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Possibilità imprevedibili della vita
Lina Bertola
«Ma non è possibile! Non ci posso credere!». Chissà quante volte sarà capitato anche a voi di sentire il vostro interlocutore reagire così quando gli raccontate un episodio significativo del tutto inatteso: un incontro, una chiamata, un messaggio. Quando veniamo a conoscenza di eventi ritenuti altamente improbabili, capita spesso di esclamare, sorpresi e increduli, «ma non è possibile!».
A me pare degno di attenzione il linguaggio che ci accompagna in simili esperienze; mi sembra interessante riflettere sul fatto che il significato di imprevedibile (strano inatteso e sorprendente) venga identificato con quello di impossibile. In una vera e propria confusione semantica, ciò che non è prevedibile, ciò che appare sorprendentemente imprevedibile, viene definito tout court impossibile.
«Non ci posso credere!». Anche questa esclamazione è molto interessante. Credere è una forma potente di conoscenza che si fonda sul riconoscimento di una realtà come vera, o quantomeno possibile. Credo, purché ciò che credo sia perlomeno possibile.
Come più volte mi è capitato di ricordare, le parole non sono mai neutre. Si vede bene, anche in questi esempi, come siano proprio le parole a disegnare il panorama e le atmosfere dentro cui viviamo. La parola possibile è di per sé una parola forte della vita che riconduce alle radici della nostra umanità e che proprio per questo non sembra per nulla incompatibile con ciò che si offre a noi in modo inatteso, imprevedibile, finanche altamente improbabile.
Riconoscere la presenza del possibile come condizione originaria del vivere, significa assumerne tutta la sconfinata potenza come condizione dell’esistenza. Significa rimanere sempre aperti all’altrove, all’inatteso e al non ancora visto; insomma, significa accogliere il valore di quell’inquietudine esistenziale che sempre ci abita, aperta ad ogni esperienza di trascendenza rispetto ciò che siamo e a ciò che conosciamo, qui ed ora. Di per sé l’idea di possibilità rimanda ad un orizzonte per sua natura sconfinato, ma questo non significa che tutto sia sempre possibile. Pensare l’esistenza del possibile come presenza intrinseca alla vita non solo è compatibile con l’idea di limite, che della vita è la radice etica, ma ne è anzi la sorgente più luminosa. Ce lo ricorda quel «nulla di troppo» scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, che ci indica la via, fin dalle origini della nostra civiltà.
E ancora oggi, nella conoscenza scientifica, sempre alla ricerca di nuovi possibili, il limite esprime un grande valore. Pensiamo alla bella lezione di Karl Popper: la condizione di ogni affermazione che voglia ritenersi scientifica è nel suo limite, ovvero nel fatto che vieti qualcosa, che non sia sempre possibile. L’affermazione «domani pioverà o non pioverà», ad esempio, non è scientifica proprio perché è sempre vera, non vieta nulla, non si espone al rischio di essere falsificata: tutto è possibile.
Il valore della possibilità come feconda radice dell’esistenza, come apertura ideale verso un altrove, è dunque intrecciato con il valore del limite che esprime la nostra umanità. Se dunque appare fondamentale riconoscere questa cornice etica, il problema nasce invece quando il valore esistenziale del possibile viene soffocato e tradito. Purtroppo è questo ciò che spesso accade oggi, come il nostro esempio credo abbia mostrato. Ridurre l’esperienza del possibile a ciò che in qualche modo è prevedibile significa ridurre e mortificare le potenzialità e le risorse creative e trasformative della vita.
La parola possibile, frettolosamente consegnata all’idea di prevedibile, o addirittura di ciò che è statisticamente probabile, perde il suo contenuto vitale perché soffoca il suo essere fondamento della creatività, della libertà, della spiritualità, e di tutto ciò che siamo o possiamo essere: impedisce di sentire la nostra umanità come progetto, come tensione ideale, come immaginazione.
L’esercizio della razionalità, della scienza predittiva e dell’approccio statistico alla realtà, costringono sempre più il nostro ragionare dentro le loro gabbie rendendo quasi impensabile l’esperienza feconda e vitale del possibile. Anche delle stupefacenti performance di ChatGPT è fondamento proprio la logica predittiva e il calcolo delle probabilità.
Così si rischia di perdere di vista un fatto cruciale, ben espresso da Edgar Morin, e cioè che l’imprevedibilità è intrinseca all’idea stessa di ciò che è possibile. Scrive il filosofo, citando Euripide, «gli dei ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie e all’inatteso un dio apre la strada».