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Dieci cose difficili da dimenticare
Carlo Silini
Annotiamoci, da qualche parte, il messaggio che – stando all'articolo di oggi di Simona Ravizza – nel mondo anglosassone molti hanno cominciato a scrivere in calce ai propri invii di posta elettronica: «Potresti ricevere e-mail da me al di fuori del normale orario di lavoro, frutto del mio personale equilibrio tra vita privata e professionale. Non mi aspetterei mai che tu rispondessi mentre non stai lavorando».
Attendiamo la nuova era in cui anche qui si diffonderà questa illuminata citazione, che elimina il dovere di essere sempre raggiungibili, interpellabili, disturbabili. E poi, se uno ha davvero urgenza di parlarci può sempre telefonare.
Sarà che in un qualche modo è arrivata l’estate (catastrofi climatiche a parte) e possiamo finalmente staccare la spina. Almeno in vacanza. Semel in anno (una volta all’anno) avremo pure il diritto di dimenticare i fastidi, le magagne, le idee torve che ci accompagnano nella quotidianità come scimmiette invisibili appollaiate sulla schiena.
Così, nuotando controcorrente rispetto agli inevitabili consigli dei rotocalchi circa le cose da mettere a tutti i costi in valigia e tralasciando i micro o macro-stress personali, proverò ad elencare, in ordine d’orrore decrescente, i 10 pensieri che mi piacerebbe tanto non portarmi in vacanza (ma è chiaro che non ci riuscirò):
1. che a due anni e quattro mesi dall’inizio dell’«operazione speciale russa», in Ucraina si muore ancora male, come quei bambini uccisi in un ospedale pediatrico a Kiev qualche giorno fa;
2. che a due anni e quattro mesi dall’inizio della guerra in Ucraina qualsiasi strage è sempre colpa degli ucraini secondo i russi e colpa dei russi secondo gli ucraini;
3. che a nove mesi dall’inizio della guerra, anche a Gaza si continua a morire, come alcuni dei ragazzi delle quattro scuole bombardate in soli quattro giorni dagli israeliani non prima di aver gettato dal cielo volantini con la scritta «Abitanti, andate via»;
4. che a nove mesi dall’inizio della guerra a Gaza, gli ostaggi israeliani non sono ancora stati liberati e i civili palestinesi sono sempre tra l’incudine dei terroristi di Hamas e il martello degli attacchi di Israele;
5. che evidentemente nessuno dei decisori di quei conflitti vuole davvero la pace, visto che ogni volta che qualcuno prova a indicare una strada per far tacere le armi, lo boicottano;
6. che, forse, sarà il Paese più potente del pianeta a sbloccare la situazione in Ucraina e a Gaza non appena si sarà scelto un nuovo presidente, ma bisognerà portar pazienza, e continuare a contare morti fino al voto di novembre;
7. che il nuovo presidente eletto di quel potente Paese sarà un signore anziano un po’ troppo sicuro di sé, piuttosto allergico alla democrazia e propenso alla menzogna sistematica;
8. o, al contrario (salvo un cambiamento di candidato dell’ultima ora), un signore confuso, impacciato, non del tutto padrone delle proprie facoltà e ancora più anziano;
9. che, mentre il teatro dell’umanità continua a dibattersi tra commedie e tragedie epocali, il nostro pianeta soffoca: il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato da sempre e la temperatura media è salita di 1,45 gradi sopra i livelli pre-industriali;
10. che fin qua il 2024 si è premurato di ricordarci, attraverso una gragnuola di temporali estivi e vittime, l’impatto dell’uomo sul riscaldamento climatico e del riscaldamento climatico sull’uomo, anche qui nella piccola Svizzera italiana.
L’elenco porebbe essere molto più lungo. Di sicuro dimentico altre cose importanti, ma mi sembra che già queste possano bastare.
Buone vacanze.