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La rivincita di Albert Rösti
Nei suoi primi venti mesi in Governo il consigliere federale bernese è riuscito a imporre una propria agenda, a partire dal tema controverso del ritorno all’energia atomica
Roberto Porta
Per capire la parabola politica di Albert Rösti (nella foto) val la pena di tornare alla fine del 2019, quando l’allora presidente dell’UDC decise di lasciare la guida del suo partito. Fu probabilmente quello il periodo più tormentato della sua carriera. Prima di allora, Rösti era stato alla guida dell’Unione democratica di centro per quattro anni, ma non era riuscito a garantire al suo partito un’ulteriore crescita alle federali di quel 2019. Un’elezione che vide l’UDC perdere quasi il 4% dei voti e ben dodici seggi al Consiglio nazionale, pur mantenendo il primato tra i partiti svizzeri. Per Rösti fu una sconfitta di peso, dovuta in particolare all’onda verde che segnò quell’appuntamento elettorale. Uno smacco che andò ad aggiungersi ad altri insuccessi in diverse elezioni cantonali di quella legislatura, in particolare in Romandia ma anche a Zurigo, che per l’UDC blocheriana è pur sempre il cantone di riferimento. In quella fine del 2019, Rösti tornava così ad essere un consigliere nazionale come gli altri, con il rischio concreto di scivolare nell’anonimato. L’etichetta del perdente era lì a pesare come un macigno, anche sui suoi tanti mandati da lobbista, in particolare in difesa del nucleare e degli automobilisti.
Due anni più tardi, nel giugno del 2021, l’UDC, con Rösti a condurre la campagna in prima linea, riuscì però a vincere il referendum contro la nuova legge sul CO2, che tra l’altro prevedeva un aumento tutto sommato moderato del prezzo della benzina. Quella fu forse la votazione più importante della legislatura, visto il colpo inferto all’onda verde con cui quel quadriennio era iniziato. Per il deputato bernese quella vittoria rappresentò l’inizio di una risalita che alla fine del 2022 lo porterà all’elezione in Consiglio federale, alla guida di uno dei dipartimenti più importanti, il DATEC, che si occupa di trasporti, energia e comunicazioni. I verdi capiscono che il vento sta cambiando, aprono persino un blog per sorvegliare la politica dell’ex presidente UDC. E non hanno torto. Nei suoi primi venti mesi in Governo, Rösti è riuscito a imporre una propria agenda. La mossa di maggior rilievo è senza dubbio quella che mira a riaprire le porte all’energia atomica, che nel 2017 il popolo elvetico aveva deciso di archiviare, con a termine la chiusura delle quattro centrali ancora in attività. Luce verde al nucleare di nuova generazione, dice Rösti, perché non produce CO2 e perché non va esclusa nessuna fonte di energia che possa permettere al nostro Paese di azzerare entro il 2050 le sue emissioni nette di gas serra. Una visione che ha fatto subito insorgere sinistra e ambientalisti, pronti a lanciare un referendum. Per Rösti il suo controprogetto è anche un modo per frenare l’iniziativa popolare a trazione UDC che chiede di inserire nella Costituzione il ritorno all’energia nucleare. Un’iniziativa che deve ora però anche fare i conti con l’ombra della falsificazione delle firme. Il ritorno del nucleare si trova infatti nel gruppo delle dodici iniziative su cui c’è il forte sospetto di abusi sistemici nella raccolta delle firme, con l’apertura di un’inchiesta penale da parte del Ministero pubblico della Confederazione. Rösti, che nel giugno scorso è dal canto suo riuscito a vincere, anche contro il suo partito, la votazione popolare sulle rinnovabili, con la possibilità ora di accrescere la produzione di energia verde.
Il ministro bernese ha aperto comunque diversi altri cantieri. Quello del lupo, ad esempio. Attraverso un’ordinanza ha permesso ai singoli Cantoni di abbattere preventivamente anche interi branchi. «Una strage» per i difensori del lupo, una misura più che necessaria per gli allevatori di montagna. Sta di fatto che si tratta di un netto cambiamento di rotta, che allontana Berna dalla Convenzione internazionale, sottoscritta anche dal nostro Paese, che garantisce al lupo una «protezione assoluta». Rösti sta mettendo mano anche al canone radio-televisivo, anche qui con un’ordinanza, senza dunque dover interpellare il Parlamento. Il canone verrà presto portato a 300 franchi, un provvedimento che obbliga la SSR a impostare un piano di ulteriori risparmi, con inevitabili licenziamenti. Per Rösti si tratta di una contromisura per ostacolare l’iniziativa «200 franchi bastano», che lui stesso aveva sostenuto quando era parlamentare e che ora da ministro considera eccessiva. Nuovi progetti anche per la Posta; qui il ministro bernese è pronto a rivedere il concetto di servizio pubblico offerto finora dal gigante giallo, che ad esempio potrà essere un po’ meno puntuale nella consegna delle lettere e che non dovrà più raggiungere gli abitati più isolati, mentre si discute dell’ulteriore chiusura di uffici postali. Un tema che verrà affrontato proprio questa settimana dal Consiglio nazionale.
Per Rösti all’orizzonte c’è anche la votazione popolare per il potenziamento delle strade nazionali, prevista il prossimo 24 novembre. E qui il ministro, già lobbista dell’automobile, si spenderà in difesa dell’allargamento a sei corsie di diversi tratti autostradali, con il supporto del Parlamento e del Governo. Un Consiglio federale in cui il ministro bernese riesce spesso a trovare una maggioranza, sostenuto oltre che dall’altro UDC Guy Parmelin anche dalla coppia PLR formata da Karin Keller Sutter e da Ignazio Cassis, a cui si aggiunge volentieri anche la centrista Viola Amherd. Una maggioranza che gli ha anche permesso, una decina di giorni fa, di respingere al mittente la sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) che considera lacunosa la politica climatica del nostro Paese. Per il nostro Governo, invece, la Svizzera non ha nulla di cui rimproverarsi. Un tema su cui in precedenza c’era stato anche un diverbio pubblico con il ministro di giustizia, il socialista Beat Jans. In un suo discorso Jans ha ribadito di difendere quella sentenza e di «non volere ulteriormente salare i rösti di chi critica la CEDU» con un’ironica illusione al suo collega di Governo. Aggiungendo anche di dover tener sotto controllo quello che «fanno quei cinque», in riferimento al fronte borghese in Governo. Fronte che però continuerà molto spesso ad avere una solida maggioranza, con Rösti sempre più pronto ad approfittarne. E così solo il popolo potrà forse mettergli ogni tanto i bastoni tra le ruote.