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Dove e perché mancano lavoratori qualificati
Angelo Rossi
Seguo l’evoluzione del mercato del lavoro da più di cinquant’anni. In questo periodo molte cose sono cambiate. Con i provvedimenti di freno della congiuntura del 1964 è cambiato l’orientamento delle nostre autorità nei confronti dell’immigrazione di manodopera. Una posizione abbastanza liberale è stata sostituita, almeno fino alla fine del secolo scorso, da un controllo rigido orientato verso la limitazione della popolazione straniera nel nostro Paese. All’inizio degli anni Settanta è scomparso lo statuto dello stagionale. Con la forte recessione del 1975 è apparsa la disoccupazione, un fenomeno che non si riscontrava più, da noi, da almeno 30 anni. Con gli anni Ottanta dello scorso secolo, tuttavia, la richiesta di lavoratori ha ricominciato a crescere e con questa tendenza si è fatta più intensa la caccia alle ultime riserve di mano d’opera indigena. Così il tasso di attività femminile, vale a dire la quota della popolazione attiva femminile che lavora, è andato di anno in anno aumentando. Parallelamente si è sviluppata anche la quota dei lavoratori a tempo parziale. Nel 2001 è stata introdotta la libera circolazione della manodopera e da allora non cessano di crescere, nell’economia, l’offerta di posti di lavoro e, nell’opinione pubblica, l’opposizione a questa riforma.
Queste sono le trasformazioni del mercato del lavoro che, in misura maggiore o minore, si sono manifestate in tutta la Svizzera. Sarebbe comunque un errore pensare che l’evoluzione di questo mercato, essenziale per l’economia, sia stata dappertutto uguale. Soprattutto a partire dal 2001 si è infatti notato che la struttura dell’occupazione nei Cantoni di frontiera è evoluta in modo diverso da quella degli altri Cantoni. Per illustrare questa diversità possiamo comparare l’evoluzione del mercato del lavoro del Ticino, Cantone di frontiera, con quella del mercato del lavoro nazionale. Nel periodo 2001-2022 l’effettivo dei posti di lavoro è aumentato in Svizzera e in Ticino più o meno nella stessa misura: rispettivamente 41,1% e 43%. Per assicurare questa eccezionale crescita dell’occupazione si è fatto ricorso, in Ticino come nel resto del Paese, sia alla manodopera indigena che a quella estera. Ma in misura diversa. Così, a livello nazionale, il 51,2% dei nuovi posti di lavoro – più della metà – sono stati occupati da persone di nazionalità svizzera. In Ticino invece la quota indigena nell’aumento dei posti di lavoro è stata del 24,7%. Differenze tra il nostro Cantone e la media nazionale si manifestano anche nei riguardi delle quote dei lavoratori stranieri residenti e dei frontalieri nella crescita dell’occupazione. A livello nazionale, la quota più importante è quella dei lavoratori stranieri residenti che hanno assicurato il 35,6% dell’aumento dell’occupazione nel periodo esaminato. In Ticino, invece, la quota più importante è quella dei frontalieri. Se la mia calcolatrice non si sbaglia, i frontalieri rappresentano infatti il 61,5% dell’aumento nell’effettivo delle persone occupate.
Si tratta di differenze nell’evoluzione dell’occupazione per origine dei lavoratori che dovrebbero essere sempre tenute presenti quando si esamina la situazione prevalente sul mercato del lavoro. Quest’osservazione vale in modo particolare per le difficoltà che si incontrano nel reclutamento di manodopera supplementare. Sappiamo che, dopo il periodo del Covid, la domanda di posti di lavoro da parte della manodopera poco qualificata è aumentata, mentre invece resta carente quella da parte di lavoratori qualificati. Che la situazione sul mercato del lavoro (svizzero e di altre Nazioni) evolva in questo modo lo dobbiamo a trasformazioni fondamentali avvenute in questi ultimi due decenni. Sia il progresso tecnologico che la trasformazione dei processi produttivi indotta dai nuovi obiettivi della politica di protezione dell’ambiente e di lotta contro il cambio climatico, passando dalla digitalizzazione delle attività di produzione, dell’amministrazione e dei trasporti, hanno fatto crescere l’offerta di posti qualificati da parte dei datori di lavoro. Intanto l’invecchiamento della popolazione ha influito negativamente sull’evoluzione degli effettivi disponibili di manodopera qualificata. Oggi quindi i datori di lavoro di tutto il Paese sostengono di incontrare grandi difficoltà a reclutare manodopera qualificata. Queste difficoltà sono tuttavia minori nei Cantoni che, come il Ticino, possono far capo ai frontalieri.