azione.ch
 


Intanto a Johannesburg

Settimana scorsa, a Johannesburg, si è svolto il quindicesimo vertice dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), con gli interventi dei capi di Stato e di Governo dei cinque Paesi. Sul tavolo l’ipotesi di allargare questo formato a nuove Nazioni. Ma sono le posizioni sulla guerra in Ucraina ad aver rischiato di rovinare la «festa». Il presidente russo Vladimir Putin, in videocollegamento, ha ribadito che l'invasione sarebbe stata una risposta forzata alle azioni di Kiev e della Nato. Gli ha risposto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dal vertice internazionale della Piattaforma Crimea, affermando che obiettivo di Kiev è «smantellare la tirannia russa» anche nella penisola sul Mar Nero annessa da Mosca nel 2014 per ripristinarvi «una vita normale, pacifica, equa e democratica». / Red.


Quei diamanti neri che depredano il Sudafrica

Tra i compagni di lotte di Nelson Mandela, allievi e seguaci, si è affermata un’aristocrazia della politicache ha usato l’antirazzismo per arricchirsi, abbandonando la maggioranza della popolazione alla povertà e alla violenza (prima parte)
/ 28/08/2023
Federico Rampini

Sono atterrato a Città del Capo, capitale del Sudafrica. Il mio primo incontro, fortuito e fugace, ha l’aria di un presagio. Ho posato la valigia nella mia camera di albergo e scendo per andare a un appuntamento. All’ingresso dell’hotel incrocio un personaggio inquietante, con occhiali scuri (al buio) e cappello Borsalino. Da come si veste e si atteggia potrebbe essere un boss dei narcos locali, il capobanda di qualche organizzazione criminale. I ceffi che sono le sue guardie del corpo sono ancora meno rassicuranti. «Benvenuto in Sudafrica», mi dice la persona con cui ho l’appuntamento. «Quello che hai appena incrociato è il nostro ministro della polizia». In un Paese che gareggia per il record mondiale degli omicidi questo ministro della polizia non è famoso per la sua efficienza ma per la sua ricchezza. Appartiene alla categoria che qui chiamano Black diamonds, diamanti neri. È l’élite locale andata al potere con la fine dell’apartheid e le prime elezioni democratiche del 1994, poi divenuta smisuratamente ricca grazie alla politica. Questo tema m’inseguirà durante tutto il mio viaggio. Tra i primi assaggi del fenomeno, a Città del Capo mi viene indicata la mega-villa multimilionaria del presidente in carica, Cyril Ramaphosa: affacciata su una delle più meravigliose baie di questa costa, a pochi chilometri in linea d’aria da una delle township o shanty-town, le baraccopoli dove i poveri si agglutinano in casette fatte di lamiera, senza servizi essenziali.

I capi del partito di maggioranza che governa ininterrottamente da trent’anni, l’African national congress (Anc), vivono sulla rendita politica del loro leader scomparso, l’eroe della lotta anti-apartheid: Nelson Mandela, scomparso il 5 dicembre 2013 all’età di 95 anni dopo essere stato il primo presidente del Sudafrica libero. Tra i suoi compagni di lotte, allievi e seguaci, si è affermata un’aristocrazia nera della politica che ha usato l’antirazzismo per arricchirsi, abbandonando la maggioranza della popolazione alla povertà e alla mercé della violenza. Il reddito medio dei sudafricani è sceso sotto il livello del 1994. Tra i peggioramenti più recenti c’è il calvario dei blackout elettrici, che getta nel buio una Nazione dotata un tempo di infrastrutture energetiche di prim’ordine. La compagnia aerea nazionale è fallita, come tante altre aziende che furono sane ma sono state spolpate dai nuovi padroni. I treni merci, essenziali per trasportare verso le banchine dei porti i prodotti da vendere all’estero, sono spesso fermi. Inettitudine, incompetenza, furti di beni pubblici concorrono al degrado. In grandi città come Johannesburg mancano i trasporti pubblici. Le aziende di Stato sono state occupate e depredate dai black diamonds, con una corruzione fine a se stessa, che in cambio non dà quasi nulla al Paese.

