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La russa ribelle, la sorella, l’uomo
Melania Mazzucco
Nel luglio del 1924, un uomo magro, occhialuto, dai capelli ricci, si presenta alla clinica Bastianelli di Roma, struttura del Policlinico per la cura dei malati non gravi. Cerca una donna russa, Tatiana Schucht. Gli hanno detto che è ricoverata lì. I dottori non intendono immischiarsi negli affari della straniera. Che comunque è stata dimessa, e ora si trova ai bagni di mare. In Toscana o a Pescara. Non sanno dirgli di più. Qualcuno la informa. L’uomo è deputato al Parlamento, e suo cognato. Si chiama Antonio Gramsci.
Tatiana non gradisce l’intrusione. Non si mette in contatto con lui che, dopo l’estate, su richiesta della moglie Giulia, riprende le ricerche. Anzi, lei si sottrae. Non sappiamo perché. È una biologa, crede nella scienza. Ma è possibile che presagisca l’enormità della sciagura che si abbatterà su di lei se incontrerà quell’uomo. E così resta invisibile – riservata e misteriosa.
Trentasei anni, Tatiana – ma per tutti Tania – è a Roma da quindici. E, da nove, completamente sola, lontana dalla sua impegnata, e impegnativa, famiglia. È nata a Samara, nel Medio Volga, dove il padre, Apollon Aleksandrovič, populista, era stato confinato dallo zar. Ha tre sorelle: Nadine, Anna ed Eugenia. Tania ha lasciato la Russia nel 1893, ad appena sei anni. Gli Schucht, colti e benestanti, sono stati esuli volontari in Svizzera (a Ginevra sono nati Giulia e Viktor) e poi in Francia, ma alla fine del 1908 sono approdati in Italia. Le ragazze hanno studiato a Roma: arte all’Accademia, Genia; scienze e medicina all’università, Tania; musica e violino al Conservatorio, Giulia. Se ne sono andati nel 1915, durante la Prima guerra mondiale. Tania è rimasta – per completare gli studi e trovarsi un buon lavoro. Ma anche perché è sempre stata una «ribelle», e in condizioni di rivolta. È sfuggita al controllo della famiglia, e Roma è la sua casa.
I contatti sono saltuari. Loro sanno che percepisce uno stipendio modesto, vive a pigione alimentandosi di latte e minestre di cereali e patate (ma non che alloggia presso un socialrivoluzionario russo), e temono sia diventata antibolscevica. Lei sa che nel 1922, in un sanatorio alle porte di Mosca, le sorelle Genia e Giulia hanno conosciuto il comunista sardo, col quale nel 1923 Giulia si è unita e l’ha resa zia di Delio, ma nel frattempo Antonio si è trasferito a Vienna e non poteva rientrare in Italia, perché nel mirino dei fascisti. Tuttavia cerca di aiutarli in ogni modo ed è leale alla famiglia, e all’origine. Quando lo Stato italiano riconosce la Repubblica dei Soviet, i russi all’estero devono scegliere: andare all’ambasciata, e registrarsi, come cittadini dell’Unione sovietica. Oppure no. E diventare apolidi. Tatiana si registra.
Alla fine la tenacia di Gramsci vince. Scopre che lei insegna al Croydon, un istituto privato di via Savoia, e poi anche l’indirizzo. Abitano ad appena duecento metri l’uno dall’altra. La incontra un pomeriggio di fine gennaio. Restano insieme dalle quattro a mezzanotte. «Abbiamo parlato di tante cose, di politica, della sua vita qui a Roma, delle sue possibilità di lavoro», scrive Antonio a Giulia. «Già siamo diventati molto amici. Mi ha promesso di raccontarmi tutte le sue peripezie».
Nel novembre 1926 Gramsci viene arrestato: Tania è l’unica degli Schucht (dopo un breve passaggio in Italia, Giulia è tornata in Russia) a potersi prendere cura di lui. In quanto cognata, ha il diritto di scrivergli (la prima lettera al confino, a Ustica, le altre nelle carceri). Gli scriverà più di seicento fra lettere e cartoline, per otto anni, con una dedizione assoluta e gratuita. Per amicizia, e un affetto puro e disinteressato. Diventa la sostituta di Giulia (le somiglia tremendamente), la buona sorella di entrambi e poi la loro messaggera – per lunghi periodi non riescono o non possono scriversi (per ragioni personali, ma anche politiche: le lettere sono sottoposte alla censura fascista in Italia e comunista a Mosca, e lui è sospettato di filotrotzkismo, accusa gravissima da quando Trotzskij è il nemico principale di Stalin e dei comunisti mondiali). Ma, dalla fine del 1928, Tania diventa anche il tramite fra il Partito Comunista e Gramsci che, in dissenso con la linea politica, non si considera più membro del partito: Togliatti, segretario generale del Partito, le mette alle costole Piero Sraffa, affinché le dia, più o meno esplicitamente, istruzioni e direttive. Lei accetta con apparente docilità l’uno e l’altro ruolo. Ma talvolta disobbedisce, e fa di testa sua. […continua]