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Flow
Simona Ravizza
«Se ti comporti così non mi fai entrare in flow!». Se un adolescente arrabbiato non si è mai rivolto a noi genitori con queste parole, dobbiamo sapere che prima o poi potrebbe farlo.
Flow, che tradotto letteralmente dall’inglese vuol dire flusso, è uno stato mentale in cui ci sentiamo totalmente coinvolti in quello che stiamo facendo e non ci rendiamo conto del tempo che passa. Ne Le parole dei figli solitamente è abbinato al momento di studio ideale in cui uno riesce a essere immerso nei libri o negli esercizi, concentrato e assorto in quello che fa. Tanto da non accorgersi di altro!
È (ovviamente) una situazione che capita di rado. Di solito prevale TiKTok! Più frequente – come ben racconta Matteo Salvo in Studiare è un gioco da ragazzi (ed. Gribaudo) da cui ne Il caffè dei genitori di novembre abbiamo cercato di carpire i segreti per aiutare i nostri figli a fare al meglio i compiti – è l’immagine dello stato di flow di un bambino che gioca a un videogioco. Salvo descrive gli elementi che determinano questo stato mentale: 1) la durata della situazione; 2) l’interesse; 3) (il fatto di) sentirsi parte importante; 4) (il fatto di) dover esprimere il meglio di sé, il senso di sfida; 5) un obiettivo chiaro e preciso.
Non è da confondere con il chill, dall’inglese to chill, ossia rilassarsi: è una Parola dei figli di cui ci siamo già occupati e che è un sinonimo di «scialla», un invito a prendere le cose con calma, niente stress. Essere in chill vuol dire essere tranquilli. Il concetto di flow invece è coniato dallo psicologo ungherese (naturalizzato statunitense) Mihaly Csikszentmihalyi che negli anni Novanta ci scrive un libro-bestseller.
La lettura dei suoi studi per capire al meglio il significato del termine ci porta a scoprire che durante il flusso le persone in genere sperimentano un profondo godimento, creatività e un coinvolgimento totale con la vita che si può chiamare felicità.
Come spiega Csikszentmihalyi, il flusso è «uno stato in cui le persone sono così coinvolte in un’attività che nient’altro sembra avere importanza; l’esperienza è così piacevole che le persone continueranno a farla anche a caro prezzo, per il solo gusto di farla». Ebbene – attenzione genitori – per lo psicologo ungherese il modo in cui noi interagiamo con i nostri bambini avrà un effetto duraturo sulla loro capacità in futuro di entrare in flow. In pratica: noi mamme e papà abbiamo un ruolo fondamentale nell’allenarli a godersi la vita. Ecco l’ennesima responsabilità! Ce la giochiamo su cinque fronti: 1) la chiarezza che vuol dire che gli adolescenti devono sapere cosa ci aspettiamo da loro; 2) la sensazione dei bambini che devono percepirci interessati a ciò che stanno facendo nel presente, ai loro sentimenti ed esperienze concrete, piuttosto che preoccupati del fatto che entreranno in una buona università o otterranno un lavoro ben pagato; 3) la scelta, ossia i bambini sono consapevoli di avere una varietà di possibilità tra cui scegliere, inclusa quella di infrangere le regole dei genitori, purché siano preparati ad affrontare le conseguenze; 4) la fiducia, che consente ai bambini di sentirsi abbastanza a loro agio da mettere da parte lo scudo delle loro difese e di impegnarsi spontaneamente in qualsiasi cosa interessi; 5) la sfida, ovvero la dedizione dei genitori a fornire ai propri figli opportunità di azioni sempre più complesse.
In sintesi: i bambini che crescono in situazioni familiari che facilitano la chiarezza degli obiettivi, il feedback, la sensazione di controllo, la concentrazione sul compito da svolgere, la motivazione intrinseca e la sfida avranno generalmente una migliore possibilità di ordinare le loro vite in modo da rendere possibile il flusso.
La speranza è che i ragazzi della Generazione Z non leggano Mihaly Csikszentmihalyi in modo che non ci possano attribuire tra le varie colpe che già ci vengono rinfacciate anche quella di non farli entrare in flow! Piuttosto adesso che abbiamo compreso che cos’è, proviamo a entrarci insieme ai nostri figli. Per avvicinarci, magari, alla felicità. Non sarebbe bello?
Così una Parola dei figli può diventare un ponte tra generazioni invece che essere usata per fare del boomer-stumping, ossia per «mettere in imbarazzo il boomer».