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Il San Gottardo e lo zampino del diavolo
Mobilità - I due incidenti di questa estate hanno riportato l’attraversamento delle Alpi alla situazione degli anni Settanta
Roberto Porta
«Siamo campioni del mondo». Doris Leuthard quel giorno non stava proprio più nella pelle. E non solo per il suo vestito bianco forato, un abito confezionato per l’occasione e decisamente originale, tanto da essere rimasto nella memoria collettiva del nostro Paese. Quel giorno, e non è esagerato dirlo, si era fatta la storia. Era il primo giugno del 2016 e l’allora ministra dei trasporti aveva appena inaugurato la galleria di base del San Gottardo, il più lungo traforo ferroviario del mondo, con i suoi 57 chilometri di binari sotterranei.
Un primato planetario che spinse la consigliera federale argoviese a quell’esclamazione da stadio, con cui esprimeva tutto il suo orgoglio per quell’opera che aveva davvero portato la Svizzera sul tetto del mondo. Avevamo già vissuto un simile momento di tripudio nazionale nel 1980, quando venne inaugurata la galleria autostradale del San Gottardo. Anche in quell’occasione l’ingegno umano riuscì a vincere la montagna e a costruire la galleria autostradale allora più lunga del mondo.
Opere infrastrutturali, a cui va aggiunto il primo traforo ferroviario del San Gottardo, inaugurato nel 1882. Tre gallerie, tre pagine di storia del nostro Paese e tre assi che hanno permesso di avvicinare sempre più il nord e il sud dell’Europa. Con il massiccio del San Gottardo che da barriera insormontabile – fu così fino al 1300 a causa delle gole della Schöllenen, dove oggi c’è il Ponte del Diavolo – si è trasformato negli anni in un punto di passaggio sempre più comodo e pianeggiante, a tal punto che la galleria di base del San Gottardo permette ai convogli ferroviari di attraversare le Alpi lungo un tragitto di pianura e ad alta velocità.
La profezia di Leuenberger
L’estate del 2023 ci ha però fatto capire quanto tutto questo possa essere fragile. Nel giro di pochi giorni, due incidenti hanno reso più complicato l’attraversamento delle Alpi, riportandoci di fatto agli anni 70 del secolo scorso, quando il San Gottardo poteva essere superato solo attraverso la prima galleria ferroviaria o percorrendo, ma solo in estate, la strada del passo. Visto quanto è capitato aveva forse ragione Moritz Leuenberger, un altro ex consigliere federale, anche lui ministro dei trasporti, che in un suo discorso del 2003 aveva voluto ricordare i tanti incidenti capitati attorno e dentro questo massiccio. «Il diavolo ci ha sempre messo lo zampino quando noi esseri umani ci siamo dati da fare sul San Gottardo – queste le sue parole – Lo ha fatto per ogni strada e per ogni galleria. Si è sempre ritagliato uno spazio per sé». Non per nulla tutto era iniziato con quel ponte medievale, che si chiama appunto «del diavolo».
Tornando ai nostri giorni, lo scorso 10 agosto la cattiva sorte questa volta si è abbattuta sulla ruota di un vagone merci che, spezzandosi, ha provocato il deragliamento di un convoglio composto da due locomotive e ben trenta vagoni. Un’inchiesta è tuttora in corso per stabilire le cause esatte di quanto capitato. Il servizio d’inchiesta svizzero sulla sicurezza sta analizzando, oltre alla rottura di quella ruota, anche il sistema degli scambi lungo i binari all’altezza della stazione multifunzionale di Faido, all’interno della galleria. Il 23 agosto è stata riaperta la canna est, ma unicamente per il traffico merci. Per tornare alla normalità occorrerà aspettare fino all’inizio del 2024 quando anche i treni passeggeri potranno di nuovo percorrere i due tubi della galleria di base.
I viaggiatori che scelgono il treno per attraversare il San Gottardo dispongono solo della vecchia linea ferroviaria. Un ritorno al passato, con una constatazione amara: costato una ventina di miliardi, il gioiello tecnologico di Alptransit Gottardo è stato messo in ginocchio dalla rottura di una ruota. Per quanto riguarda le responsabilità, probabilmente toccherà a FFS Cargo mettere mano al portafoglio per pagare i danni. Lo stabiliscono le norme in vigore, difficilmente ci si potrà rifare sulla società privata proprietaria del vagone difettoso. Per il futuro occorrerà riflettere anche sul tipo di controllo a cui sottoporre i treni merci. Basti dire che oggi i vagoni passeggeri sono muniti di sensori che segnalano subito un deragliamento, strumenti che invece non ci sono sui vagoni merci per motivi legati essenzialmente ai costi di un’istallazione di questo tipo, considerati troppo elevati.
Una crepa e tante domande
Proprio per questo motivo, lo scorso 10 agosto, il macchinista del treno merci non ha potuto accorgersi subito di quanto stava accadendo. La gravità dei danni all’interno della galleria di base è dovuta anche a questo motivo. Dalla ferrovia passiamo ora alla strada, perché il 10 settembre scorso c’è stato un incidente anche dentro il tunnel autostradale del San Gottardo. Quel giorno, al portale nord, si è aperta una crepa di 25 metri nella soletta in calcestruzzo della galleria, una fessura che ha provocato anche la caduta di detriti lungo la carreggiata. In questo caso il traforo è stato riaperto dopo pochi giorni, lo scorso 15 di settembre, anche se restano ancora da chiarire le cause esatte di quanto capitato.
Per l’Ustra, l’Ufficio federale delle strade, all’origine di quanto capitato ci sono state delle cosiddette «ridistribuzioni tensionali», e cioè dei movimenti nella roccia della montagna. Materia per geologi che devono ora capire se questi movimenti siano dovuti a leggere scosse sismiche oppure ai lavori che si stanno facendo nelle vicinanze per realizzare la seconda galleria autostradale del San Gottardo. La sicurezza comunque è garantita, anche se la soletta in questione, costruita ormai più di 40 anni fa, soffre a causa dei gas di scarico e della corrosione che tutto ciò comporta. Fino al 4 di ottobre la galleria rimarrà chiusa di notte, anche per poter intervenire nella zona danneggiata, con riparazioni che l’Ustra definisce «minori». I due incidenti hanno sollevato un dibattito politico sulla fragilità dei collegamenti tra Nord e Sud. A Berna è in corso l’ultima sessione parlamentare della legislatura e di San Gottardo si è discusso anche in relazione alla possibile introduzione di un pedaggio autostradale per il transito alpino.
Un rapporto in primavera
Una mozione del Consigliere agli Stati Marco Chiesa, che chiedeva una tassa a carico dei cittadini stranieri in transito, è stata bocciata dalla Camera dei Cantoni. A Palazzo federale però gli atti parlamentari su questo tema non mancano, e se ne tornerà a parlare, anche perché il Consiglio federale ha promesso di presentare un rapporto sul tema entro la primavera del 2024. Nel frattempo le Camere federali si apprestano a varare un piano di investimenti di quasi 14 miliardi per il periodo 2024-2027 a favore delle strade nazionali, per lavori di ampiamento e di manutenzione. La maggioranza borghese ha i numeri per ottenere questi fondi, la sinistra ha invano fatto notare che occorrerebbe invece investire di più sulla ferrovia. Da risolvere c’è un problema di fondo: in Svizzera sono ben 40mila le ore che trascorriamo in colonna ogni anno, soprattutto attorno ai grandi agglomerati urbani. Cifra che non ci permette di sentirci i «campioni del mondo» della viabilità.