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Varsavia: il premier strizza l’occhio alla Polonia rurale

Il clamoroso annuncio della sospensione del trasferimento di armi all’Ucraina in vista delle imminenti elezioni
/ 25/09/2023
Lucio Caracciolo

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che dal 21 settembre la Polonia ha cessato il trasferimento di nuove armi all’Ucraina aggredita dalla Russia. Una notizia in sé clamorosa che merita di essere approfondita per le sue origini sia interne che esterne.

Quanto alle prime. Siamo quasi alla vigilia del voto che rinnoverà il Parlamento polacco, previsto per il 15 ottobre. Il partito Diritto e Giustizia (PiS) al governo da due legislature conta di ottenere un terzo mandato e sembra averne la possibilità. I più recenti sondaggi lo vedono in testa, sia pure con qualche flessione, rispetto all’opposizione di centrosinistra guidata da Piattaforma civica, la formazione dell’ex premier Donald Tusk. Si segnala anche una forte crescita dell’estrema destra, vicina al 14% dei voti.

In vista di questo appuntamento decisivo il partito di governo intende metter davanti a ogni altra considerazione il consenso interno. Il quale poggia in buona parte sulla Polonia rurale, sui contadini che storicamente sostengono le politiche nazional-conservatrici tipiche del PiS. Un primo evidente segnale di questa necessità di coagulare il consenso interno, considerando il valore del voto contadino, è stata negli ultimi tempi la decisione di vietare le importazioni di grano dall’Ucraina. Un decreto in tal senso è entrato in vigore il 16 settembre, così prolungando il blocco dei cereali ucraini diretti in Polonia già da tempo fissato. Sulla stessa linea, peraltro, anche Ungheria e Slovacchia. La misura è stata presa sotto la pressione della lobby contadina, inquietata dal crollo del prezzo del proprio grano sul mercato polacco causa l’effetto dumping prodotto dalle cospicue importazioni provenienti dal vicino meridionale.

La barca è piena?

Ma la scelta di non mandare più armi a Kiev, salvo quelle già contrattualizzate, ha ben altro peso geopolitico. Anche qui, vellicare i riflessi anti-ucraini fortemente presenti nella popolazione rurale (e non solo) polacca può avere un significato. Così come segnalare che «la barca è piena» e Varsavia non può accogliere altri profughi. Probabilmente però altri fattori hanno avuto un peso in questa scelta.

Ed eccoci alla dimensione internazionale del problema. La Polonia è da subito il Paese più impegnato nella difesa dell’Ucraina aggredita da Mosca e nell’accoglienza di milioni di profughi ucraini. Una scelta di campo in senso anti-ucraino sembra quindi clamorosa. Fra le altre ragioni, la sensazione che l’appoggio americano all’Ucraina, se non proprio azzerato, è seriamente in questione. Da molti mesi Biden alterna promesse di supporto a Kiev «fino a quando serve» ad atti e parole che contraddicono tanta generosità. Fino a culminare nella firma americana del documento varato dal G20, nel quale a proposito dell’Ucraina non si parla affatto di invasione russa, anzi non si nomina nemmeno la Russia.

L’approssimarsi delle elezioni presidenziali americane, nel novembre 2024, gioca un ruolo. Ma nelle strutture dello Stato profondo e anche nell’opinione pubblica americana si avverte da tempo una certa stanchezza di guerra, dovuta anche alla priorità assegnata da Washington alla sfida con la Cina. Questo ha provocato un effetto di relativa demoralizzazione tra gli ucraini, visibile anche da alcuni sfoghi pubblici di Zelens’kyj e dei suoi più stretti collaboratori, oltre a convincere molti degli alleati più fermi di Kiev a rivedere il loro impegno. Con qualche punta di scetticismo sulla credibilità americana. La Polonia è considerata a ragione come la punta di diamante dello schieramento occidentale contro la Federazione Russa. Le sue scelte nella guerra tra Ucraina e Russia sono quindi fondamentali. Non è forse un caso che questa virata anti-ucraina sia stata accompagnata da un altro documento di sapore chiaramente elettorale ma di significato geopolitico più profondo reso noto dal ministro della Difesa Mariusz Błaszczak. Secondo tale rivelazione, il governo di Piattaforma civica e del Partito popolare polacco aveva fissato 12 anni fa un piano che prevedeva di abbandonare metà della Polonia nelle mani della Russia nell’eventualità di un’invasione. Additando in tal modo gli avversari politici come amici di Putin.

Il consiglio americano

Un’indicazione singolarmente simile a quella consigliata dagli americani agli ucraini alla vigilia dell’invasione del febbraio 2022, ovvero di arroccarsi su Leopoli e sul Nord-Ovest lasciando il resto del Paese ai russi, considerati inarrestabili. Insomma, non si tratterebbe di pura improvvisazione ma di una linea «suggerita» dagli americani a Paesi amici in caso di aggressione. Sarà interessante vedere, scontate le proteste ucraine, se altri Paesi seguiranno la Polonia sulla linea del congelamento delle forniture di armi oppure no. Nel primo caso, il campanello d’allarme per Zelens’kyj suonerebbe forte. Ad ogni modo, la compattezza del fronte anti-russo, mai davvero tale, appare oggi in evidente crisi.