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Unboxing

/ 28/04/2025
Simona Ravizza

Con l’unboxing di giocattoli su YouTube Ryan Kaji, nato in Texas il 6 ottobre 2011, a soli 6 anni ha guadagnato 10 milioni di dollari, diventando dal 2018 al 2020 per tre volte consecutive lo youtuber più pagato al mondo. Oggi, a 13 anni, guadagna 35 milioni di dollari all’anno (fonte: Forbes). Il suo canale, Ryan’s World, gestito insieme con mamma Loann e papà Shion e alle sorelline gemelle Emma e Kate, conta oltre 39 milioni di iscritti, con una base di pubblico che include principalmente bambini tra i 2 e i 6 anni. Il suo talento principale? Fare unboxing, ovvero aprire scatole/pacchi sui social e mostrarne il contenuto, che in questo caso sono soprattutto giocattoli. Quindi, se i bambini della Generazione Alpha (nati dal 2012) ne Le parole dei figli non parlano di unboxing, sappiate comunque che è uno dei contenuti più seguiti su YouTube, il social più utilizzato da questa fascia di età. Per esempio, il video intitolato «Huge Eggs Surprise Toys Challenge with Inflatable Water Slide», ossia «Sfida delle enormi uova sorpresa con scivolo gonfiabile», dove Ryan cerca e apre uova sorpresa contenenti macchinine e pupazzetti di Paw Patrol, ha superato i 2 miliardi di visualizzazioni. È quindi importante essere consapevoli che, sotto forma di video divertenti e animati, i più piccoli sono spesso immersi in pubblicità subliminali. Una spinta al consumismo all’ennesima potenza! Ma sui social anche un semplice video unboxing di un nuovo gadget può diventare virale, influenzando in modo significativo le abitudini di acquisto, soprattutto tra i Gen Z. Per questo, ne Le parole dei figli, vorrei proporre uno scambio: molti genitori non sanno cos’è l’unboxing, ma ora hanno l’opportunità di comprenderlo meglio. Allo stesso tempo, molti giovani non sono consapevoli di cosa ci sia dietro agli ordini online che vedono scartare o scartano loro stessi davanti a una telecamera.

Gli acquisti su piattaforme come Amazon, Temu e Shein non vanno demonizzati, ma è importante che i nostri figli sappiano cosa comportano: quali dati vengono raccolti quando fanno un ordine su Amazon, a chi vanno i soldi quando acquistano su Temu e quali rischi corrono sulla qualità dei prodotti, e lo stesso vale per Shein. Insomma: noi comprendiamo cos’è l’unboxing e, con questa consapevolezza, possiamo condividere con i nostri figli riflessioni su cosa si nasconda dietro i siti da cui spesso acquistano. È un argomento di cui ci occupiamo spesso con la squadra di colleghi che lavorano con me al «Corriere della Sera» per la rubrica Dataroom. Il principale sito di e-commerce al mondo, Amazon, arriva a ottenere due tipi di informazioni sul nostro conto: 1) le informazioni certe come nome, età, indirizzi di casa e lavoro, numeri di cellulare, la nostra posizione geolocalizzata, e informazioni su amici e parenti (è sufficiente quella volta che abbiamo fatto recapitare loro un regalo perché i server della società conservino i loro riferimenti, anche se non sono mai stati clienti); 2) le informazioni presunte, che ottiene elaborando i dati anche con l’impiego dell’intelligenza artificiale per sapere interessi, passioni e stili di vita. Questi dati vengono poi usati per proporre prodotti mirati e condizionare per l’ennesima volta gli acquisti. Temu, i cui prodotti compaiono in continuazione nello scrollo su TikTok, è famoso per vendere a prezzi stracciati un po’ di tutto. Dietro ci sono fornitori per lo più cinesi, i maggiori azionisti sono cinesi ma i guadagni finiscono alle Isole Vergini Britanniche e il gruppo ha la sua casa madre a Cayman in una palazzina a due piani circondata da palme, a pochi metri dalla spettacolare spiaggia di Seven Mile Beach, dove è domiciliato anche TikTok. Guarda caso!

Oggi Temu è sotto indagine Ue per presunta violazione delle norme a tutela dei consumatori, tra cui la possibile vendita di prodotti non conformi agli standard europei, e le caratteristiche del servizio, che potrebbero creare dipendenza. Shein è invece una delle piattaforme (sempre cinesi) predilette dai Gen Z per la fast fashion che sta per «moda rapida e a basso costo». Le inchieste giornalistiche condotte mostrano come dietro a una t-shirt a pochi franchi ci possano essere lavoratori schiavi e tessuti tossici.