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Informazioni
Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi scrivedo a: La stanza del dialogo, Azione, via Pretorio 11, 6900 Lugano oppure a info@azione.ch (oggetto "La stanza del dialogo")
Un patto di alleanza tra uomini e donne, da dove iniziare?
Silvia Vegetti Finzi
Cara Silvia,
sono nato in Italia nel 1938 e, come te, provo a fare un bilancio della mia vita (si riferisce a un’intervista apparsa su «Sette», il supplemento del «Corriere della Sera» del 27 dicembre scorso, ndr).
La mia famiglia proveniva, da parte di padre, da nobili napoletani decaduti mentre mia madre, donna di grande bellezza, proveniva da una famiglia di piccoli coltivatori diretti. Si viveva in un palazzo di famiglia diroccato, arredato di mobili fatiscenti ma ancora imponente e suggestivo.
Mio padre, che aveva trovato lavoro in Belgio, si era rifatto una famiglia e non mandava più soldi a casa. Ci aiutavano i parenti di campagna, contadini semplici e privi di cultura ma capaci di una grande solidarietà. Le vettovaglie che ci portavano regolarmente erano necessarie ma non sufficienti per tre figli sempre affamati e mia madre, per far quadrare i conti, aiutata dalla nonna, lavorava come governante nella casa di un «nuovo ricco». Madre e figlia erano talmente brave nel cucinare, cucire, mantenere buone relazioni di vicinato che non ci accorgevamo di vivere in miseria. Il primogenito, per studiare, era stato mandato in Seminario, mia sorella dalle suore mentre io, il minore, sono riuscito, dopo la guerra, a diplomarmi alle magistrali e poi, lavorando, a laurearmi in Lettere. Mia madre è morta poco dopo, ma per noi è stata una figura fondamentale che, ancora oggi, ci fa sentire figli.
Appena trasferito in Ticino, quando ero ancora piuttosto spaesato, ho conosciuto una giovane collega, timida e carina che è diventata la donna della mia vita. Mi ha dato due figli gemelli bravi e affettuosi e ora siamo nonni di quattro nipoti. Perché le scrivo? Non mi rivolgo solo a lei ma a tutte le lettrici per dire grazie alle donne, alle presenze femminili che con discrezione reggono il mondo. I legami d’amore, di attenzione e di cura sono tessuti dalle loro mani e sono le donne a garantirci fiducia e speranza nei giorni più bui. Grazie dell’ascolto. Con un abbraccio collettivo. / Andrea
Caro Andrea,
siamo all’inizio di un anno difficile, di fronte a un collasso del futuro e la sua lettera, quanto mai opportuna, rivela una capacità di gratitudine per l’altra metà del cielo che le fa onore. Siamo tutti nati da donna e, anche se non tutte le madri sono materne, dobbiamo ringraziare chi ci ha generati e cresciuti.
Proprio perché i rapporti che gli uomini intrattengono con le donne sono spesso ingiusti e violenti, abbiamo bisogno che i nostri partner imparino a dare parole alle loro inquiete relazioni, che riconoscano quanto sia necessaria la reciprocità dei desideri. Spesso sono analfabeti emotivi e, quando le pulsioni rimangono impensate, tendono a trasformarsi in azioni sbagliate.
La confusione maschile, tra amore e possesso, tra amore e potere, sta alla base di molti, troppi femminicidi, come pure di nascosti lividi dell’anima. Urge un patto di alleanza e credo che il percorso debba iniziare, non in astratto ma, come fa lei, da una ricognizione della propria storia.
Chiudo con una bella ballata di Edoardo Sanguineti:
Ballata delle donne
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
Pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.