azione.ch
 



Verso un nuovo Consiglio federale

Il 13 dicembre il Parlamento elvetico deciderà la composizione del Governo. Chi sono Jon Pult e Beat Jans, i candidati socialisti alla successione di Alain Berset
/ 11/12/2023
Roberto Porta

Quest’anno per parlare dell’elezione del Consiglio federale si potrebbe iniziare con un salto a Scuol. Lì è nato, 39 anni fa, Jon Pult, uno dei due candidati socialisti alla successione di Alain Berset. E sempre lì, nella località termale engadinese, nacque nel lontano 1863 Felix Calonder, finora l’unico consigliere federale romancio nella storia del nostro Paese. Finora, poiché Pult potrebbe presto seguirne le orme e riportare la quarta lingua nazionale in Consiglio federale. Ma per raccontare la vigilia di questa elezione si potrebbe anche fare un salto in una fattoria a due passi da Basilea dove l’altro candidato socialista nella corsa per un seggio in Governo, Beat Jans, dà ogni tanto una mano per permettere al contadino che gestisce quell’azienda agricola di poter andare in vacanza. Jans è oggi alla guida del Governo di Basilea-città ma non si è dimenticato del suo passato, nel suo curriculum vitae c’è anche un’iniziale formazione di agricoltore.

Per parlare dell’elezione e rielezione dei sette membri del nostro Governo si potrebbe però anche partire dalla cupola di Palazzo federale e dalle sue 22 finestre. Non è un aneddoto, ma un simbolo. L’architetto Hans Wilhelm Auer, che nel 1902 realizzò il «Bundeshaus», volle che le finestre alla base della cupola fossero per l’appunto 22, per rappresentare tutti i Cantoni di cui allora era composta la Confederazione, il Canton Giura si sarebbe aggiunto soltanto un’ottantina di anni più tardi. Finestre che lassù sulla cupola più ammirata del Paese richiamano ancora oggi al federalismo e alla diversità culturale della Svizzera. E questa è una delle carte principali che Jon Pult sta giocando nella sua corsa verso il Governo. In queste settimane il candidato grigionese va ripetendo di «voler essere eletto in Consiglio federale per rinnovare la pluralità del Paese e la coesione nazionale». E ha le carte per affermarlo, visto che padroneggia con grande abilità le quattro lingue nazionali, oltre all’inglese, e perché in questi suoi primi 39 anni di vita ha vissuto in diverse realtà del nostro Paese. Ciò detto, c’è chi ritiene che la sua età possa giocare a suo sfavore. Lui ricorda che pure Berset era entrato in Governo a 39 anni e che il suo cammino politico dura ormai da un ventennio. Laureato in storia e scienze politiche, Pult è consigliere nazionale da quattro anni, ed è anche presidente della Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale. In altre parole si può dire che abbia bruciato le tappe, non capita spesso che la guida di una Commissione venga affidata a chi è alla sua prima legislatura a Berna.

Ma al di là dell’anagrafe c’è un altro fattore che potrebbe smorzare le ambizioni del candidato grigionese. Su Pult rischia di pesare la sua passata appartenenza alla Gioventù socialista, da cui sono transitati anche gli attuali due co-presidenti del PS, Mattea Meyer e Cédric Wermuth. Agli occhi del fronte borghese Pult potrebbe essere visto come l’uomo della presidenza, troppo vicino alla linea dei vertici del partito e della loro decisa virata verso una sinistra sempre più rossa, in cui per la socialdemocrazia rimane poco spazio. Non per nulla in questa campagna il giovane candidato di Coira ha più volte fatto notare che le sue posizioni ricoprono oggi l’insieme del perimetro politico del partito. Insomma, socialista sì, ma anche pronto al compromesso. Proprio su questo punto l’altro candidato socialista non è stato di certo a guardare. In diverse interviste Beat Jans ha voluto sottolineare di essersi iscritto al PS solo dopo i 30 anni, quando ormai era troppo tardi per aderire alla Gioventù socialista. Jans gioca soprattutto la carta dell’esperienza politica. Nato nel 1964, il ministro basilese ha in tasca un diploma di ingegneria ambientale e può esibire un lungo percorso politico. È stato per dieci anni, fino al 2020, consigliere nazionale e per cinque vice-presidente del partito socialista a livello nazionale. Dal 2021 guida il Governo del suo Cantone. Se eletto dice di voler mettere l’accento in particolare sulle relazioni con l’Unione europea e sulla parità di genere, lui che a Basilea ha cesellato una legge in favore di tutte le minoranze sessuali e del riconoscimento della fluidità di genere. Una normativa che in un primo tempo prevedeva di stralciare dai documenti ufficiali del Canton Basilea ogni riferimento ai termini di «uomo» e «donna», in favore di espressioni più neutre. La legge è ora al vaglio del Gran Consiglio basilese. Una posizione che potrebbe costare a Jans i voti di una parte della destra, non per nulla l’UDC prevede nel suo programma un’azione di contrasto a quella che i democentristi chiamano l’«ideologia gender».

In ogni caso, vada come vada questa sfida in casa socialista, la storia del nostro Paese ci insegna che questo tipo di elezione può portare con sé insidie e possibili sorprese, visto che ognuno dei 246 membri delle Camere federali è di fatto libero di votare come meglio preferisce. Nello specifico un altro socialista potrebbe racimolare qualche decina di preferenze e aprire dinamiche oggi del tutto imprevedibili, nei diversi turni elettorali che portano alla nomina di un ministro. E qui stiamo parlando del senatore zurighese Daniel Jositsch, ufficiosamente già in corsa un anno fa per la successione a Simonetta Sommaruga e oggi informalmente ancora lì, pronto all’agguato. Ma con poche speranze di poter davvero andare a segno. Stesso discorso per l’ex capo-gruppo del PS, il vodese Roger Nordmann. C’è poi un’altra incognita, quella che ruota attorno a Ignazio Cassis. Seppur usciti malconci dalle elezioni federali di ottobre, i Verdi presentano un loro candidato, il friburghese Gerard Andrey, che attaccherà proprio il seggio del ministro ticinese. Un’ambizione che non dovrebbe lasciare il segno, in uno scrutinio in cui però potrebbe inserirsi a sorpresa anche il presidente del Centro Gerhard Pfister. Il diretto interessato giura e spergiura che questo non accadrà, nonostante il suo partito sia ormai la terza forza a Berna per numero di parlamentari eletti. E potrebbe ambire a riconquistare il secondo seggio in Governo, ai danni proprio del PLR. In ogni caso a elezione terminata ci sarà un interrogativo di peso a cui dare una risposta: chi prenderà la guida del Dipartimento federale dell’interno che dal 2012 è ininterrottamente guidato da Alain Berset? E, secondo quesito, questo Dipartimento rimarrà in mano socialista? La Svizzera è probabilmente l’unico Paese democratico al mondo ad avere avuto lo stesso ministro dell’Interno per un periodo così lungo. Un’eccezione elvetica da cui occorrerà ripartire, anche perché al Dipartimento dell’interno non mancano i cantieri aperti, a cominciare dai costi della salute e dal finanziamento delle nostre pensioni. Avanti il prossimo, e soprattutto tanti auguri!