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Nuovo Governo con qualche sorpresa
Beat Jans sarà ministro di giustizia e polizia: sostituirà l’altra socialista, Elisabeth Baume-Schneider, che prenderà il posto lasciato libero da Alain Berset
Roberto Porta
E alla fine c’è stato spazio anche per una sorpresa. L’elezione del Consiglio federale di mercoledì scorso ha portato ad un imprevisto rimpasto dipartimentale tra i due ministri socialisti: Elisabeth Baume-Schneider cambia casacca e passa al Dipartimento dell’interno, mentre il neo-eletto Beat Jans, al momento presidente del Governo di Basilea-città, la sostituirà alla testa del Dipartimento di giustizia e polizia. È l’ultimo capitolo di questo lungo anno elettorale. Lo affrontiamo attraverso alcuni dei protagonisti di quest’ultima settimana ma anche ricordando un altro illustre basilese.
Hans-Peter Tschudi
Iniziamo da questo ex consigliere federale perché la sua figura condensa in sé diversi aspetti della politica svizzera di cui si discute ancora oggi. Scomparso nel 2002, socialista, in Governo per 14 anni a partire dal 1959, Tschudi venne eletto malgrado non fosse il candidato ufficiale del PS, questo per dire che già allora capitava che il Parlamento sconfessasse il volere di un partito. Il ministro basilese inaugurò inoltre la lunga stagione della «formula magica», nata proprio nel 1959 con l’elezione contemporanea di ben quattro nuovi consiglieri federali e con uno schema di Governo che prevedeva due ministri ciascuno per il PLR, i conservatori e i socialisti e uno per quella che oggi chiamiamo UDC. Una formula che oggi presenta una diversa ripartizione partitica – l’UDC ha due ministri e il Centro uno solo – ma che rimane tutto sommato ancora «magica», visto che è stata confermata anche da questa tornata elettorale. In gioco c’è la stabilità delle nostre istituzioni e al momento non si intravvedono altre formule più affidabili. Altra particolarità legata a Tschudi: era basilese e fino alla settimana scorsa era lui l’ultimo consigliere federale di questo Cantone. Negli ultimi cinquant’anni Basilea città non ha più avuto un proprio rappresentante a Berna, malgrado questa regione sia uno dei maggiori poli economici del nostro Paese. E qui arriviamo al protagonista numero uno dell’elezione del Consiglio federale e al rimpasto dipartimentale che ne ha fatto seguito.
Jans e Baume-Schneider
Corsi e ricorsi della storia, il neo-consigliere federale Beat Jans è anche lui basilese e socialista. Una volta eletto, tutto lasciava pensare che gli sarebbe toccata la guida del Dipartimento federale dell’interno, proprio come Tschudi. E invece giovedì sera la decisione a sorpresa del Consiglio federale che ha deciso di procedere a un doppio cambio di marcia. Jans sarà il nuovo ministro di giustizia e polizia, al posto dell’altra socialista in Governo, Elisabeth Baume-Schneider, che prenderà il posto lasciato libero da Alain Berset. Dopo solo un anno la ministra socialista lascia dunque il suo dipartimento, forse anche nella speranza di lasciarsi alle spalle le tante critiche che l’hanno finora accompagnata.
UE più vicina?
Tocca ora al neo-eletto Jans gestire il delicato dossier dell’asilo e anche tutto quello che ha a che fare con la migrazione nel nostro Paese, compresa quella in arrivo dall’Unione europea in base all’accordo sulla libera circolazione delle persone. E proprio in ambito europeo, diversamente da Berset, il neo-ministro potrebbe schierarsi con maggiore decisione a sostegno di un avvicinamento del nostro Paese all’UE. E favorire i negoziati che stanno per aprirsi tra Berna e Bruxelles nella definizione di quelli che vengono chiamati i «Bilaterali 3». Così almeno ha ripetuto più volte lo stesso Jans, durante la campagna elettorale che lo ha portato in Governo. Per Baume-Schneider invece si apre una nuova sfida, con un obiettivo su tutti: riuscire a dare una nuova dinamica ai tanti cantieri aperti lasciati da Alain Berset, a cominciare dalla lotta ai continui aumenti dei costi della salute e alla riforma del sistema pensionistico. In quest’ultimo ambito toccherà a lei, giurassiana, cercare di imitare il basilese Tschudi, che nei suoi 14 anni in Governo si meritò il titolo di «padre dell’AVS», non per aver creato questa assicurazione ma per averla rafforzata con una serie di riforme. Cambiare dipartimento dopo solo un anno è un fatto decisamente inusuale, anche per questo la ministra socialista dovrà riuscire a partire con il piede giusto. Al varco, il prossimo 3 marzo, l’aspettano subito due votazioni popolari, con al centro il futuro del nostro sistema pensionistico. Le sfide con cui è confrontato il suo dipartimento sono in ogni caso colossali, dalla sua Baume-Schneider ha il fatto di essersi già in passato occupata di temi sociali. Il futuro dirà se questa esperienza potrà esserle utile.
Ma torniamo all’elezione del Consiglio federale, dando uno sguardo agli sconfitti. Come Jans, anche Pult era il candidato ufficiale del Partito socialista. 39 anni, il deputato grigionese non è mai riuscito ad andare oltre al terzo posto in questa elezione. Su di lui ha di certo pesato la sua vicinanza all’attuale presidenza del PS, marcatamente di sinistra.
Daniel Jositsch
Discorso diverso invece per Daniel Jositsch. Brillantemente rieletto al Consiglio degli Stati, già al primo turno, il senatore zurighese rappresenta l’ala più moderata del partito ma non era un candidato ufficiale alla sostituzione di Berset. Come già l’anno scorso, quando si trattava di prendere il posto di Simonetta Sommaruga, i vertici del partito hanno di nuovo fatto di tutto per bloccargli la strada. E lui, di certo molto competente ma anche altrettanto ambizioso, ha sempre voluto fare una corsa propria, da battitore libero, pronto a sfruttare qualsiasi possibile pertugio che lo potesse portare in Governo. Una strategia che gli ha permesso di ottenere un discreto bottino di voti, soprattutto dal fronte borghese, voti che però sono serviti soltanto a seminare zizzania dentro il suo partito.
Ignazio Cassis
Il risultato ottenuto dal ministro ticinese è stato ben migliore del previsto. Cassis è riuscito a respingere l’attacco del candidato dei Verdi, Gerhard Andrey, e al tempo stesso a portarsi a casa un discreto bottino di voti. Per il ministro degli esteri una salutare iniezione di fiducia, in vista delle sfide che lo attendono in ambito europeo e nell’attuale contesto internazionale, segnato da crisi e conflitti. Nel loro tentativo di accedere al Governo, i Verdi si aspettavano un sostegno più deciso da parte dei socialisti. Appoggio che non c’è stato, cosa che ha creato parecchio nervosismo tra i due partiti, con i socialisti accusati di aver preferito difendere il PLR, anche per non mettere a repentaglio la loro strategia nella corsa al seggio lasciato libero da Berset. E così la legislatura nasce con diverse tossine da smaltire a sinistra e con un fronte borghese che se la ride. È riuscito ad imporre una versione rossocrociata del «divide et impera» di romana memoria.