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Verso un’elezione fuori dagli schemi
Per la sostituzione di Viola Amherd in Consiglio federale, dopo un «fuggi fuggi» generalizzato, al vaglio del gruppo parlamentare del Centro restano due candidati: Markus Ritter e Martin Pfister. Ma il prossimo futuro potrebbe riservare delle sorprese
Roberto Porta
Spazio, in entrata, al dialetto del Canton Berna e ad un vocabolo che sta sempre più prendendo piede in Svizzera tedesca, anche nel mondo della politica federale. La parola è «gmögig», un aggettivo che significa su per giù piacevole e divertente, una sorta di sinonimo di simpatico. Di recente ne ha fatto uso anche Gerhard Pfister – il presidente dimissionario del Centro – quando ha elencato i motivi che lo hanno spinto a rinunciare ad una sua candidatura in Consiglio federale, dopo le dimissioni della ministra centrista Viola Amherd. Consigliere nazionale dal 2003, Pfister è il decano del Parlamento e ritiene di non essere considerato sufficientemente «gmögig» sotto la cupola di Palazzo federale. Sommata ad altre ragioni, questa lacuna l’ha spinto a non volersi schierare ai cancelletti di partenza in questa corsa verso il Consiglio federale. Il termine in Bärndütsch era già balzato agli onori della cronaca nel dicembre del 2022 quando le Camere federali elessero Elisabeth Baume-Schneider al posto di Simonetta Sommaruga. La socialista giurassiana venne a sorpresa preferita alla basilese Eva Herzog, anche per una questione di pelle. Herzog era vista come la candidata favorita, per competenza e conoscenza della politica federale. A giocarle contro è stato anche il suo carattere, considerato troppo freddo e poco socievole. L’effetto-simpatia può comunque anche essere di breve durata, lo dimostra il difficile rodaggio in Consiglio federale della stessa Baume-Schneider. Un percorso al momento tutto in salita, segnato in particolare dal brusco abbandono del Dipartimento di giustizia e polizia, dove la ministra giurassiana è rimasta per un anno soltanto. Ora guida gli Interni, un passaggio a sorpresa che era stato accompagnato da critiche e perplessità, in un’atmosfera ben lontana da quella «gmögig» della sua elezione.
Tornando all’oggi e a Gerhard Pfister va detto che questo deputato del Canton Zugo siede in Parlamento da più di vent’anni, è stato eletto nel 2003 ed è al momento il decano delle Camere federali. Una lunga carriera che di certo non gli ha portato soltanto delle amicizie, con diversi problemi emersi di recente anche all’interno del suo partito, in particolare a causa di tensioni tra la dirigenza e una parte del gruppo parlamentare. Pfister ha così preferito continuare a vestire i panni del deputato, ruolo che a suo dire rispecchia meglio la sua personalità e che gli permette di continuare a dibattere liberamento dentro e fuori il Palazzo. Con lui la lista di chi si è fatto da parte è decisamente corposa, diversi altri possibili «papabili» del Centro hanno gettato la spugna ancora prima di cominciare la corsa. Una sorta di «fuggi fuggi» generalizzato che non si era mai visto nella storia recente del nostro Paese e che ora getta più di un’ombra sui meccanismi di funzionamento interni del Centro.
Solitamente le sezioni cantonali di un partito inviano a Berna cinque o sei candidature, che il gruppo parlamentare passa poi al vaglio per poter definire il cosiddetto «ticket», composto dai due nomi (a volte anche tre) chiamati a sfidarsi davanti al Parlamento. Questa la prassi degli ultimi decenni, il primo partito ad utilizzare questo strumento fu l’UDC, nel 1979, quando venne eletto il grigionese Leon Schlumpf. In precedenza la regola non scritta era un’altra, quella del candidato unico. Ogni partito chiamato a sostituire il proprio consigliere federale faceva in modo di presentare un solo nome al Parlamento, a cui non rimaneva altro da fare che dare il proprio nullaosta. Non sono comunque mancate sorprese e sgambetti, con l’elezione di candidati non ufficiali. È capitato ad esempio anche nel lontano 1959, quando nacque la formula magica con cui i partiti si distribuiscono i seggi in Governo. Per i socialisti venne eletto un candidato «selvaggio», Hans-Peter Tschudi. Una sorpresa ma una scelta che fu decisamente azzeccata, visto che il socialista basilese viene ancora oggi ricordato per essere stato il «padre dell’AVS».
L’ipotesi di un’elezione fuori dagli schemi si profila anche per la successione di Viola Amherd, visto che il ticket centrista rischia di non soddisfare parecchi parlamentari. I candidati sottoposti ora al vaglio del gruppo parlamentare del Centro sono solo due, Markus Ritter, consigliere nazionale sangallese e presidente dell’Unione svizzera dei contadini. È lui l’uomo di riferimento della potente lobby agricola in Parlamento, compito che gli garantisce un buon numero di appoggi ma che gli può anche costare una certa dose di contrarietà, soprattutto a sinistra. A sfidarlo un volto molto meno noto della politica svizzera, il consigliere di Stato di Zugo Martin Pfister, responsabile del Dipartimento della sanità nel suo Cantone. Al suo attivo anche una lunga carriera militare, che lo ha portato fino al grado di maggiore. E questo è un aspetto che potrebbe aiutarlo, visto che il nuovo consigliere federale sarà chiamato con ogni probabilità a dirigere il Dipartimento della difesa e a tentare di sistemare i tanti cantieri aperti lasciati da Viola Amherd, ma anche dai due ministri UDC – Maurer e Parmelin – che l’avevano preceduta. Una sfida colossale, visti i tanti progetti, anche miliardari, che ancora faticano a uscire dalle secche di una diffusa malagestione grigioverde.
Ritter e Pfister (Martin) saranno sicuramente sul ticket. La loro nomina ufficiale è attesa per il 21 febbraio, ma di fatto si tratta una pura formalità visto che non vi sono altri nomi in circolazione. Un ticket preconfezionato che potrebbe spingere altri partiti, in particolare a sinistra, a cercare mosse a sorpresa, soprattutto per inserire in questa corsa anche il nome di una donna, andando magari a cercarla tra le deputate del Centro che finora non se le sono sentita di lanciarsi in questo giro di giostra. E qui c’è chi fa persino il nome di una o l’altra delle donne di spicco del Partito dei Verdi liberali, a cominciare dalla capo-gruppo Tina Angelina Moser. Una mossa al momento decisamente velleitaria ma che ha trovato anche il sostegno dalla «NZZ» di Zurigo, che non è di certo un quotidiano di sinistra e che la settimana scorsa ha titolato: «Verdi liberali, è il momento dell’attacco». Insomma il Centro dovrà ora guardarsi dai colpi a sorpresa, visto che le criticità emerse in queste settimane danno sicuramente slancio a chi vuole scompaginare le carte. L’elezione è prevista il 12 marzo, con un esito che potrebbe anche non essere molto «gmögig» per il partito di Gerhard Pfister.