Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
La scuola dei futuri campioni
Giancarlo Dionisio
È possibile essere uno sportivo d’élite che ambisce a diventare un campione, e coltivare nel contempo l’obiettivo di seguire una formazione scolastica di alto livello? La risposta ce la fornisce chi ci è riuscito. Prendete ad esempio Claudio Sulser, formidabile bomber del Grasshopper e della Nazionale svizzera negli anni Settanta e Ottanta, oggi apprezzato avvocato. Oppure il suo compagno di club Roger Berbig, la saracinesca delle Cavallette di quel tempo, oggi stimato medico.
Erano altri tempi, obietterà qualcuno. Inoltre, il calcio impone dei carichi di lavoro inferiori rispetto a quelli di discipline asfissianti come il nuoto, il pattinaggio artistico, la ginnastica artistica e ritmica. Esatto. Aggiungo che oggi, tutti gli sport impongono ritmi e carichi nettamente superiori. «Lo sport fino all’ossessione», è una frase tratta da Hors Jeu (Fuori gioco), un libro scritto a quattro mani da due mamme friborghesi: Éliane Brügger Jecker, psicologa e psicoterapeuta, nonché mamma di Benoît Jecker, difensore del Fribourg-Gottéron, ed Estelle Leyrolles, ingegnera, ex quadro aziendale, attualmente direttrice dell’École des Métiers di Friborgo, mamma di Aloïs e Robin, entrambi giocatori di pallacanestro.
Quello della conciliabilità tra crescita sportiva e formazione scolastica è un tema atavico. In questo processo, spesso i genitori vengono messi in croce. Senza andare a togliere dalla naftalina la vecchia battuta cinica e stantia, in cui si sostiene che l’allenatore più fortunato è quello che dirige una squadra di orfani, non possiamo ignorare che gli addetti ai lavori, spesso cadono nella tentazione di sottolineare il comportamento inadeguato di alcuni genitori. Le intemperanze, le ingerenze, gli eccessi, ce li raccontano settimanalmente le cronache. Le due autrici, hanno voluto comunque dire la loro, ponendo sotto la lente proprio il ruolo dei genitori. Un ruolo, a detta loro, determinante, nel sostegno finanziario, emotivo e fisico dei figli lanciati all’inseguimento dei loro sogni.
In questo volume, oltre a dispensare suggerimenti e spunti, le due autrici sottolineano come il praticare uno sport per piacere e farlo per scalare le classifiche mondiali siano due percorsi totalmente diversi. Sia per il giovane, sia per i suoi famigliari, che si vedono proiettati in un ritmo di vita imposto dagli allenamenti, e in un turbinio di domande sulla sana crescita e sull’adeguato sviluppo del loro figlio, sottoposto inevitabilmente a scelte precoci.
Brügger Jecker e Leyrolles stanno compiendo una sorta di Tour de Suisse per divulgare le loro esperienze e confrontarle con quelle di altri addetti ai lavori. Recentemente hanno fatto tappa a Bellinzona, in una serata organizzata dalla Scuola Arti e Mestieri, moderata da Igor Nastic, ex nuotatore, ora insegnante e coach. È stato indubbiamente interessante ascoltare le testimonianze di Gabriella Gut, mamma di Lara e di Ian, di Luca Cereda, ex studente e sportivo d’élite, diventato allenatore e papà di quattro figli, infine di Aaron Besozzi, direttore della Scuola per Sportivi d’élite di Tenero. Racconti contrappuntati dalle lucide considerazioni di Giona Morinini, psicologo dello sport.
Dalla serata sono emersi molti apprezzamenti su quanto viene fatto attualmente dalla scuola ticinese, ma anche alcune derive. Siamo in Svizzera, un Paese in cui la massa critica non consente la creazione di un sistema all’americana, basato su College con vocazione sportiva. I pochi che ci sono, come lo Stiftung Sport-Gymnasium Davos, o la scuola di Briga, sono cari come il fuoco. Operano quindi una selezione socio-economica.
I recenti passi in avanti del nostro sistema scolastico non sono ancora sufficienti per colmare il gap nei confronti di altre realtà. Si può sempre migliorare, questo è fuori di dubbio, ma credo che si debba accettare un verdetto inappellabile. Lara Gut, Noè Ponti, Ajla Del Ponte, Filippo Colombo e Lena Bickel sono diventati atleti di caratura internazionale a prescindere dal loro iter formativo. Semplicemente, avevano tutto per emergere: talento, fisico, mente, e famiglia.
Un sistema scolastico ancora più aperto al sostegno, allevierebbe le fatiche dei futuri campioni e dei loro genitori. Probabilmente contribuirebbe anche a limitare gli abbandoni, e favorirebbe il reinserimento nel ciclo lavorativo a carriera terminata. Dal palco e dalla platea, nella serata di Bellinzona, è tuttavia emerso che i limiti sono posti più dalle persone che dalle strutture. Al Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport quindi il compito di scegliere quelle giuste nel posto giusto.