto che l’accordo sui trasporti terrestri potrebbe presto tornare di prepotenza al centro dell’attenzione, come del resto avvenne già in passato quando si trattò di negoziare il primo pacchetto di accordi bilaterali, nella seconda metà degli anni ’90.
Allora l’Unione europea faceva pressione per poter permettere ai propri autotrasportatori di attraversare la Svizzera con camion da 40 tonnellate. La Svizzera insisteva nel difendere il limite delle 28 tonnellate, fino a quando fu costretta a cedere alle pressioni europee. Nell’accordo Berna ottenne di poter prelevare la tassa sul traffico pesante, ancora oggi in vigore, allo scopo in particolare di finanziare i grandi progetti ferroviari del nostro Paese, Alptransit in primis. Ora dalla strada il braccio di ferro con Bruxelles rischia di passare ai binari e alla liberalizzazione del traffico ferroviario, un nodo da sciogliere che non andrà di certo sottovalutato. In conclusione, va ricordato che il mandato negoziale è in consultazione ancora per qualche settimana. Detto dei sindacati, l’UDC ha già fatto sapere di essere contraria, in particolare per quanto riguarda il capitolo della ripresa dinamica del diritto europeo e il ruolo della Corte europea di giustizia. Al di là del posizionamento degli altri partiti – che dovrebbero nel loro insieme appoggiare quanto propone il Consiglio federale – un ruolo centrale lo avranno anche i Cantoni, per capire se ci sarà davvero una maggioranza di Governi cantonali a sostegno della linea proposta da Ignazio Cassis. A detta del ministro degli Esteri ci sono comunque ancora «delle questioni da regolare», sia internamente, sia con Bruxelles. Lo scopo finale è quello di aprire i negoziati con l’Ue e di evitare di tornare ancora una volta alla casella di partenza.