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L’orecchio-citofono

/ 24/03/2025
Oliver Scharpf

Un pomeriggio di marzo, dopo la pioggia e l’avanzare a grandi falcate tra traffico e folla con squarci insperati di azzurro e luce tiepolesca a illuminare i cumulonembi, imbocco via Serbelloni. Via Serbelloni, traversa di Corso Venezia che potrebbe far ritornare in mente la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di fantozziana memoria, è dedicata in realtà a un condottiero. Gabrio Serbelloni (1508-1580), nato e morto a Milano, partecipa all’assedio di Perpignano, alla battaglia di Lepanto, alla conquista di Tunisi. Fuggito da teatro con un’attrice, scoprendo, per strada, di notte, molti anni fa, la scultura di un orecchio gigante per citofono al dieci di Via Serbelloni, rimasi di sasso. Incastonato in una cornice di granito di Montorfano, biancastro con punteggiatura nera stile gelato alla stracciatella, eccolo sempre lì a stupire i passanti senza fretta né volto specchiato nel natel, l’orecchio-citofono in bronzo patinato di verderame.

Opera del 1926 di Aldo Andreani (1887-1971), architetto-scultore autore anche di tutto questo eclettico palazzo conosciuto come Casa Sola-Busca o Ca’ de l’Oregia, a lungo è stata attribuita erroneamente al più noto scultore Adolfo Wildt. A trarre in inganno anche un critico scafato come Gillo Dorfles che attribuiva l’orecchio a Wildt sulle pagine del «Corriere della Sera» del ventidue gennaio 1993, di certo è l’orecchio di Wildt in marmo, esposto nel 1919 alla Galleria Pesaro qui a Milano e un po’ simile a questo. Inoltre, la presenza di due sculture di Wildt nelle vicinanze potrebbe aver completato l’opera di confusione. Eppure, già smentito allora dalla figlia di Andreani sempre sulle stesse pagine di giornale, la conferma che chiude la querelle attributiva arriva nel 2015. Grazie al professor Roberto Dulio, co-autore di una monografia su questo anomalo architetto mantovano misconosciuto caduto nell’oblìo per decenni, riuscendo a fotografare – incuneando l’obiettivo non so come, sul retro – la firma incisa sul bronzo.

La verità, toccando ora con indice e medio la superficie bronzea della linea scultorea dell’antelice che seguo sempre con le dita percorrendola piano, è che si tratti di un omaggio a Wildt visto che Andreani era suo allievo all’Accademia di Brera. Il mistero rimane se funzioni sul serio come citofono. Alcuni sostengono sia il primo citofono di Milano: attraverso un condotto uditivo si comunica con il portiere. Altre fonti riportano sia in disuso, altre ancora sia solo simbolico e nessuno, attraverso l’Orecchio del portiere (1926), così s’intitola questa straordinaria e giocosa opera fuori scala dove sono scolpite pure delle ciocche di capelli, ha mai detto niente a nessuno. Il portiere non c’è, indago invano dicendo qualcosa all’orecchio naturalistico di Andreani. Si racconta anche che se si sussurra un desiderio dentro il padiglione auricolare di questo protocitofono, si avveri.

Una signora con paltò ciclamino e labrador cioccolato di nome Olly mi dice: «Si possono anche sussurrare paure, confessioni, segreti». Di colpo mi viene in mente il finale di In the Mood for Love (2000) con il tipo che bisbiglia nell’orifizio di un tempio in rovina. Arretro un po’, senza farmi investire, per perlustrare con gli occhi il bugnato rustico al pianterreno; sopra si catturano sporgenze insensate ma per me significative. Mentre a un certo punto l’edificio di sette piani rientra dal suo involucro irregolare come se fosse un palazzo preesistente intonacato di rosa o tutto il resto una nuova rovina: Andreani precursore assoluto del postmodernismo. L’apice però è all’angolo, dove si capisce che il palazzo ha pianta a falena e le sporgenze di roccia chiara frantumata, richiamano il non-finito michelangiolesco. Nel mio sguardo, la roccia sbozzata, si accorda ora al cumulonembo in lontananza. Nonostante non venga citato in Ascolto il tuo cuore, città (1944) di Savinio, ormai il mio angelo custode a spasso con me, impossibile sia sfuggito al suo occhio instancabile in giro per Milano. Perciò credo che questa stramberia architettonica, come un’assonanza segreta o corrispondenza perfetta sottaciuta, sia nascosta proprio nel titolo stesso. Di sicuro ascolta il cuore della città dove proprio qui dietro l’angolo, c’è il capolavoro occulto di Andreani che vi racconterò, se Dio vuole, nella prossima puntata.