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«È necessario valorizzare cosa fa l’altro/a»

Di separazioni e divorzi ne sa qualcosa Federica Invernizzi Gamba, direttrice del Consultorio famigliare di Lugano (www.comfamiliare.org/servizi/consultorio), che conferma: «Nel contesto dei nostri incontri di mediazione emergono spesso situazioni di forte disparità economica tra coniugi/partner, dovute a scelte precise. C’è chi ha più investito nell’ambito lavorativo e chi nelle attività di cura, mettendo magari da parte la carriera. E non è raro che uno dei due si affidi all’altro per la gestione degli aspetti economico-finanziari... Quando ci si innamora si tende a riporre la fiducia, a volte incondizionata, nell’altro». In ogni caso quello che conta, sottolinea l’intervistata, è la dinamica che si crea all’interno della coppia: per fortuna non è sempre deleteria. «Il genitore con più potere economico molte volte resta una ricchezza per il nucleo famigliare che evolve».

Comunque la disparità di reddito tra coniugi/partner – al momento della separazione – implica che uno dei due si trovi in una posizione di maggiore fragilità. «Il nostro lavoro di mediatori? Mettere sulla bilancia tutti gli elementi che hanno caratterizzato la vita famigliare affinché ognuno/a possa, da un lato, veder riconosciuto quello che ha fatto e, dall’altro, garantirsi un presente e un futuro senza troppe preoccupazioni. Il principio sotteso: la cura dei figli, della casa e il mantenimento (contributo economico) hanno lo stesso valore! Perché, con il divorzio, si divide a metà il secondo pilastro? Proprio per valorizzare il lavoro non retribuito compiuto dal genitore a casa, negli anni di vita insieme». Quando un’unione finisce è dunque necessario portare alla luce gli accordi – spesso informali, raggiunti senza grandi discussioni – che reggevano il nucleo famigliare. E poi, sottolinea Invernizzi Gamba, è fondamentale apprendere: «Gli ex partner/coniugi devono imparare: chi a tornare nel mondo del lavoro oppure organizzare un budget famigliare, chi a gestire le esigenze dei figli e dell’economica domestica. Potersi confrontare apertamente aiuta, come anche mettersi in discussione per il bene della famiglia, dei figli, andando avanti in maniera più consapevole». Quando non è possibile – e il potere economico, sui figli o sui sentimenti viene usato contro l’altro/a – non resta che rivolgersi agli avvocati (che costano molto caro).


Se col denaro ti tiene in pugno

Quali dimensioni assume la violenza economica e come fare ad uscirne. Ce lo spiega l’avvocata Patrizia Aspromonte
/ 25/11/2024
Romina Borla

Amore e denaro, ne abbiamo parlato settimana scorsa, mettendo in evidenza l’importanza di mantenere l’indipendenza economica – anche una volta diventate madri – e di essere consapevoli degli aspetti economico-finanziari dell’esistenza («Azione» del 18 novembre, pag. 14). Per evitare di trovarsi impreparate/i quando la vita non va secondo i piani, oppure di ritrovarsi imprigionate/i in situazioni di violenza economica che sono diffuse anche alle nostre latitudini, in tutte le fasce di età e classi sociali. Riprendiamo il discorso da qui, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (per informazioni sulla campagna nazionale vedi www.16giorni.ch). La violenza economica è una forma di abuso – inserita a pieno titolo del capitolo più ampio della violenza domestica – in cui il controllo delle risorse economiche viene utilizzato come mezzo per esercitare potere all’interno di una relazione. Questo tipo di violenza può assumere diverse forme, afferma l’European Institute for Gender Equality (EIGE), un’agenzia dell’Unione europea che promuove la parità tra i sessi e combatte le discriminazioni di genere: il controllo economico ovvero quando un partner gestisce tutti i redditi della famiglia, limita o impedisce all’altro l’accesso al denaro; se controlla la quantità di soldi che può spendere l’altro o insiste nel tracciarne l’utilizzo; nasconde alla vittima le informazioni economico-finanziarie importanti escludendola dalle decisioni che ne conseguono. Lo sfruttamento economico si realizza nel momento in cui una persona abusa delle risorse economiche del partner: gli ruba denaro e beni, lo obbliga a contrarre debiti ecc. Senza dimenticare il sabotaggio economico: quando un coniuge/partner impedisce all’altro di cercare, ottenere o conservare l’impiego, seguire una formazione; se rifiuta di prendersi cura dei figli per impedire alla vittima di portare avanti i suoi obiettivi oppure adotta comportamenti dannosi in vista di importanti appuntamenti professionali o di studio del/la compagno/a.

