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Assolutamente esageratamente snob

/ 03/03/2025
Giulio Mozzi

Suona il telefono. Rispondo.
«Buongiorno, signor Mozzi», dice una voce beneducata.
«Buongiorno», dico. «Con chi ho il piacere di parlare?».
«Non sarà un piacere», dice la voce beneducata.
«Questo lo vedremo», dico. «Ma comunque: con chi ho il non-piacere di parlare?».
«Sono Osvaldo Rotundo», dice Osvaldo Rotundo, «e devo farle una domanda».
«Deve», dico.
«Devo», dice Osvaldo Rotundo.
«Dunque non me la farà perché ne ha voglia, questa domanda, o perché può esserle utile», dico. «Me la farà perché deve».
«A volte un uomo ha dei doveri», dice Osvaldo Rotundo.
«E una donna?», dico.
«Anche loro», dice Osvaldo Rotundo.
«E che tipi di doveri?», dico.
«Doveri morali», dice Osvaldo Rotundo.
«E dunque», dico, «che domanda ritiene di avere il dovere morale di farmi?».
«Lei, signor Mozzi, come editore», dice Osvaldo Rotundo, «è snob?».
«Sì», dico.
«Ma quanto snob?», dice Osvaldo Rotundo. «Un poco snob, abbastanza snob, molto snob, o esageratamente snob?».
«Sono esageratamente snob», dico.
«Quindi quelli come me lei li schifa», dice Osvaldo Rotundo.
«Ma non lo so», dico. «Lei come è?».
«Non sono snob», dice Osvaldo Rotundo.
«Questo va benissimo», dico. «Gli snob sono insopportabili».
«Lei è insopportabile?», dice Osvaldo Rotundo.
«Secondo lei?», dico. «Mi dica: le sembro un poco insopportabile, abbastanza insopportabile, molto insopportabile, o esageratamente insopportabile?».
«Lei mi sembra abbastanza insopportabile», dice Osvaldo Rotundo.
«Sicuro di non sottovalutarmi?», dico.
«Ecco… Forse lei è molto insopportabile», dice Osvaldo Rotundo.
«E dunque», dico, «per quale ragione lei sta sopportando questa telefonata con una persona molto insopportabile?».
«Per interesse», dice Osvaldo Rotundo.
«Cioè?», dico.
«Ho scritto un romanzo», dice Osvaldo Rotundo.
«E vuole pubblicarlo?», dico.
«Voglio pubblicarlo con lei», dice Osvaldo Rotundo, «con la sua casa editrice».
«Mi dica per quali ragioni vuole pubblicarlo proprio con la mia casa editrice», dico.
«Non lo ha voluto nessun altro», dice Osvaldo Rotundo.
«Quindi io sarei l’ultima spiaggia», dico.
«Sì», dice Osvaldo Rotundo.
«Se le avessero risposto positivamente», dico, «editori come A, B, C—».
«Col fischio che avrei telefonato a lei», dice Osvaldo Rotundo.
«Bene», dico. «La reciproca stima è un buon fondamento per l’avvio di una relazione positivamente orientata al successo».
«Ma che scemenze dice?», dice Osvaldo Rotundo.
«Niente», dico, «avevo qui sottomano un manuale di motivazione, self-help e ginnastica posturale».
«E la dieta?», dice Osvaldo Rotundo.
«Nel secondo volume», dico.
«E allora, signor Mozzi», dice Osvaldo Rotundo, «il mio romanzo?».
«Me lo mandi e le farò sapere», dico.
«Guardi che è un romanzo per niente snob», dice Osvaldo Rotundo.
«Me lo riassuma», dico.
«È la storia di un pescatore che se ne sta sulla riva del mare», dice Osvaldo Rotundo, «e all’improvviso arriva lì un giovanotto che ha fame e sete, e il pescatore gli dà da mangiare e da bere, poi il giovanotto se ne va e più tardi passano di lì i carabinieri a cavallo e chiedono al pescatore se hanno visto un giovanotto così e così, e fanno una descrizione che corrisponde proprio al giovanotto che aveva fame e sete, e il pescatore dice no, qui non si è visto nessuno, e i carabinieri a cavallo lo salutano e gli dicono faccia attenzione, che è un criminale pericoloso».
«Mmm», dico.
«Non le piace?», dice Osvaldo Rotundo.
«Mi ricorda una canzone di De André», dico.
«De André chi?», dice Osvaldo Rotundo.
«Fabrizio De André, il cantautore», dico.
«Mai sentito», dice Osvaldo Rotundo.
«All’ombra dell’ultimo sole», canto, «s’era assopito un pescatore, e aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso».
«Mai sentita, proprio», dice Osvaldo Rotundo.
«Mi pare strano», dico. «È una delle canzoni più famose di sempre. L’hanno cantata anche all’ultimo Sanremo».
«Sanremo?», dice Osvaldo Rotundo.
«Sanremo», dico. «L’ultimo Festival di Sanremo. Nella serata dei duetti».
«È un festival letterario?», dice Osvaldo Rotundo. «Tipo Premio Strega?».
«Lei non ha mai sentito nominare il Festival di Sanremo?», dico.
«No», dice Osvaldo Rotundo. «Che cos’è?».
«Voglio assolutamente pubblicare il suo romanzo», dico.
«Ma perché?», dice Osvaldo Rotundo. «Non l’ha neanche letto».
«Sarà il romanzo più snob del secolo», dico. «Me lo sento».