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La corsa verso il futuro energetico della Svizzera
Dopo il sì del 9 giugno alla nuova legge che spinge sulle rinnovabili, due fazioni si confrontano: i fautori del ritorno all’atomo e chi punta sul solare
Roberto Porta
Non capita spesso che il presidente di un partito, in questo caso Gerhard Pfister del Centro, faccia pubblicamente i complimenti ad un consigliere federale di un altro partito. È successo domenica 9 giugno, dopo la votazione popolare che con quasi il 70% delle preferenze ha dato il via libera alla nuova legge sull’energia. Un risultato di tutto rispetto, tanto che Pfister si è tolto il cappello davanti al ministro UDC dell’energia Albert Rösti, congratulandosi per «l’ottimo lavoro svolto». La legge varata dal popolo prevede tra l’altro la realizzazione di nuovi progetti per sfruttare la forza dell’acqua. Le pareti di quattordici dighe verranno alzate – una in Ticino, il Sambuco – mentre verranno costruiti due nuovi bacini di accumulazione nel canton Berna e in Vallese. Oltre a questo, si punterà molto anche su sole e vento con nuovi impianti previsti in diverse regioni del nostro Paese. Questo, a grandi linee, quanto approvato nelle urne da due cittadini su tre. La Svizzera è dunque chiamata ad accelerare nella produzione di energia rinnovabile, un verdetto popolare inequivocabile. Per i fautori di questa svolta verde però la festa è durata ben poco, visto che già nelle prime dichiarazioni di commento a questo risultato popolare si è palesato con imponenza quello che molti, anche nella campagna che ha preceduto la votazione, hanno chiamato «l’elefante nella stanza», e cioè il ritorno dell’energia nucleare.
Lo stesso Rösti non ha mai nascosto la sua visione in materia: per il ministro UDC la Svizzera deve essere pronta a sfruttare ogni forma di produzione energetica, anche quella dell’atomo. Sul suo tavolo c’è ora da vagliare un’iniziativa popolare su questo tema. Una proposta che si muove di fatto su due livelli, visto che da una parte chiede che l’energia elettrica venga «prodotta nel rispetto dell’ambiente», mentre dall’altra aggiunge che «sono ammissibili tutti i tipi di produzione di energia elettrica rispettosi del clima». L’energia nucleare non causa emissioni di CO2 e per questo i suoi fautori ritengono che non porti danno al clima, anche perché a loro dire gli sviluppi tecnologici futuri potrebbero anche permettere di risolvere il grande problema delle scorie nucleari. Un’iniziativa che arriva dal fronte borghese, in particolare da UDC e PLR, ma che trova sostegno anche tra i membri del Centro. Il Consiglio federale dovrebbe discuterne già nelle prossime settimane, tutto lascia pensare che in Governo questa proposta troverà una maggioranza, magari anche attraverso un controprogetto. Sul tema non ha perso tempo neppure Economiesuisse, che nel giorno stesso della votazione popolare ha pubblicato un comunicato stampa che già nel titolo non lascia spazi a dubbi: «Politica energetica, pronti per la prossima tappa». Per l’associazione mantello dell’economia svizzera è ora arrivato il momento di pensare anche al nucleare, con «sostegni finanziari e un accelerazione delle procedure».
L’obiettivo di questo fronte è chiaro: cancellare dalla Costituzione federale il divieto di costruire nuove centrali nucleari, deciso dal popolo nel 2017. Una votazione dalla portata epocale, che ora viene rimessa in discussione. Gli ostacoli tecnici e i tempi di realizzazione di un nuovo impianto nucleare lasciano comunque pensare che ci vorrà perlomeno un paio di decenni prima di poter davvero vedere un progetto concreto, finanziamenti compresi. Per i fautori delle rinnovabili si tratta in ogni caso di uno scenario da incubo, non per nulla la Fondazione Energia Svizzera ha immediatamente lanciato una petizione online per cercare di spegnere sul nascere ogni velleità nucleare e quello che chiama un «sabotaggio ai danni delle rinnovabili». Su questo tema anche i Verdi non hanno perso tempo. Due giorni dopo la votazione popolare che li ha visti sul fronte dei vincitori sono scesi in campo con il lancio di una nuova iniziativa popolare dal titolo esplicito, si chiama semplicemente «solare». L’obiettivo è quello di accrescere l’apporto del sole nella produzione di energia elettrica, visto che a detta di questo partito «non possiamo perdere altro tempo, il Parlamento ha finora frenato l’espansione dell’energia solare nel nostro Paese». L’iniziativa chiede pertanto di favorire la posa di pannelli fotovoltaici su tutti i tetti dei nuovi edifici, compresi quelli ristrutturati. Inoltre, entro quindici anni dall’accettazione dell’iniziativa «questo standard dovrà essere applicato anche agli edifici esistenti», ad esclusione dei monumenti storici. Se tutti i tetti e le facciate idonee fossero muniti di pannelli fotovoltaici si riuscirebbe, dice ancora il partito ecologista, «a coprire più dell’attuale fabbisogno elettrico del Paese», senza dover ricorrere al nucleare e alle energie fossili.
Quanto capitato appena dopo la votazione dello scorso 9 giugno fa capire che la corsa verso il futuro energetico della Svizzera è subito ripartita con un ritmo, vien da dire, elettrizzante. Ma in fondo non potrebbe essere altrimenti, se le rinnovabili dovessero riuscire a fornire al Paese l’energia elettrica sufficiente renderebbero vana la corsa parallela lanciata dai fautori dell’atomo. In caso contrario il nucleare di nuova generazione riprenderebbe invece slancio, a fianco delle quattro centrali nucleari ancora attive in Svizzera e che oggi producono all’incirca un terzo dell’energia elettrica generata nel nostro Paese. Da notare che la centrale di Beznau 1, nel canton Argovia, è stata inaugurata nel 1969 ed è oggi il reattore in funzione più vecchio al mondo. In conclusione, va detto che in questi giorni anche il Parlamento si è mosso sul tema dell’elettricità. In questo ambito la Svizzera non ha al momento un accordo sul mercato elettrico con l’Ue, e questo nel prossimo futuro potrebbe mettere il nostro Paese in difficoltà. Nell’attesa di un’eventuale definizione di quelli che vengono chiamati i «Bilaterali 3», e con essi di un accordo sull’elettricità, il Consiglio nazionale ha pertanto chiesto al Governo di stipulare delle intese perlomeno a livello tecnico per assicurare l’approvvigionamento del Paese, in particolare in inverno, stagione in cui la Svizzera è costretta ad acquistare energia elettrica sul mercato europeo. Le sfide, anche epocali, non mancano di certo in questo settore, e chissà se anche in futuro qualcuno tra i presidenti di partito farà ancora i complimenti a microfoni aperti al ministro Albert Rösti, chiamato a pilotare il Paese in questo ambito ad alta tensione.