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La rivincita di carta e penna durerà?

/ 10/03/2025
Ovidio Biffi

Al convegno Leggere il presente per scrivere il futuro, promosso lo scorso autunno dalla Fondazione Luigi Einaudi, la ministra dell’istruzione svedese Lotta Edholm, illustrando il nuovo modello di apprendimento adottato per contrastare il calo di rendimento degli studenti, ha confermato che la Svezia ha deciso di rimuovere i tablet dalle scuole dell’infanzia e di reintrodurre libri stampati e quaderni. «Tecnologia e digitale di sicuro offrono nuove opportunità ma non bisogna abusarne», ha sostenuto Edholm, aggiungendo che «in Svezia i sussidi digitali sono stati spesso usati in modo acritico e indiscriminato, ora però si riscontra un impatto negativo sull’apprendimento». Insomma, un ritorno clamoroso a carta e penna. Clamoroso perché, anche se la notizia non ha avuto particolare risonanza, proprio la Svezia per prima aveva adottato diversi anni fa l’uso di dispositivi digitali nelle scuole, a partire dalla prima infanzia. Il dietrofront è stato deciso perché gli esperti svedesi a suo tempo avevano trascurato di studiare e di tener conto di potenziali aspetti negativi della digitalizzazione. A sostegno del passo indietro del Governo si era schierato l’estate scorsa anche il Karolinska Institutet, università medica svedese nella città di Solna, con una presa di posizione accompagnata anche da un perentorio invito: «È ormai scientificamente provato che gli strumenti digitali compromettono, piuttosto che migliorare, l’apprendimento degli studenti. Di conseguenza crediamo che l’attenzione dovrebbe tornare sull’acquisire conoscenze attraverso libri di testo stampati e competenze degli insegnanti, piuttosto che apprendere elementi ed abilità principalmente da fonti digitali liberamente disponibili». Il passaggio dallo scetticismo all’allarme si spiega con i risultati emersi da un importante studio, il Pirls (Progress in readings literacy study), un programma di ricerca che, pur non avendo ancora l’importanza del Pisa, è specializzato nel misurare le competenze raggiunte nella lettura dagli studenti delle prime classi. Inevitabile che giungesse ad analizzare anche l’uso e le influenze delle moderne tecnologie che i vari Paesi occidentali hanno promosso dall’inizio del nuovo millennio, appurando che le capacità di lettura degli studenti svedesi in soli quattro anni sono diminuite di 11 punti. Il problema legato all’uso acritico e indiscriminato della digitalizzazione nell’apprendimento è stato subito recepito nei Paesi scandinavi ed è ora sotto osservazione anche in Belgio, Francia e Olanda. Mentre da noi?

Come si sa la macchina degli enti governativi elvetici è lenta nel reagire e a questa regola dovrà sottostare anche la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione, responsabile del monitoraggio di quanto avviene in Svizzera nel mondo dell’educazione. La decisione svedese di ritornare a carta e penna con un ridimensionamento di pc e tablet è praticamente passata inosservata. Tra le poche eccezioni spicca un’intervista della «SonntagsZeitung» al neuropsicologo Lutz Jäncke che – alle prime avvisaglie di un possibile dietrofront scandinavo – a una precisa domanda su cosa sia meglio fare (scrivere a mano o digitare su uno schermo) aveva risposto: «Il problema principale dei tablet in classe è che i bambini si distraggono. I bambini sono inclini ad abbandonarsi alle distrazioni della vita per via del modo in cui si sviluppa il loro cervello. Non bisogna demonizzare tutta la digitalizzazione, ma io sono un grande sostenitore della scrittura a mano (…). I libri invece sono un buon allenamento per migliorare la lettura e la scrittura. Quando si leggono i libri, ci si deve concentrare su un testo più lungo. Questo allena il cervello a memorizzare i collegamenti e a ricordare le regole grammaticali e ortografiche. Bisogna anche memorizzare diverse frasi in successione per capire il significato di una storia. E questo è completamente diverso rispetto alla lettura di un post». Un giudizio che contrasta, o perlomeno mette in discussione una norma pubblicata su un documento EDUCA del 2021 riguardante la digitalizzazione nell’educazione: «Anche un lieve miglioramento del rendimento scolastico, ottenuto con l’impiego di risorse digitali, fa prevedere una crescita del reddito medio sull’arco della vita, che supera nettamente la spesa iniziale per l’acquisto e la manutenzione degli strumenti digitali». Chiudiamo con un «no comment».