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Il buon giornalismo e il «copincollismo»
Carlo Silini
«I buoni giornalisti hanno le suole delle scarpe consumate». Lo spiegavano nelle redazioni dei giornali, caotiche di fumo e scrivanie incasinate, i vecchi caporedattori che pigiavano i tasti di una Olivetti per consegnare a sera fatta articoli di 3500 battute, non una di più non una di meno, ma c’era dentro tutto.
A sera fatta, perché finché c’era luce sparivano altrove: al Palazzo di Giustizia, in un ospedale, nel villaggio di valle, allo stadio o al bar a raccattare gli ultimi fatterelli del giorno, ma soprattutto – appunto – a consumare le suole delle scarpe. Perché le notizie – decretavano – non bussano alla porta, non vengono a trovarti in redazione, tocca a te andartele a cercare.
Strano, oggi alcuni giornalisti sono convinti del contrario: meglio starsene contemplativi davanti al computer e aspettare fiduciosi l’apparizione sullo schermo dell’e-mail col comunicato stampa dell’ente tal dei tali. O – alla peggio – compulsare il sito di news o il post intravisto sul social da cui «prendere a prestito» qualche spunto da riscrivere e riproporre. Il «copincollismo» – copiare e incollare testi presi dalla rete – a volte sostituisce l’usura delle suole. Leggi certi paginoni di «approfondimenti» e capisci che chi li ha scritti non si è mosso di un metro. Poi, magari, salta fuori che la citazione rubata era la citazione di un’altra citazione e chissà se qualcuno si è preso la briga, tra un «copia e incolla» e l’altro, di verificarne la fondatezza.
Del resto, è un tipo di informazione che costa poco e ci sono media che vi fanno ricorso dopo la bocciatura popolare dei sussidi alla stampa nel 2022 e per far fronte ai cali generalizzati di pubblicità e di personale. È anche per questo che il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno da poco approvato l'espansione temporanea del finanziamento indiretto della stampa. Ma c’è già chi si mobilita per indire un referendum che blocchi i sussidi.
Mica strano, con questo andazzo, che si sia passati dalla società dell’informazione a quella delle fake news, mettendo a rischio la stampa di qualità. Perché già oggi chiunque può delegare il «copincollismo» informativo a una qualsiasi app di Intelligenza artificiale, con risultati simili a quelli che otterrebbe un umano che scopiazza le notizie dove capita.
Tuttavia, e per fortuna, il buon giornalismo esiste e resiste, come dimostra l’attribuzione dello Swiss Press Award a Berna ai migliori colleghi e servizi prodotti nell’arco dei dodici mesi passati. L’ultima edizione ha portato lustro al Ticino premiando, come giornalista dell’anno, Francesca Torrani della RSI, che la suola delle scarpe l’ha consumata davvero, inerpicandosi tra le vie distrutte della Vallemaggia subito dopo l’alluvione che l’aveva devastata la notte tra il 29 e il 30 giugno del 2024, per realizzare il servizio «Diario di una Valle». La qualità della stragrande maggioranza dei lavori che hanno preso parte al concorso era elevata. C’è chi ha condotto inchieste di denuncia che hanno costretto alle dimissioni importanti vip locali, chi ha raccontato lampi di inattesa gioia carnale nel dolore della guerra ucraina, chi ha spiegato il crollo del Credit Suisse come un thriller a puntate e chi ha svelato casi di scarsissima trasparenza nella raccolta di firme per le iniziative popolari, un pilastro della democrazia elvetica.
Pagine, articoli online, servizi audio o video, fotoreportage che aumentano la consapevolezza dei tempi in cui viviamo e ci aiutano a prendere decisioni basate sulla realtà dei fatti e non su frottole o manipolazioni propagandistiche. Un universo informativo costruito sulla fatica, l’intelligenza e la professionalità di chi non si lascia tentare dalle sirene del «copincollismo» o di altre diffuse malattie mediatiche.