Quasi che avesse previsto questo tradimento, Mandela aveva lanciato un appello severo e profetico al suo popolo: «Se un giorno l’Anc farà a voi ciò che fecero i Nazionalisti bianchi, trattateli come noi abbiamo trattato i Nazionalisti». Non siamo certo arrivati allo stesso livello di mobilitazione che segnò la grande battaglia contro l’apartheid negli anni Ottanta. Però fremiti di rivolte popolari contro l’Anc ce ne sono stati di recente e possono riesplodere in qualsiasi momento, soprattutto nelle gigantesche e rabbiose township.

I black diamonds non sono nati per caso, sono il frutto di un’operazione d’ingegneria socio-economica che pervade la vita quotidiana del Sudafrica. Uno strumento fondamentale è la legge del Black economic empowerment, che nel suo titolo annuncia appunto il trasferimento del potere economico ai neri. È una norma che viene applicata in modo rigoroso, i numeri lo confermano. «Ma il modo più semplice per mettersi in regola con la legge – mi dice un imprenditore – è assumere un nero senza alcuna competenza, dargli un ufficio sontuoso con poltrone di pelle, una Mercedes con autista, due segretarie e tre cellulari, un biglietto da visita con su scritto presidente o vicepresidente. Naturalmente il potere decisionale resta ai bianchi che lo hanno assunto, e che avevano il controllo dell’azienda».

Non sempre il trasferimento di potere ai neri è avvenuto in maniera così sfacciatamente vacua. Spesso insieme con uffici, segretarie e Mercedes sono passate di mano quote azionarie importanti, anche di colossi industriali. È nata in questo modo una nuova classe dirigente che dal mestiere politico si è convertita all’economia. I diamanti neri, appunto. Uno di loro è al vertice del potere proprio adesso. Sul presidente Cyril Ramaphosa potete leggere ritratti biografici che  lo descrivono come un businessman, un uomo d’affari. In realtà lui faceva il sindacalista all’epoca della lotta contro l’apartheid. È uno dei capi dell’Anc che ha saputo sfruttare il Black empowerment per riconvertirsi in imprenditore. Accumulazione primitiva del capitale, l’avrebbe definita Karl Marx. Ciò che è accaduto con l’arrivo al potere dell’Anc in fondo non è troppo diverso dall’arrembaggio degli oligarchi russi che ai tempi di Boris Eltsin sfruttarono le «privatizzazioni» per convertirsi da boss di partito o dei servizi segreti in industriali miliardari. Qui c’è l’aggiunta della dimensione razziale.

Nel gruppo dirigente formatosi con Mandela, non tutti si sono lasciati attirare dalla corruzione e dall’accumulazione di ricchezze private. A Johannesburg incontro un critico severo dei Diamanti neri che li conosce tutti personalmente. È l’ex presidente del Sudafrica Kgalema Mothlante. A 73 anni Mothlante è stato un leader storico dell’African national congress. Durante la lunga battaglia contro l’apartheid fu rinchiuso per dieci anni in carcere nella stessa Robben island dov’era detenuto Mandela. Finito l’apartheid Mothlante fu uno dei capi del movimento sindacale, insieme all’attuale presidente Ramaphosa. A differenza di quest’ultimo, però, Mothlante non ha usato la carriera nel sindacato come un trampolino di lancio per trasformarsi in businessman. È rispettato come un leader di rara onestà, è un’autorità morale del Paese, prende le distanze pubblicamente dai suoi compagni di lotte sprofondati nella corruzione. «Ramaphosa – mi dice quando lo intervisto – aveva annunciato una rinascita, una nuova alba, la liberazione dalla corruzione che era esplosa a livelli estremi sotto il suo predecessore Jacob Zuma. Invece la sua presidenza è offuscata dalla scoperta di una montagna di banconote in un divano di casa sua, di cui non sa o non vuole spiegare la provenienza. Anni fa io dissi che l’Anc mi sembrava ormai condannato. Da allora il partito ha subito diverse sconfitte elettorali, a livello locale. Molte municipalità sono governate dall’opposizione. L’Anc ha perso la maggioranza perfino nella metropoli più grande, Johannesburg, una città che ha un bilancio più grosso di tutta la Namibia. Queste sconfitte elettorali hanno forse insegnato qualcosa? Niente. Non c’è un’etica, c’è solo l’opportunismo di chi vuole il potere ad ogni costo».

(1. continua)