«La violenza economica è un fenomeno grave che talvolta emerge in fase di separazione», afferma l’avvocata Patrizia Aspromonte che collabora con l’Associazione ticinese delle famiglie monoparentali e ricostituite (ATFMR) e il Consultorio delle donne di Lugano. «Spesso va di pari passo con la violenza psicologica: l’abusante tende infatti a mettere in atto anche strategie che mirano a inficiare l’autostima e la dignità della vittima, facendole credere di non valere abbastanza (atti denigratori, accuse, offese, proibizioni ecc.)». L’aspetto più preoccupante, secondo la nostra interlocutrice, è che molto sovente quella economica non viene riconosciuta come violenza a tutti gli effetti, perché rientra in una serie di comportamenti in un qualche modo culturalmente accettati e giustificati dalla società e dalle stesse vittime». Certi stereotipi – che possono «preparare il terreno» a questa tipologia di abuso – sono infatti ancora diffusi: è l’uomo a dover provvedere al mantenimento della famiglia; il denaro appartiene a chi lo ha guadagnato; le donne sono meno interessate alle questioni economico-finanziarie e quindi meno capaci in materia ecc. «Viviamo in un contesto che non favorisce la conciliabilità tra lavoro e famiglia», osserva Aspromonte. Pensiamo ai costi di asili nido e baby-sitter, alla mancanza di mense scolastiche, alla scarsa flessibilità di certi ambienti di lavoro. «Ed è quasi sempre la donna a rinunciare all’impiego, o a ridurre la percentuale, per prendersi cura dei figli e della casa. Appena lei perde l’indipendenza economica, gli equilibri della famiglia cambiano…».  Non sempre in negativo, intendiamoci, ma in generale si può osservare che ci sono persone che perdono di autorità in merito alla gestione del denaro, tendono a limitare le spese personali, accumulano meno risparmi ecc.

L’avvocata dice: «Non è infrequente incontrare donne che non hanno coscienza dello stipendio del partner, del budget famigliare, dei risparmi e percepiscono dal compagno un’esigua somma mensile, che magari basta giusto per fare la spesa». Si tratta di persone senza autonomia di scelta. Poco spazio è lasciato alla loro volontà, ai loro desideri. Non sono libere e magari neanche se ne rendono conto. Si parla già di violenza economica, sottolinea Aspromonte. Quando questo sistema «malato» si rompe e la vittima vede più chiaro? «Nel momento in cui il rapporto inizia ad incrinarsi sotto altri aspetti e magari si comincia a parlare di separazione, di divorzio. Alcune prendono dolorosamente coscienza della loro situazione e cambiano registro, ma ce ne sono tante che mantengono, con l’altra parte, un atteggiamento troppo conciliante, anche sotto il profilo economico, nell’intento di intaccare il meno possibile un delicato equilibrio, pure in ottica genitoriale». Come uscire dall’impasse? Il primo consiglio dell’avvocata è quello di prevenire le situazioni «scomode». Questo significa: evitare di affidare totalmente la gestione degli aspetti economico-finanziari propri e della famiglia al partner. Anche se può sembrare poco romantico, mantenere l’indipendenza economica e un conto individuale. Mentre quando la violenza è in atto: è necessario rendersene conto, comprendere la portata degli abusi. La legge in ogni caso ci tutela. L’articolo 170 del Codice civile, ad esempio, sancisce l’obbligo di informazione: ciascun coniuge può esigere che l’altro lo informi sui suoi redditi, la sua sostanza e i suoi debiti. «A sua istanza, il giudice può obbligare l’altro coniuge o terzi a dare le informazioni occorrenti e a produrre i documenti necessari». Sapere è il primo passo per agire. Un ulteriore passo da fare: interrompere la relazione economica malsana, aprendo un conto personale dove far confluire tutte le proprie entrate. Gestirlo autonomamente. Non è una mossa facile da compiere – come detto spesso la violenza economica è un elemento di contorno ad altri tipi di violenza – ma è necessaria per tagliare il filo che lega vittima e abusante. Chiedendo magari un supporto psicologico professionale. Ci si può rivolgere al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati del Cantone (Servizio LAV) o al Consultorio delle donne (www.consultoriodelledonne.ch), senza dimenticare le esperte di Equi-Lab, un servizio di consulenza in materia di conciliabilità e di pari opportunità (www.equi-lab.ch).

Cosa dice la legge: il Codice civile

Mantenimento della famiglia
Art. 163
1.  I coniugi provvedono in comune, ciascuno nella misura delle sue forze, al debito mantenimento della famiglia.
2.  Essi s’intendono sul loro contributo rispettivo, segnatamente circa le prestazioni pecuniarie, il governo della casa, la cura della prole o l’assistenza nella professione o nell’impresa dell’altro.
3.  In tale ambito, tengono conto dei bisogni dell’unione coniugale e della loro situazione personale.

Somma a libera disposizione
Art. 164
1.  Il coniuge che provvede al governo della casa o alla cura della prole o assiste l’altro nella sua professione od impresa ha diritto di ricevere regolarmente da costui una congrua somma di cui possa disporre liberamente.
2.  Tale somma va determinata tenendo conto degli introiti propri del coniuge avente diritto nonché di quanto, nella consapevolezza delle proprie responsabilità, l’altro coniuge impiega per la previdenza in favore della famiglia, della professione od impresa.

Obbligo di informazione
Art. 170
1.  Ciascun coniuge può esigere che l’altro lo informi sui suoi redditi, la sua sostanza e i suoi debiti.
2.  A sua istanza, il giudice può obbligare l’altro coniuge o terzi a dare le informazioni occorrenti e a produrre i documenti necessari.