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Quiet quitting

/ 31/03/2025
Simona Ravizza

«Con il quiet quitting non stai abbandonando il tuo lavoro, ma stai abbandonando l’idea di andare oltre. Il lavoro non è la tua vita. Il tuo valore non è definito dalla tua produttività». A portare ne Le parole dei figli il termine quiet quitting, un modo di dire in inglese che sta per «fare lavorativamente il minimo indispensabile», è un video di 17 secondi, pubblicato su TikTok dall’ingegnere newyorkese 24enne Zaid Khan e diventato virale nel luglio 2022. Per noi boomer però, e chi segue questa rubrica ormai lo sa, è importante capire soprattutto quel che sta dietro alle Parole dei figli. Su TikTok ci sono video divertenti a proposito del «POV: stai facendo quiet quitting» (l’acronimo, l’abbiamo capito, sta per Point of View, ovvero «Punto di Vista»). Il capo dice: «Stamattina sei arrivata puntuale in ufficio alle 9, ultimamente stai sempre uscendo in orario alle 6, poi stai consegnando sempre i progetti in tempo, che cosa c’è che non va? Prima attaccavi alle 6 del mattino a lavorare e uscivi alle 9 di sera, consegnavi i progetti sempre in anticipo e ti prendevi responsabilità senza che io te lo dovessi dire». Risposta della lavoratrice Gen Z: «Sto facendo quiet quitting: ho iniziato a lavorare con il Covid circa 80 ore a settimana, poi sono andata in burnout come del resto la metà della mia generazione, e quindi non mi licenzio, ma ho deciso di fare il minimo indispensabile. Entra un progetto importantissimo? Facciamola semplice: riceverò più soldi? E, per caso, questa cosa potrebbe intaccare il mio work life balance (l’equilibrio tra vita e lavoro, ndr)? No! Ecco, dunque non lo faccio. Sono le 6, devo uscire!». Insomma: gli straordinari è meglio evitarli, così come qualsiasi impegno extra al di fuori delle mansioni contrattuali.

Dal mio punto di vista, però, non è corretto liquidare la cosa al motto: «La Generazione Z privilegia il tempo personale rispetto al lavoro straordinario non retribuito». È una lettura che considero superficiale. L’interesse per questo modo di dire va ben oltre. Perché quello che rivendica la Gen Z è, a mio avviso, molto più profondo. A distanza di quasi tre anni e una miriade di video social dopo, possiamo affermare che è rivoluzionario il concetto che il quiet quitting porta con sé, quel Work is not your life. È ormai un mantra di vita della Gen Z. È il bisogno di ricollocare la professione in una delle caselle della vita, magari anche importante, ma non la più importante. Il lavoro non può mandare in macerie la qualità di vita, la salute mentale, la famiglia, le relazioni con gli amici. Quando io lavoro troppo – e purtroppo succede spesso – la mia 16enne Clotilde mi prende in giro dicendomi che sono hobbylos, ossia che ho perso l’abitudine di coltivare hobby o passioni personali. Il modello imperante dei nostri tempi è stato il lavoratore workaholic con la professione al centro della propria vita. In contrasto, la Gen Z valorizza il tempo libero, l’amicizia e il benessere personale, riconoscendoli come parte essenziale di un equilibrio tra vita e lavoro. Ora io sono convinta che vadano indagate le conseguenze che questo modo di pensare potrebbe avere nella vita quotidiana dei nostri figli quando saranno adulti. Il nuovo modo di affrontare il lavoro degli Gen Z dove li porterà? Se saranno davvero in grado di giocarsi un miglior equilibrio tra vita professionale e privata, è verosimile pensare anche a un futuro, per esempio, in cui la suddivisione delle incombenze figli-casa sarà più equilibrata? Più parità, meno sfruttamento e vite più bilanciate?

Spoiler: dell’argomento ci occuperemo nel prossimo Caffè dei genitori, dove abbiamo invitato Virginia Stagni, classe 1993, laurea in Bocconi e master in Media & Communications alla London School of Economics, la più giovane manager in oltre 130 anni di storia del «Financial Times» con un ruolo centrale rivolto a fare leggere il quotidiano economico inglese ai giovani e oggi la più giovane dirigente d’Italia come chief marketing officer di The Adecco Group, l’agenzia di lavoro con sede in Svizzera e attiva in oltre 60 Paesi che fornisce lavoratori temporanei alle aziende, le aiuta a trovare candidati per posizioni a tempo indeterminato, offre corsi di aggiornamento e riqualificazione professionale e supporta le aziende nella gestione delle risorse umane. A presto!